I NUOVI ITALIANI di Corrado Giustiniani | |
Camera: progetto xenofobo contro i bimbi stranieri | |
Per il 21 dicembre è stata messa in calendario in aula alla Camera una proposta di legge, già approvata dalla Commissione Affari costituzionali, che invece di agevolare l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei bimbi e dei giovani stranieri nati e/o cresciuti in Italia, la cosiddetta "generazione Balotelli", se possibile la rende ancora più ostica. Da non credere. Un progetto irresponsabile, che sembra sfidare le seconde generazioni di immigrati, anziché integrarle nella società italiana. Approvato all'improvviso proprio dopo che era stato presentato un disegno di legge bipartizan, con la firma congiunta di Fabio Granata del Pdl e di Andrea Sarubbi del Pd, che sembrava in grado di risolvere un problema enorme, per il nostro futuro. Andiamo per ordine. Ecco cosa prevede l'attuale legge sulla cittadinanza, la n.91 del 1992, all'articolo 4, comma 2: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino italiano se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”. Decodificando: non può diventare italiano un giovane che abbia dovuto seguire il padre anche per un solo anno in un altro paese: in questo caso, anzi, se torna in Italia e dopo i 18 anni non riesce a trovare lavoro, paradossalmente diventa passibile di espulsione. Fu clamoroso il caso di un ragazzo nato in Sicilia, che dovette seguire il padre in Tunisia e poi tornò in Italia, salvò nell'Adriatico due ragazzi che stavano annegando e ricevette il foglio di via. Solo l'intervento del governo, ministro dell'Interno Giuliano Amato, lo salvò dall'espulsione, facendolo diventare cittadino italiano ad honorem. Debbono dunque trascorrere 18 anni ininterrotti prima che tu possa dirti italiano: anche se sei nato qui, conosci soltanto l'Italia, tifi per la Nazionale e stai sull'attenti quando c'è l'Inno di Mameli. La soluzione non sta certo, ne sono fermamente convinto, nel trasformare lo “jus sanguinis” in “jus soli” assoluto: proclamare cioé che è italiano chiunque nasca in terra italiana. Altrimenti moltissime donne verrebbero a partorire in Italia al solo scopo di avere un figlio italiano e procurarsi così un passepartout per l'Europa. Un progetto di riforma vecchio del 2006, rilanciato da Granata e Sarubbi, prevede invece che il bimbo nato in Italia diventi italiano se la sua famiglia è già integrata nel nostro paese, perché vi risiede regolarmente da almeno 5 anni. Gianfranco Fini ha ulteriormente elaborato questa proposta, chiedendo che comunque il bambino debba aver compiuto un ciclo scolastico in Italia: con le elementari, diventerebbe italiano a 11 anni. Cosa prevede invece il progetto xenofobo, proposto e fatto approvare in Commissione (ovviamente con il “no” dell'opposizione) dall'onorevole Isabella Bertolini? Non solo debbono passare 18 anni ininterrotti prima di chiedere la cittadinanza, ma questa può essere ottenuta solo a patto «di avere frequentato con profitto scuole riconosciute dallo Stato italiano almeno fino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione». Ora, nel 1991, quando quella brutta legge sulla cittadinanza venne approvata, non esistevano ancora le seconde generazioni di immigrati, un esercito di quasi 900 mila tra bambini e ragazzi stranieri che oggi vivono con noi. Rifiutarsi di prendere atto, diciannove anni dopo, che la realtà è completamente cambiata, è di per sè una prova di sciocca xenofobia. Aggiungere addirittura paletti, come il profitto a scuola, lo è ancora di più. Non è che togliamo la cittadinanza italiana, ai nostri ragazzi che non hanno frequentato con profitto. C'è poi l'irrigidimento sui 10 anni di soggiorno regolare in Italia, per gli adulti, prima di poter ottenere la naturalizzazione. In Europa soltanto la Grecia ha uno sbarramento così lungo. Ma il problema più grave non è questo: è quello dei bambini e dei giovani che al contrario dobbiamo integrare velocemente. Qualcuno preferisce invece che restino un corpo separato, secondo la logica del tanto peggio, tanto meglio. |