venerdì 19 settembre 2008

Rivolta a Castevolturno

Proteste dopo l'uccisione di sei extracomunitari: sparati 130 proiettili
Castelvolturno, rivolta degli immigrati dopo la strage di camorra
Vetrine rotte e auto in mezzo alla strada: «Non siamo trafficanti di droga, questo è razzismo»
Il luogo della strage (Epa)CASTELVOLTURNO (Caserta) - Circa 130 proiettili esplosi da sei-sette sicari, a bordo di almeno un'auto e una moto. È questo lo scenario che gli investigatori hanno finora ricostruito dell'agguato in cui sono stati uccisi giovedì sera sei immigrati africani a Castelvolturno. Un volume di fuoco impressionante (a sparare sono stati un kalashnikov, una pistola calibro 9x21 e una 9x19), simile a quello impiegato nell'agguato di Baia Verde, sempre a Castelvolturno, vittima il gestore di una sala giochi, Antonio Celiento: in questo caso una sessantina i colpi esplosi. La quantità di proiettili usata in entrambi gli agguati è uno dei diversi elementi che fanno pensare a un solo gruppo di fuoco in azione: per averne la certezza occorrerà però attendere la perizia balistica. Gli inquirenti ritengono che, all'origine della strage degli immigrati, ci fosse una «spedizione punitiva» contro la sartoria, probabilmente un centro del traffico di stupefacenti. Per il momento non emergono piste diverse da quella del regolamento di conti.
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LA RIVOLTA - Nel frattempo, sale la rabbia a Castelvolturno: alcuni immigrati, bastoni in mano, hanno frantumato le vetrine di alcuni negozi e rivoltato auto in mezzo alla strada, distruggendo i vetri di altre vetture ferme. Il tutto davanti al luogo dove sono stati uccisi i sei stranieri. «Vogliamo giustizia - urlavano - non è vero che i nostri amici ammazzati spacciavano droga o erano camorristi. Sono state dette tutte cose false». Gli extracomunitari, soprattutto africani, puntano il dito contro chi li accusa di spacciare droga. «Noi siamo persone perbene, non è giusto che ogni volta che si parla di droga - dicono - siamo noi i colpevoli e questo solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo». A un certo punto gli immigrati hanno iniziato a lanciare massi e oggetti pesanti contro la camionetta della polizia. La protesta è proseguita nel pomeriggio: gli immigrati hanno sradicato segnali stradali gridando «italiani bastardi».IL SINDACO - Preoccupato il sindaco di Castelvolturno. «Sono incontrollabili, temo qualcosa di grave» ha affermato Francesco Nuzzo, parlando al telefono, secondo quanto da lui stesso riferito, con il questore di Caserta, Carmelo Casabona. Il sindaco ha cercato di trattare con un gruppo di immigrati per fermare gli atti di vandalismo. A cercare di calmare gli animi sono anche alcuni stranieri che ai loro connazionali continuano a urlare: «Basta Basta».
La rabbia degli immigrati (Ap)LE INDAGINI - Nel frattempo l'attenzione degli investigatori si concentra sulle 'nuove leve' del clan dei Casalesi, cinque-sei personaggi fautori di quella strategia stragista che sembra aver prevalso nel clan rispetto a quella dell'inabissamento scelta dai 'capi storici' dopo i colpi subiti. Si tratta delle stesse persone, tutte latitanti, ritenute responsabili di buona parte degli attentati avvenuti negli ultimi mesi: Francesco e Alessandro Cirillo, quest'ultimo detto 'O Sergente', Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia (detto 'O zuoppo'), Giuseppe Setola, Emilio Di Caterino. Gli investigatori riterrebbero che è tra loro che bisogna cercare chi ha sparato centinaia di colpi lungo la via Domiziana. Come è tra loro che va cercato il killer di Umberto Bidognetti, ucciso il 2 maggio scorso, colpevole solo di essere il padre del pentito Domenico. E sempre i sei latitanti sarebbero i responsabili dell'assassinio dell'imprenditore Domenico Noviello, colpito il 16 maggio con 22 colpi di pistola a Castelvolturno dopo aver denunciato i clan, e dell'uccisione di Michele Orsi, freddato il 1 giugno. Il gruppo che fa capo ad Alessandro Cirillo e Giuseppe Setola sarebbe anche responsabile del ferimento avvenuto il 30 maggio a Villaricca di Francesca Carrino, nipote di quella Anna Carrino compagna del boss Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e Mezzanotte, che ha lanciato appelli contro la camorra e che con le sue rivelazioni ha consentito l'arresto di diversi esponenti della cosca. Il ragionamento che viene fatto da investigatori e inquirenti è che, presi questi latitanti, la scia di sangue potrebbe interrompersi. Ma non solo. Un ulteriore colpo, assestato questa volta ai leader emergenti e non ai capi storici, potrebbe rimescolare di nuovo le carte all'interno dell'organizzazione dei Casalesi.
19 settembre 2008

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