mercoledì 16 dicembre 2009

Camera: progetto xenofobo contro i bimbi stranieri

I NUOVI ITALIANI  di Corrado Giustiniani

Camera: progetto xenofobo contro i bimbi stranieri


Per il 21 dicembre è stata messa in calendario in aula alla Camera una proposta di legge, già approvata dalla Commissione Affari costituzionali, che invece di agevolare l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei bimbi e dei giovani stranieri nati e/o cresciuti in Italia, la cosiddetta "generazione Balotelli", se possibile la rende ancora più ostica. Da non credere. Un progetto irresponsabile, che sembra sfidare le seconde generazioni di immigrati, anziché integrarle nella società italiana. Approvato all'improvviso proprio dopo che era stato presentato un disegno di legge bipartizan, con la firma congiunta di Fabio Granata del Pdl e di Andrea Sarubbi del Pd, che sembrava in grado di risolvere un problema enorme, per il nostro futuro.

Andiamo per ordine. Ecco cosa prevede l'attuale legge sulla cittadinanza, la n.91 del 1992, all'articolo 4, comma 2:  “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino italiano se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.

Decodificando: non può diventare italiano un giovane che abbia dovuto seguire il padre anche per un solo anno in un altro paese: in questo caso, anzi, se torna in Italia e dopo i 18 anni non riesce a trovare lavoro, paradossalmente diventa passibile di espulsione. Fu clamoroso il caso di un ragazzo nato in Sicilia, che dovette seguire il padre in Tunisia e poi tornò in Italia, salvò nell'Adriatico due ragazzi che stavano annegando e ricevette il foglio di via. Solo l'intervento del governo, ministro dell'Interno Giuliano Amato, lo salvò dall'espulsione, facendolo diventare cittadino italiano ad honorem. Debbono dunque trascorrere 18 anni ininterrotti prima che tu possa dirti italiano: anche se sei nato qui, conosci soltanto l'Italia, tifi per la Nazionale e stai sull'attenti quando c'è l'Inno di Mameli.

La soluzione non sta certo, ne sono fermamente convinto, nel trasformare lo “jus sanguinis” in “jus soli” assoluto: proclamare cioé che è italiano chiunque nasca in terra italiana. Altrimenti moltissime donne verrebbero a partorire in Italia al solo scopo di avere un figlio italiano e procurarsi così un passepartout  per l'Europa. Un progetto di riforma vecchio del 2006, rilanciato da Granata e Sarubbi, prevede invece che il bimbo nato in Italia diventi italiano se la sua famiglia è già integrata nel nostro paese, perché vi risiede regolarmente da almeno 5 anni. Gianfranco Fini ha ulteriormente elaborato questa proposta, chiedendo che comunque il bambino debba aver compiuto un ciclo scolastico in Italia: con le elementari, diventerebbe italiano a 11 anni.

Cosa prevede invece il progetto xenofobo, proposto e fatto approvare in Commissione (ovviamente con il “no” dell'opposizione) dall'onorevole Isabella Bertolini? Non solo debbono passare 18 anni ininterrotti prima di chiedere la cittadinanza, ma questa può essere ottenuta solo a patto «di avere frequentato con profitto scuole riconosciute dallo Stato italiano almeno fino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione».

Ora, nel 1991, quando quella brutta legge sulla cittadinanza venne approvata, non esistevano ancora le seconde generazioni di immigrati, un esercito di quasi 900 mila tra bambini e ragazzi stranieri che oggi vivono con noi. Rifiutarsi di prendere atto, diciannove anni dopo, che la realtà è completamente cambiata, è di per sè una prova di sciocca xenofobia. Aggiungere addirittura paletti, come il profitto a scuola, lo è ancora di più. Non è che togliamo la cittadinanza italiana, ai nostri ragazzi che non hanno frequentato con profitto.

C'è poi l'irrigidimento sui 10 anni di soggiorno regolare in Italia, per gli adulti, prima di poter ottenere la naturalizzazione. In Europa soltanto la Grecia ha uno sbarramento così lungo. Ma il problema più grave non è questo: è quello dei bambini e dei giovani che al contrario dobbiamo integrare velocemente. Qualcuno preferisce invece che restino un corpo separato, secondo la logica del tanto peggio, tanto meglio. 

domenica 6 dicembre 2009

Voglio i miei soldi": ucciso

                   Voglio i miei soldi": ucciso

La vittima Ibrahim M'Bodi e il luogo dove è stato trovato



Biella, senegalese litiga col datore
di lavoro. Colpito con 9 coltellate
PAOLA GUABELLO
BIELLA
Non voleva pagargli gli arretrati, gli aveva perfino detto d’iscriversi al registro degli artigiani per sbarazzarsi di lui come dipendente. Ma Ibrahim M’Bodi, senegalese con regolare permesso di soggiorno, fratello di Adam, segretario della Fiom-Cgil a Biella, non era d’accordo e soprattutto voleva i soldi che gli spettavano di diritto. Così è scoppiata la lite, poi uno dei due ha estratto un coltello: M’Bodi, 35 anni, è morto ammazzato da nove coltellate.

Ha confessato subito Michele D’Onofrio. Davanti ai carabinieri, dopo un breve interrogatorio, non ce l’ha fatta a reggere la pressione e ha parlato. Artigiano residente a Zumaglia, centro del Biellese di mille abitanti dove abitava anche la vittima, era esperto di arti marziali. «Lui ha tirato fuori il coltello e allora ho reagito, un momento di follia», ha detto agli inquirenti. Sul corpo del senegalese è stata eseguita l'autopsia, nei prossimi giorni si saprà l’esito. Dal referto del medico legale dovrebbe uscire l'ora in cui è avvenuta la morte, che dovrebbe risalire a un paio di giorni prima del ritrovamento del cadavere, e i punti in cui sono state inferte le nove coltellate: se solo davanti o anche sulla schiena, e se sono presenti lesioni da difesa. Dettagli fondamentali per i vcapi d’imputazione.

Ibrahim M’Bodi era stato trovato senza vita mercoledì mattina nel canale di scolo di una risaia a Ghislarengo, nel Vercellese, lungo la strada provinciale che collega il paese a Rovasenda. Una distesa di campi tagliata da stradine sterrate e fossati che col favore delle tenebre aveva inghiottito il corpo dell’africano fino a quando un acquaiolo che passava di lì, verso mezzogiorno, lo aveva notato dando l’allarme.

Il cadavere era stato ripulito dal sangue. L’assassino andava di fretta e soprattutto voleva agire indisturbato e senza destare sospetti: si è liberato così della sua vittima, imboccando una stradina che parte dalla provinciale e che si perde tra le risaie addentrandosi per un centinaio di metri. Un disperato tentativo di ritardare il ritrovamento oppure di depistare le indagini. Senza nome

Per diverse ore la salma è rimasta all’obitorio di Vercelli senza un nome: l’ucciso non aveva documenti, solo dalle impronte digitali i carabinieri sono riusciti a dargli un’identità. «Il mio cliente si è dimostrato collaborativo con gli inquirenti - spiega l'avvocato Alessio Ioppa di Borgosesia che ha assunto la difesa di D’Onofrio assieme al collega Massimo Mussato di Vercelli - e in effetti potremmo dire che ha per certi versi confessato. Di più non posso anticipare, in quanto le indagini sono ancora in corso».

In queste ore gli investigatori stanno cercando di ricostruire la vicenda. Sarà di estrema importanza, ai fini di comprendere il movente del delitto, ritrovare e analizzare il coltello, soprattutto per ciò che riguarda le impronte digitali. L'omicidio sarebbe avvenuto nel Biellese e l'ipotesi appare confermata anche dal fatto che, a breve, il fascicolo verrà trasmesso dalla procura di Vercelli ai colleghi di Biella. Intanto le organizzazioni sindacali hanno indetto un presidio mercoledì prossimo davanti alla prefettura di Biella, dalle 11 alle 12, perchè «l’omicidio di Ibrahim da parte del suo datore di lavoro non può passare sotto silenzio. Fatti di inaudita gravità come questo rientrano in un clima generale di imbarbarimento dei rapporti sociali, con la possibile aggravante dell'odio razziale».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200912articoli/50063girata.asp


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