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martedì 28 aprile 2009

Fini: "Immigrato=persona, il permesso di soggiorno non conta"

Il presidente della Camera in visita al San Gallicano, torna sulla proposta, ora cancellata, di denunciare i clandestini che richiedono cure sanitarie

Roma – 27 aprile 2009 – “Abbiamo l'obbligo ovvio e incontestabile di trattare l'altro da noi anzitutto come persona: non contano il colore della pelle o la fede religiosa e non conta nemmeno avere o no il permesso di soggiorno. Se si ha chiaro questo valore, radicato nella nostra cultura e nella tradizione occidentale, tutto ne discende di conseguenza, compreso naturalmente il dovere di aiutare e curare ogni persona, proprio dei medici ma direi di tutti. Se, al contrario, questo principio si perde e resta solo sullo sfondo, si rischiano atteggiamenti, se non politiche, lesivi del diritto fondamentale della persona". Così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, torna sulla questione dell'ipotesi, ventilata e poi cancellata, di eliminare per i medici il divieto di denuncia degli immigrati clandestini che richiedono cure sanitarie. "È stato giusto – sottolinea - far sentire il dissenso ed evitare che una tale norma fosse inserita nel nostro impianto legislativo: sarebbe stato un errore e un atto di miopia politica". Fini ne parla da un luogo simbolico, l'ospedale San Gallicano di Roma, trasformato in via sperimentale in Istituto nazionale per la salute, i migranti e la povertà, su iniziativa dell'allora ministro per la Salute Livia Turco, che accompagna il presidente dell'aula di Montecitorio nella sua visita alle sale del nosocomio di Trastevere. Fini sottolinea che "la costituzione fu lungimirante, nel prevedere che il diritto alla salute è un diritto inalienabile.
Tradurre questo principio in concretezza è compito delle istituzioni. Ed è un impegno che si sposa con il giuramento medico all'inizio della professione, che è anche una missione". Il presidente della Camera ricorda "l'ipotesi di poter chiedere di dar corso a comportamenti lesivi del diritto alla persona di essere curata", circolata all'interno del Governo, per la quale appunto definisce "giusto" l'aver manifestato dissenso da molte parti della società civile e della politica. Anche perchè gli immigrati clandestini avrebbero anche "fatto ricorso a strutture alternative e parallele, che non danno alcuna garanzia dal punto di vista della sicurezza sanitaria pubblica, rischiando così l'introduzione e il diffondersi di malattie che sono state debellate nel passato". Fini richiama, dunque, "il dovere istituzionale di aiutare chi è in prima linea nella frontiera dell'immigrazione", come i medici della struttura romana, impegnati anche nell'isola di Lampedusa e in Africa. Alle pareti dell'ospedale San Gallicano, cartelli nelle varie lingue riportano la frase "In questo ospedale nessuno viene denunciato!", con tanto di punto esclamativo, spesso accompagnati da adesivi colorati con la scritta "Noi non segnaliamo". "Conoscevo questo ospedale solo di nome – dice Fini - e voglio garantire Garantisco il mio impegno morale perchè diventi un'attività strutturata, destinata a durare nel tempo". Per il presidente della Camera, "l'Occidente dovrebbe avvertire l'impegno volto a garantire il rispetto e la dignità umana di ciascuno. Si tratta di una sfida che o si vince o si perde tutti insieme; nessuno pensi di avere una ricetta domestica. Serve un impegno a livello europeo e internazionale". E in tal senso, "l'Italia, in passato terra di emigranti, deve avere e mostrare una sensibilità sociale e culturale verso l'immigrazione che rappresenti un valore aggiunto, rispetto a chi magari ha alle spalle una storia di colonialismo. Chi viene in Italia è mosso dal bisogno; non possiamo ovviamente accogliere tutti, ma continuare una politica di rigore sempre volta all'integrazione, nel rispetto delle leggi. I nostri nonni all'estero chiedevano rispetto: anche per onorare la loro memoria, rispettiamo chi viene oggi in Italia".
FONTE

venerdì 13 marzo 2009

Un caso emblematico che rischia di ripetersi

Il caso. Bari, per i sanitari la donna era malata da mesi: una semplice visita poteva salvarla
Il primario: la tubercolosi va curata subito, basta un colpo di tosse per contrarla
Teme la denuncia e non va in ospedaleprostituta muore di Tbc, rischio contagio
di MARA CHIARELLI


Il Policlinico di Bari
BARI - Era clandestina da alcuni mesi, per vivere faceva la prostituta e per paura non è andata in ospedale: è morta per tubercolosi polmonare avanzata, e dunque altamente contagiosa. E ora scatta l'allarme sanitario: Joy Johnson, la giovane nigeriana di 24 anni, trovata agonizzante da un cliente venerdì sera nelle campagne alle porte di Bari, potrebbe aver contagiato decine di persone che avevano avuto rapporti con lei, gli stessi soccorritori e i connazionali del centro d'accoglienza dove per un mese aveva vissuto. Per precauzione ieri è stato chiuso l'istituto di medicina legale del Policlinico. E medici e poliziotti invitano chi avesse avuto rapporti con la nigeriana a contattare il più vicino ospedale. Quella di Joy era una tragedia annunciata. All'arrivo dei sanitari del 118, Joy Johnson, da novembre in città, perdeva sangue dalla bocca. La ragazza era malata da diversi mesi, ma se si fosse sottoposta a un esame del sangue o a una radiografia, oggi sarebbe ancora viva. L'allarme, ora, e l'invito a farsi controllare è rivolto ai clienti e a tutti coloro che dal 14 novembre (data di arrivo al Cara di Bari) hanno avuto contatti ravvicinati con lei. Tra questi, quell'uomo che, usando il telefono cellulare di Joy Johnson, ha chiesto aiuto alla polizia. "La tubercolosi va curata subito - dichiara il primario di Pneumologia del Policlinico di Bari, Anna Maria Moretti - perché anche le forme inizialmente non contagiose, senza terapia adeguata, lo possono diventare". Basta un colpo di tosse per contrarla, visto che si diffonde per via aerea. "È consigliabile sottoporsi a un test, l'intradermo reazione alla turbercolina, da fare in ospedale - spiega la specialista - Si tratta dell'inoculazione sotto cute di una sostanza che produce una reazione, da monitorare a casa per tre giorni. Se fosse positiva, va fatta la radiografia al torace, ma questo lo deve decidere il medico".

Si associa all'invito, ridimensionando l'allarme, il questore di Bari, Giorgio Manari: "E' idoneo e opportuno - dichiara - rispettare ciò che un medico e le autorità sanitarie dicono in questo senso". Subito dopo aver ricevuto il referto dell'autopsia, effettuata dal medico legale Francesco Introna, il pm incaricato delle indagini, Francesco Bretone ne ha dato comunicazione alle Asl, come prevede la legge. Immediati è scattata la profilassi nel Cara e nei confronti di chiunque abbia avuto contatti con la giovane donna, anche dopo il decesso. In caso di contagio accertato, la terapia, di tipo farmacologico, è lunga (dai sei ai nove mesi) ma dà il controllo totale della malattia. Bisogna però, sostengono i medici, tenere più alta l'attenzione su una patologia che, considerata scomparsa, si sta nuovamente manifestando in Italia a causa di due fattori: scarsa prevenzione e l'arrivo di extracomunitari che si portano dietro malattie endemiche nei loro Paesi, come la tubercolosi e l'Aids.
Da Repubblica on line

giovedì 5 febbraio 2009

I medici possono fare la spia....ma devono?

dura l'opposizione: «così gli irregolari non si cureranno per paura»
I medici possono denunciare i clandestini
Il Senato approva l'emendamento della Lega. Il Pd aveva chiesto il voto segreto: «Violazione della Costituzione»
Il leghista Federico Bricolo (Newpress)ROMA - I medici potranno denunciare gli stranieri irregolari. Il Senato ha approvato l'emendamento presentato dalla Lega, primo firmatario il capogruppo Federico Bricolo, che cancella la norma secondo cui il medico non deve denunciare lo straniero clandestino che si rivolge alle strutture sanitarie pubbliche. Duro attacco dell'opposizione, che aveva chiesto il voto segreto perché l'emendamento, secondo Giovanni Procacci (Pd), «è in palese violazione della Costituzione». Il presidente del Senato Schifani ha respinto la richiesta e si è proceduto con il voto elettronico: i sì sono stati 156, 132 i no, un astenuto.
«MEDICI RIDOTTI A DELATORI» - Prima del voto l'opposizione si era appellata al buonsenso per non introdurre una norma che «riduce il medico a fare il delatore», costringendo i clandestini a «non farsi curare per paura». Il senatore Daniele Bosone ha detto che questa norma «straccia il codice deontologico dei medici» e si corre «il concreto rischio di incentivare una medicina parallela che gli illegali utilizzeranno per non trovarsi a essere denunciati se vanno in ospedale o da un medico». Il rischio, aggiunge Bosone, è che «clandestini con malattie che portano dal loro paese non si facciano curare» con conseguenze per la stessa sanità pubblica. Secondo Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd, è stato «valicato il passo che distingue il rigore della legge dalla persecuzione». Duro anche il presidente dei senatori dell'Udc Gianpiero D'Alia: «Con il voto di mercoledì il Parlamento ha voluto dire che un governo non deve essere né cattivo, come dice Maroni, né buono, ma semplicemente giusto. Questo è lo stato di diritto, oggi siamo alla barbarie».
SCHIFANI - A difendere l'emendamento è stato il presidente del Senato Renato Schifani rispondendo proprio alle critiche dell'opposizione e motivando così il no alla richiesta di voto segreto: se la norma «violasse o impedisse la possibilità di accedere al servizio sanitario nazionale - ha spiegato -, allora sarebbe un mancato rispetto della persona umana, ma questa norma non impedisce allo straniero di presentarsi presso le strutture del sistema sanitario nazionale».
IL TESTO UNICO - L'emendamento al ddl sicurezza approvato da Palazzo Madama sopprime il comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, ossia il Testo unico di disciplina dell'immigrazione. L'articolo in questione recita: «L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».
CGIL: DISOBBEDIENZA CIVILE - Fortemente contraria la Cgil, che valuterà «quali siano le iniziative più efficaci per scongiurare l'applicazione della norma, prime tra tutte la disobbedienza civile e l'obiezione di coscienza», come spiegato da Carlo Podda, segretario generale Funzione pubblica Cgil. «L'emendamento - ha aggiunto - rappresenta il degrado culturale, valoriale e politico che attraversa la maggioranza di centrodestra sul tema dell'immigrazione. Rappresenta, inoltre, una grave lesione del principio di universalità del diritto alla salute».
MEDICI SENZA FRONTIERE - Durissimo il commento di Medici senza Frontiere, secondo cui in questo modo viene minato il diritto alla salute. «Siamo sconcertati per la scelta del Senato di avere consapevolmente ignorato il grido di allarme lanciato dagli ordini professionali di medici, infermieri e ostetriche e da centinaia di associazioni e rappresentanti della società civile - dice Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia -. Una scelta che sancisce la caduta del principio del segreto professionale per il personale sanitario volto a tutelare il paziente come essere umano, indipendentemente da ogni altra considerazione». Un provvedimento che «creerà nell'immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza in grado di ostacolarne l'accesso alle strutture sanitarie. Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa marginalizzazione sanitaria di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio». MSF, promotrice insieme a SIMM, ASGI e OISG della campagna «Siamo medici e infermieri - Non siamo spie», ha fatto appello alla Camera dei deputati perché riveda la posizione assunta dal Senato sul comma 5. Anche i medici cattolici italiani si dicono contrari all'emendamento: «È una cosa molto grave - dice Vincenzo Saraceni, presidente dell'Associazione medici cattolici italiani - perché un conto è denunciare un criminale, un conto un clandestino. Mi auguro che i medici non ricorrano a questa possibilità. La speranza è che in sede parlamentare ci siano modifiche a una norma ingiusta».
L'ARTICOLO "ANTI-CLANDESTINI" - L'articolo 39 del ddl sicurezza - che include anche la norma sui medici - prevede inoltre il carcere fino a quattro anni per i clandestini che restano in Italia nonostante l'espulsione e fissa tra gli 80 e i 200 euro la tassa sul permesso di soggiorno. L'articolo è passato con voto segreto: 154 i sì, 135 no e un astenuto. Sì del Senato anche all'Accordo di integrazione per gli immigrati, ovvero il permesso di soggiorno "a punti". La norma, introdotta nel ddl sicurezza dalla Lega, viene però modificata con un emendamento del governo. Le modalità e il meccanismo saranno decise da un regolamento entro sei mesi dall'approvazione del disegno di legge. Il permesso di soggiorno sarà articolato per crediti (secondo lo stesso meccanismo della patente a punti) e in caso di azzeramento lo straniero verrà espulso. La proposta della Lega stabiliva una concessione di 10 punti iniziali con decurtazione in caso di violazione delle leggi, di non conoscenza della lingua e per non aver raggiunto un buon livello di integrazione sociale. Ora le modalità vengono invece delegate all'esecutivo.
RONDE DEI CITTADINI - Sempre nell'ambito del ddl sulla sicurezza, il Senato ha approvato l'articolo 46 che introduce le ronde dei cittadini, che dovranno essere armate. Gli enti locali potranno avvalersi della collaborazione di «associazioni volontarie di cittadini», si legge, per la segnalazione di «eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero di situazioni di disagio sociale agli organi di polizia locale e alle forze di polizia». Grazie all’approvazione di un emendamento del Pd, appoggiato dal governo e dal relatore, viene specificato che non dovranno essere armate e che non potranno «cooperare all'attività di presidio del territorio», come invece prevedeva il testo licenziato dalla Commissione.
REGISTRAZIONE SENZATETTO - L'articolo 44, anch'esso approvato, indica infine che i senzatetto devono essere schedati in un apposito registro. La schedatura avverrà entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge. In mattinata il Senato ha votato tutti gli articoli del ddl sicurezza.

domenica 1 febbraio 2009

TRAFFICO DI ORGANI

Milano, tra i ragazzini stranieri che si prostituiscono dopo l'allarme sul traffico d'organiIl racconto di Igor, dodici anni: "Mi hanno offerto duemila euro, ma io avevo paura"
Nell'inferno dei bambini fantasma"Volevano un mio rene, ho detto no"
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO
Un ragazzino con un cliente in via Trebbia a Milano
SORISOLE (Bergamo) - "Duecento euro al mese? Padre, voi siete matto. Io duecento euro li guadagno in una notte". Igor, 12 anni, moldavo, da un anno in Italia, fa avanti e indietro, dalle stradine di Milano intorno a via Trebbia, nei pressi di piazzale Trento, dove si prostituisce, ai centri di accoglienza per minori extracomunitari non accompagnati della Lombardia. L'ultimo del quale è stato ospite è quello di Sorisole alle porte di Bergamo, il centro Don Milani diretto da don Fausto Resmini, sacerdote, da anni impegnato nell'impossibile recupero di questi ragazzi senza patria e senza famiglia che finiscono in mano a bande di sfruttatori. E come tutti gli altri che sono passati dal centro di Sorisole, anche Igor, dopo un breve incontro con don Fausto, si fa una doccia, consuma un pasto e poi via, torna a Milano dal suo datore di lavoro, un romeno che gestisce un vero e proprio racket di minori. Igor è, come altri suoi coetanei, molto richiesto da una clientela infame. Gente insospettabile, di tutte le categorie. Di molti di questi bambini stranieri spesso non si sa più nulla. "Alcuni miei compagni che erano fuggiti con me - racconta Igor - non li vedo più da tempo. A me avevano offerto 2000 euro per un rene, ma io ho rifiutato, ho paura. So di qualcuno, invece, che avrebbe accettato. Uno è stato portato via una coppia di persone che sembravano per bene: in cambio di un rene gli hanno promesso un futuro, una casa, e lui è andato". Così Igor torna in pista, al lavoro. In strada ci scende solo quando è a corto di clienti, quasi sempre il contatto avviene direttamente tra loro ed il suo sfruttatore che fissa gli appuntamenti e la tariffa, mai sotto i 50 euro. "Io non posso fare nulla - dice rassegnato don Fausto - questi ragazzini è come se avessero 18 anni, ragionano da grandi, hanno le idee molto chiare e pur essendo consapevoli di essere in mano a sfruttatori, continuano a cercarli nella speranza che prima o poi possano sganciarsi dal giro e lavorare in proprio. Ancora più triste è il fatto che anche i loro familiari, in Romania, in Moldavia, pur sapendo che vita fanno, li incoraggiano a rimanere in Italia. Sono stato testimone di molte conversazioni telefoniche tra questi ragazzi e le loro madri. E quando dico loro che qui potrebbero studiare, ottenere il permesso di soggiorno, un lavoro ed anche un piccolo mensile di 150-200 euro al mese, mi ridono in faccia e vanno via subito. Sono ragazzini molto decisi che hanno soltanto due obiettivi da raggiungere: soldi e vestiti griffati".
Rintracciare Igor e quelli del suo giro non è stato semplice ma alla fine, dopo giorni di attesa, un contatto ci dirotta verso via Trebbia dove poco dopo le 2 di notte cominciano a girare ragazzini, adulti, omosessuali e trans. Un popolo di disperati. Individuiamo Igor quando il ragazzino scende da una Fiat Punto con a bordo una coppia con la quale si era allontanato qualche ora prima. "Anche se sei un poliziotto non puoi fare nulla perché io sono minorenne, al massimo puoi portarmi in un centro di accoglienza per minori, perché io ho 12 anni". Quando spieghiamo che non siamo poliziotti, Igor comincia a parlare. "Io prendo 50 euro, per fare "maniglia" (masturbazione, ndr) per altro un po' di più". Poi racconta la sua storia, simile a quella di centinaia di bambini clandestini che poi diventano fantasmi. "Sono arrivato un anno fa dalla Moldavia, con altri amici della mia stessa età. Avevamo un contatto, altri amici che erano arrivati a Milano prima di noi e che ci hanno affidati a un romeno. L'accordo è che lavoriamo per lui per qualche tempo, poi ci mettiamo in proprio e così cominciamo a guadagnare e ad inviare soldi anche a casa". Igor è ancora "sotto padrone". L'uomo che gestisce il racket preleva tutti gli incassi e gli dà soltanto da dormire e da mangiare. "Ma sono sicuro che molto presto mi lascerà andare e farò per conto mio, così come hanno già fatto altri ragazzi arrivati qui prima di me". In quella via del sesso a pagamento, ma anche in piazza Trento, piazzale Lotto e nei pressi del mercato ortofrutticolo e del pesce, non c'è concorrenza tra questi disperati. "Ognuno ha i suoi clienti che hanno gusti diversi e quindi - racconta Igor - non c'è nessun problema tra noi. Anzi ci proteggiamo a vicenda. Chi resta in strada prende sempre il numero di targa del cliente che va via con uno di noi, perché non si sa mai quel che può accadere...". E che tra questi disgraziati ci sia tanta solidarietà lo testimonia il capannello che piano piano comincia a formarsi attorno a noi. Qualcuno minaccia: "Non vi azzardate a fare fotografie perché vi massacriamo". Poi, una volta rassicurati, anche loro iniziano a raccontare. "Molti dei nostri connazionali, ragazzi come me - afferma uno che dall'aspetto dimostra 13-14 anni e che dice di essere marocchino e di chiamarsi Hamed - spacciano, rubano e fanno anche rapine. Noi, invece, abbiamo scelto di fare questo lavoro, non diamo fastidio a nessuno, accontentiamo i clienti che ci pagano anche bene. A volte con un solo cliente, quando vuole cose particolari, riusciamo a guadagnare quanto guadagneremmo con cinque o sei incontri". Poi cominciano ad allargarsi un po' e fanno a gara per rivelare i nomi di clienti importanti. "Avete presente quel tizio che si vede in televisione e che fa.... Bene quello viene sempre. Ma ce ne sono tanti altri che neanche vi immaginate...". Poi il nostro contatto, sottovoce, ci consiglia di andare via: "Tra poco arriveranno altri, alcuni sono scoppiati, schizzati proprio e potrebbe accadere qualcosa di spiacevole". Lasciamo quel mercato di bambini fantasma. Qualcuno tenta di ribellarsi e, come testimonia una telefonata intercettata dal nucleo investigativo telematico di Siracusa, sul cellulare di un pedofilo, chiede aiuto: "Mamma dì a Fanel - dice un bambino alla madre chiedendo di fare intervenire il fratello che vive in Romania - che venga in Italia ad aiutarmi. Non ne posso più, Pepe (lo sfruttatore ndr) mi picchia tutte le sere e mi prende tutti i soldi che guadagno. Fa qualcosa mamma..."
(1 febbraio 2009)
REPUBBLICA ON LINE

mercoledì 28 gennaio 2009

I medici non sono spie

l'appello di medici senza frontiere ai senatori in vista del voto a palazzo madama
«Siamo medici, non siamo spie»No alla segnalazione dei clandestini
«No all'abolizione del principio che protegge gli immigrati che rivolgono alle strutture sanitarie»
NOTIZIE CORRELATE
Il sito "Divieto di segnalazione"
MILANO - «Siamo medici e infermieri, non siamo spie». È lo slogan della campagna di mobilitazione "Divieto di segnalazione" lanciata da Medici e da altre associazioni alla società civile contro l'emendamento che abolisce il principio di non segnalazione alle autorità per gli immigrati irregolari che si rivolgono a una struttura sanitaria.
FIACCOLATA - Il voto in Senato dell'emendamento volto a sopprimere il suddetto principio è in programma il prossimo 3 febbraio. Per il giorno prima Medici Senza Frontiere, la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, l'Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e l'Osservatorio Italiano sulla Salute Globale promuovono una fiaccolata davanti a Montecitorio.
LA NORMA E LA COSTITUZIONE - La norma (comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 - Testo Unico sull’immigrazione) attualmente prevede che «l’accesso alle strutture sanitarie da parte di uno straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano. Questa disposizione normativa, sottolineano i Medici Senza Frontiere, è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995 (attraverso l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centrodestra anche con i voti della Lega). e la sua "logica" non è soltanto quella di «aiutare/curare l’immigrato irregolare», ma anche quella di osservare pienamente la Costituzione e in particolare l'articolo 32 in base al quale la salute è tutelata dalle istituzioni in quanto riconosciuta come diritto pieno ed incondizionato della persona in sé, senza limitazioni di alcuna natura, comprese – nello specifico – quelle derivanti dalla cittadinanza o dalla condizione giuridica dello straniero.
I RISCHI - Segnalando un clandestino alla prestazione sanitaria, secondo Medici Senza Frontiere, si corre il rischio di far nascere nell’immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza e quindi di ostacolarne l’accesso alle strutture sanitarie. Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa «marginalizzazione sanitaria» di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio, anche aumentando i fattori di rischio per la salute collettiva. L'abolizionone del principio di non segnalazione inoltre potrebbe, secondo le organizzazioni firmatarie dell'appello, incentivare la nascita e la diffusione di percorsi sanitari e di organizzazioni sanitarie "parallele", al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica.
28 gennaio 2009
Corriere della Sera

venerdì 21 novembre 2008

SESSO SENZA CONDOM

Sesso senza condom, prostitute si fanno pagare anche il quadruplo

Disposti a pagare fino a quattro volte in più pur di non usare il preservativo. E' così, per tirare su qualche soldo, che molte prostitute immigrate arrivano sane in Italia, ma finiscono per ammalarsi poi, quando arrivano sulla strada per vendere il loro corpo. 'Fate' straniere e non solo.
Anche tra le italiane dedite al mestiere "inizia a diffondersi questo pericoloso trend", spiega Tullio Prestileo, infettivologo degli Ospedali Casa del sole di Palermo, presidente di Anlaids Sicilia. "Chi le manda in strada, sfruttandole - spiega Prestileo - detrae il 60-70% di quello che queste donne guadagnano vendendosi. Così a loro non resta che qualche spicciolo.

In barba al 'magnaccia' di turno, dunque, molte di loro sono disposte anche a fare sesso senza preservativo, pur di intascare qualche soldo in più". E così alcune finiscono per contrarre l'Hiv. "Nel 2000 - spiega l'infettivologo - abbiamo sottoposto al test 260 prostitute nigeriane tra i 18 e i 21 anni, con appena 6 mesi di prostituzione alle spalle: nessuna è risultata sieropositiva. Dopo cinque anni esatti abbiamo rifatto il test a 36 di loro, ben 3 avevano contratto il virus. Quasi tutte ci hanno confermato questo 'escamotage': la rinuncia al preservativo pur di arrivare a fine mese".

FONTE

mercoledì 24 settembre 2008

Dove vanno il latte ed i cibi adulterati?

23/09/2008
Il latte ai poveri
Scritto da: Fabio Cavalera alle 16:28
Lo scandalo del latte "arricchito" con la melamina è l'ultimo di una lunga serie. Forse il più odioso. E per almeno quattro ragioni:
1) i protagonisti - imprenditori e dirigenti sia della pubblica aministrazione sia del partito - erano perfettamente a conoscenza dell'avvelenamento, sapevano che stavano vendendo un prodotto tossico o ne stavano autorizzando la vendita. Non si è dunque trattato di un errore ma di quello che in altre parole si potrebbe definire un volontario tentativo di strage;
2) i numeri (22 aziende coinvolte, 13 mila bambini ricoverati, 53 mila sotto osservazione medica) chiamano in causa non un singolo o pochi individui senza scrupoli ma l'intero sistema, giacchè la questione del cibo adulterato resta irrisolta da anni, dando l'impressione (e alla fine la certezza) che nessuno abbia la voglia di invertire la rotta considerando la salute pubblica più importante del profitto;
3) i consumatori sono stati scientificamente raggirati, poi per settimane tenuti all'oscuro sulla gravità delle analisi effettuate, in nome di un obiettivo più alto (la perfetta riuscita delle Olimpiadi) smentendo con ciò chi sperava che la Cina avesse scelto la stada di una maggiore trasparenza comunicativa;
4) il latte tossico oltre che a bambini era destinato soprattutto ai Paesi poveri del Terzo Mondo, in Asia e in Africa (questo è un particolare sfuggito a molti).
Si dirà che anche nel mondo industriale avanzato si sono verificati casi simili. E' vero: chi dimentica il vino al metanolo in Italia? Ma, a parte che quello era un episodio isolato (nessuna giustificazione, per carità) e che i responsabili hanno pagato con alcuni anni di carcere (come era sacrosanto), viene da chiedersi per quale motivo in Cina la contraffazione del cibo sia una pratica tanto diffusa e le più elementari regole di tutela della saluta pubblica siano poco più di una fastidiosa litania. E' solo colpa della sfrenata corsa ai profitti che ha generato egoismo? O è perchè la classe dirigente cinese offre un esempio di eticità politica assai discutibile? O, ancora, è perchè il senso della legalità non ha messo radici profonde? Possibile che la Cina non faccia tesoro degli errori altrui e in particolare delle negatività proposte dal modello occidentale?
La Cina rivendica giustamente la sua via e la percorre. Non si occidentalizza ma si modernizza però emula il nostro peggio. E addirittura lo amplifica come se la Storia non fosse lì da leggere. Questo è il grave. E non vi è una giustificazione. La circostanza che il prodotto tossico fosse destinato ai poveri dell'Asia e dell'Africa può dare ragione al settimanale inglese Economist quando qualche mese addietro titolò in prima pagina "I nuovi colonialisti". Provocatorio. Ma lo scandalo del latte rafforza il sospetto che un certo tarlo si sia insinuato nella cultura politica ed economica della Cina. Sarà capace Pechino di cancellare i dubbi?
dal Corriere della Sera on line

giovedì 7 agosto 2008

ALLARME AIDS....UOMINI SOLO & G2

AIDS: IMMIGRATI, A RISCHIO UOMINI SOLI E ADOLESCENTI
dell'inviata Enrica Battifoglia

CITTA' DEL MESSICO - Uomini che hanno lasciato la famiglia nel loro Paese di origine, che non conoscono la lingua, non sono scolarizzati e sono arrivati in Italia da meno di un anno: per la prima volta hanno un volto gli immigrati che in Italia sono più esposti al rischio di contrarre il virus Hiv. Il primo identikit di questo genere mai ottenuto in Italia è stato presentato nella conferenza mondiale sull'Aids di Città del Messico ed è il risultato del primo anno di attività dello studio Prisma (Progetti di intervento per una strategia modulare Aids: stranieri), condotto dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom) e finanziato dal ministero del Welfare attraverso il dipartimento per la Prevenzione.

Sapere quali caratteristiche hanno gli immigrati più esposti al rischio è importante per capire come mai in Italia 70% di coloro che scoprono di essere sieropositivi nel momento in cui ricevono la diagnosi di Aids sono immigrati.

L'ipotesi è che fra gli stranieri ci sia un numero di casi di sieropositività sommersa, difficile da stimare. Tuttavia, osserva la coordinatrice della Iom per i problemi di migrazione e salute nel Mediterraneo, Michela Martini, non ci sono dubbi sulle necessità di "potenziare le azioni di informazione dal momento in cui gli immigrati arrivano in Italia, e ancora più importante è iniziare le campagne dal loro Paese di origine, prima che partano". Complessivamente, ha aggiunto, sulle condizioni di salute degli immigrati "non ci sono dati allarmanti, né tali da giustificare test anti-Hiv a tappeto. Non c'é inoltre nessuna evidenza scientifica che i test permettano effettivamente di controllare l'epidemia".

Oltre agli uomini soli e da poco arrivati in Italia, sono a rischio anche gli adolescenti di seconda generazione, vale a dire che sono nati in Italia o che comunque vivano in Italia da molti anni. "Questi giovani - ha detto Martini - vivono un conflitto generato dal fatto che da un lato si sentono italiani, ma poi non sono riconosciuti come tali fino a 18 anni e di conseguenza entrano spesso in conflitto con la famiglia".

Su questo punto le conclusioni dello studio dell'Oim coincidono con quelle di un'altra ricerca sugli immigrati condotta da Carlo Giaquinto, dell'università di Padova, da cui emerge che gli adolescenti soffrono di nostalgia e solitudine e che in famiglia non riescono a trovare affetto. Basata su interviste a 20 madri sieropositive di origine africana, sei adolescenti rumeni e 60 infermieri, lo studio mostra come i comportamenti a rischio di Hiv scaturiscano da pregiudizi molto radicati. Ad esempio, le donne africane considerano la maternità uno status sociale e molte di loro hanno scoperto di essere sieropositive durante la gravidanza o al momento del parto.

Della diagnosi parlano solo con il partner e percepiscono l'Hiv come qualcosa da nascondere perché percepito come contaminazione, fonte di discriminazione, legato alla prostituzione, all'infedeltà e alla morte. Altrettanto radicati i pregiudizi nel personale sanitario, che mostra di avere incertezze su alcuni aspetti della trasmissione del virus e sull'aspettativa di vita delle persone sieropositive, di conoscere poco le culture di provenienza degli immigrati e di non avere alcuna comunicazione con le madri immigrate sieropositive.
http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_733682480.html


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