mercoledì 15 aprile 2009

Lampedusa/ "Picchiati dalla polizia". Le storie choc dei detenuti

Lampedusa/ "Picchiati dalla polizia". Le storie choc dei detenuti

Mercoledí 15.04.2009 11:34

LO SPECIALE

Lampedusa: la storia recente del Cie di contrada Imbriacola

Manganellati dalla polizia, "senza pietà”. Ferite alla testa, fratture alla mano e contusioni alle gambe. Per la prima volta, parlano i detenuti del Centro di identificazione e espulsione di Lampedusa. Denunciano gli abusi di alcuni agenti delle forze dell’ordine, le condizioni di sovraffollamento, ma anche la diffusa somministrazione di psicofarmaci e provvedimenti di respingimento differiti che non hanno tenuto conto delle settimane pregresse di detenzione scontate in condizioni del tutto arbitrarie. Nel Cie si trovano attualmente oltre 600 tunisini più un centinaio di marocchini. Molti sono detenuti da oltre tre mesi.

I PESTAGGI- “Ci hanno picchiato coi manganelli, ci hanno lanciato gas lacrimogeni. E noi eravamo senza niente. Eravamo in un angolo, e c’era gente che dormiva ancora. Una cosa mai vista”. Mo. ricorda così la mattina del 18 febbraio 2009. Quel giorno un incendio distrusse completamente uno dei padiglioni del Cie di Lampedusa. Il fuoco venne appiccato da alcuni detenuti tunisini, in risposta alle cariche della polizia - più di un centinaio di agenti in tenuta antisommossa - che avevano ferito diverse persone. F. ha assistito alla scena: “Li hanno trattati in un modo selvaggio. Senza pietà”.



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“C’erano poliziotti dappertutto - dice un altro testimone sotto anonimato, M. - tutti che picchiavano con i manganelli. Davanti a me, c’era uno che sanguinava e un poliziotto che l’ha manganellato sulla testa. Un altro aveva la mano rotta. E c’era uno che non riusciva a camminare sul piede”. Gli scontri sarebbero iniziati davanti alla mensa, dove quattro o cinque agenti avrebbero aggredito - secondo M., che era presente sul luogo – alcuni tunisini che li avevano attaccati verbalmente. Da lì la protesta si è allargata alle centinaia di persone presenti ed è esplosa con il lancio di almeno quattro gas lacrimogeni e le cariche. Ma anche nelle ore immediatamente successive. Y. ne parla come di qualcosa di noto: “Tutti sanno che quel giorno la polizia picchiò i tunisini, anche le organizzazioni che lavorano qui. La polizia era così arrabbiata. Alcuni li prendevano in due sotto braccio, e li portavano in bagno, uno alla volta. Poi chiudevano porte e finestre e li picchiavano”.

GLI PSICOFARMACI- La somministrazione di farmaci antidepressivi e calmanti nel Cie di Lampedusa sarebbe una pratica diffusa, secondo i detenuti intervistati. “La gente è troppo nervosa, prendono dei calmanti. Sono in molti. Li vedi perché hanno la bocca storta. Le medicine sono forti”, dice M. Altri invece lamentano la scarsità di medicinali. “Per qualsiasi malattia, ti danno sempre la stessa pasticca – dice Mo”. Y. invece è convinto che a volte vengano messi dei calmanti nel cibo della mensa. “Era un paio di mesi fa. Un paio d’ore dopo pranzo eravamo tutti così stanchi che volevamo dormire.. abbiamo pensato che ci fosse qualcosa nel cibo”.

Lampedusa/ "Picchiati dalla polizia". Le storie choc dei detenuti

Mercoledí 15.04.2009 11:34



SOVRAFFOLLAMENTO- . Il centro è ancora sovraffollato: ospita più di 700 persone in una struttura pensata per 381 posti e in parte distrutta dall’incendio. “Nella mia camera – dice F. – siamo 21 persone in 12 letti. La gente dorme sotto i letti, su dei materassini. Oppure in due sullo stesso letto. E alcuni dormono ancora nei corridori”. Niente rispetto a fine gennaio, quando il centro era arrivato a ospitare più di 1.900 persone. “All’epoca – dice Mo. - le condizioni erano terribili. Docce e toilette erano fuori uso. In una camerata eravamo oltre 100 persone. Dormivamo in due su ogni materasso e in due sotto il letto, per terra, i piedi davanti alla testa dell’altro”.

CONVALIDE- Il decreto che ha trasformato il centro di prima accoglienza di Contrada Imbriacola in un Cie è entrato in vigore il 26 gennaio. A partire da quello stesso giorno, la Questura di Agrigento ha iniziato a rilasciare i provvedimenti di respingimento ai 1.134 detenuti presenti. Nel giro di due settimane, Giudici di pace del Tribunale di Agrigento e avvocati d’ufficio hanno provveduto alla convalida di quei provvedimenti, e quindi al trattenimento per 60 giorni degli stranieri. Sessanta giorni che però non hanno tenuto conto del periodo di detenzione già scontato. L’udienza di convalida del trattenimento di Y. e Mo. si è tenuta il 30 gennaio 2009. I due erano detenuti nel Cie da tre settimane, dal loro arrivo il 9 gennaio. I 60 giorni di trattenimento però sono iniziati dal 31 gennaio. Così 21 giorni di detenzione arbitraria, senza la convalida di un giudice, diventano la norma alla frontiera d’Italia, alla frontiera del diritto.

ATTESA- Dopo le proteste che portarono all’incendio del 18 febbraio scorso e dopo un recente sciopero della fame, allo scadere dei due mesi di trattenimento, nel centro è iniziato il conto alla rovescia. Il 26 aprile scade infatti il decreto 11/2009 che aveva prolungato a sei mesi il termine della detenzione nei Cie, normalmente di 60 giorni. La norma è stata bocciata dalla Camera lo scorso 8 aprile. E se il Governo non varerà un altro decreto, dal 27 aprile i detenuti del centro torneranno in libertà.

LA STORIA- La moglie vive a Brescia con suo figlio. Ed è incinta del secondo. Lui è a Lampedusa. Detenuto nel Centro di identificazione e espulsione. E' il caso di un cittadino tunisino. Uno dei 900 trattenuti sull'isola da metà dicembre. Il suo ricorso contro il provvedimento di respingimento è stato rigettato per "difetto di giurisdizione”. Nel merito sarebbe inespellibile. Ma di fatto nessun Tribunale si dichiara competente. Il suo non è un caso isolato. Sono diversi i detenuti del centro che hanno presentato ricorso.

L'esito è per tutti lo stesso. Il Tribunale amministrativo della regione Sicilia (Tar) di Palermo si è dichiarato incompetente, indicando come competente il Tribunale ordinario di Agrigento. Le ultime due sentenze sono state pronunciate questa mattina. Tuttavia il Giudice di Pace di Agrigento si è dichiarato incompetente per difetto di giurisdizione. Tutto questo sebbene nel 2006 lo stesso Giudice di Pace si fosse dichiarato competente per dei casi simili. Se infatti il Testo unico sull'immigrazione indica nel dettaglio i termini e i modi per impugnare i provvedimenti di espulsione, non dice invece niente sul tribunale competente per i ricorsi avverso i provvedimenti di respingimento in frontiera. Tecnicamente ci sarebbe bisogno di un ricorso in Cassazione per risolvere la questione. Ma i tempi del ricorso sarebbero lunghi. Almeno un anno. E da qui a un anno tutti i migranti detenuti sull'isola saranno presumibilmente già stati rimpatriatihttp://www.affaritaliani.it/cronache

http://www.affaritaliani.it/cronache/lampedusa_picchiati_polizia_storie_choc_detenuti150409.html

Immigrazione cinese in Italia

Immigrazione cinese in Italia
Mercoledi, 4 di Ottobre del 2006 (19:38:17) di chinese

Breve storia dei flussi migratori provenienti dal Celeste Impero: l'immigrazione cinese in Europa è un fenomeno che è cominciato circa un secolo fa....

L'immigrazione cinese in Europa è un fenomeno che è cominciato circa un secolo fa. La sua storia è strettameente legata a quella della Cina. Prima della Seconda Guerra Mondiale gli immigrati cinesi erano in gran parte lavoratori che venivano a lavorare in Europa con vari contratti da subordinati.

Nel 1949 nasceva la Repubblica Popolare cinese: la chiusura politica della RPC sfavorì l'emigrazione dalla Cina e solo con l'apertura della seconda metà degli anni '70 ripresero a gran ritmo i flussi migratori.
Gli immigrati cinesi in Europa provengono principalmente dalla provincia cinese di Zhejiang (che comprende città come Wenzhou, Wencheng, Ruian, Qingtian...).
E' interessante notare che lo Zhejiang non è assolutamente la regione più povera della Cina: negli ultimi anni ha conosciuto un grande sviluppo economico.

Allora cosa ha spinto migliaia e migliaia di giovani di questa regione a cercare fortuna all'estero? Probabilmente è stata la prospettiva di un facile successo e arrichimento...cosa che si è dimostrata infondata. Forse è stata l'intraprendenza degli abitanti di Zhejiang a spingerli in questa avventura di massa, la stessa che ha portato alcuni di loro ad accumulare discrete ricchezze, dopo anni ed anni di durissimo lavoro.
Non è stata la povertà in sè che ha spinto migliaia e migliaia di cinesi ad emigrare, quanto piuttosto una mancanza di opportunità, di un futuro certo.
Il discorso vale maggiormente per i cinesi che vogliono venire ora in Europa: purtroppo chi l' ha provato lo sa bene, la vita di un immigrato in Occidente è durissima.

In Italia la prima comunità cinese si era insediata a Milano, poi Roma, quindi Firenze e Prato.

A Milano le principali attività dei cinesi si concentravano (e tuttora è così) nel settore della ristorazione e commercio, mentre a Firenze e Prato si svilupparono attività legate alla lavorazione del pellame e di confezioni.
I cinesi del capoluogo toscano e quelli di Prato hanno saputo approfittare di una particolare situazione economica: la crisi della produzione tessile e pelletteria permise ai cinesi di acquistare laboratori e attrezzature a basso costo. (NB: a differenza di quanto credono molti, la crisi è venuta PRIMA dei cinesi).

Grazie alla loro proverbiale laboriosità, sopportazione della fatica e aiuti reciproci riuscirono (e riescono) a monopolizzare questo settore, non senza enormi sacrifici.
Non fu facile la vita dei pionieri cinesi a Firenze: la creazione di insediamenti ad alta densità cinese fu interpretata come una minaccia fisica (una invasione).
L'intolleranza era fortissima e altissima la tensione. Le autorità erano completamente impreparati ad affrontare una situazione del genere. Solo con la successiva dispersione la situazione si normalizzò. Negli anni Novanta molti cinesi di Firenze si trasferirono a Prato, per sfruttare le opportunità di lavoro offerte dal tessile.

La capacità di adattarsi ha portato i cinesi ad insediarsi pian piano in sempre maggiori città italiane e ora ci sono comunità cinesi di varie dimensioni in tutta Italia. Non mancano episodi di intolleranza ne numerose difficoltà che inevitabilmente investono ogni immigrato (lingua, burocrazia etc.), ma ormai i cinesi fanno parte integrante del tessuto economico italiano.

La vita quotidiana ed il lavoro comportano grosse difficoltà, ma la nostra comunità va avanti, con la consapevolezza di non essere più i figli poveri di un paese sconosciuto, ma i rappresentanti di una futura superpotenza mondiale.




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