martedì 28 aprile 2009

Fini: "Immigrato=persona, il permesso di soggiorno non conta"

Il presidente della Camera in visita al San Gallicano, torna sulla proposta, ora cancellata, di denunciare i clandestini che richiedono cure sanitarie

Roma – 27 aprile 2009 – “Abbiamo l'obbligo ovvio e incontestabile di trattare l'altro da noi anzitutto come persona: non contano il colore della pelle o la fede religiosa e non conta nemmeno avere o no il permesso di soggiorno. Se si ha chiaro questo valore, radicato nella nostra cultura e nella tradizione occidentale, tutto ne discende di conseguenza, compreso naturalmente il dovere di aiutare e curare ogni persona, proprio dei medici ma direi di tutti. Se, al contrario, questo principio si perde e resta solo sullo sfondo, si rischiano atteggiamenti, se non politiche, lesivi del diritto fondamentale della persona". Così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, torna sulla questione dell'ipotesi, ventilata e poi cancellata, di eliminare per i medici il divieto di denuncia degli immigrati clandestini che richiedono cure sanitarie. "È stato giusto – sottolinea - far sentire il dissenso ed evitare che una tale norma fosse inserita nel nostro impianto legislativo: sarebbe stato un errore e un atto di miopia politica". Fini ne parla da un luogo simbolico, l'ospedale San Gallicano di Roma, trasformato in via sperimentale in Istituto nazionale per la salute, i migranti e la povertà, su iniziativa dell'allora ministro per la Salute Livia Turco, che accompagna il presidente dell'aula di Montecitorio nella sua visita alle sale del nosocomio di Trastevere. Fini sottolinea che "la costituzione fu lungimirante, nel prevedere che il diritto alla salute è un diritto inalienabile.
Tradurre questo principio in concretezza è compito delle istituzioni. Ed è un impegno che si sposa con il giuramento medico all'inizio della professione, che è anche una missione". Il presidente della Camera ricorda "l'ipotesi di poter chiedere di dar corso a comportamenti lesivi del diritto alla persona di essere curata", circolata all'interno del Governo, per la quale appunto definisce "giusto" l'aver manifestato dissenso da molte parti della società civile e della politica. Anche perchè gli immigrati clandestini avrebbero anche "fatto ricorso a strutture alternative e parallele, che non danno alcuna garanzia dal punto di vista della sicurezza sanitaria pubblica, rischiando così l'introduzione e il diffondersi di malattie che sono state debellate nel passato". Fini richiama, dunque, "il dovere istituzionale di aiutare chi è in prima linea nella frontiera dell'immigrazione", come i medici della struttura romana, impegnati anche nell'isola di Lampedusa e in Africa. Alle pareti dell'ospedale San Gallicano, cartelli nelle varie lingue riportano la frase "In questo ospedale nessuno viene denunciato!", con tanto di punto esclamativo, spesso accompagnati da adesivi colorati con la scritta "Noi non segnaliamo". "Conoscevo questo ospedale solo di nome – dice Fini - e voglio garantire Garantisco il mio impegno morale perchè diventi un'attività strutturata, destinata a durare nel tempo". Per il presidente della Camera, "l'Occidente dovrebbe avvertire l'impegno volto a garantire il rispetto e la dignità umana di ciascuno. Si tratta di una sfida che o si vince o si perde tutti insieme; nessuno pensi di avere una ricetta domestica. Serve un impegno a livello europeo e internazionale". E in tal senso, "l'Italia, in passato terra di emigranti, deve avere e mostrare una sensibilità sociale e culturale verso l'immigrazione che rappresenti un valore aggiunto, rispetto a chi magari ha alle spalle una storia di colonialismo. Chi viene in Italia è mosso dal bisogno; non possiamo ovviamente accogliere tutti, ma continuare una politica di rigore sempre volta all'integrazione, nel rispetto delle leggi. I nostri nonni all'estero chiedevano rispetto: anche per onorare la loro memoria, rispettiamo chi viene oggi in Italia".
FONTE

sabato 25 aprile 2009

CHIETI - FESTA DEI POPOLI

ASSOCIAZIONE WELCOME: CHIETI - FESTA DEI POPOLI

SFRUTTATORI

GHISALBA DENUNCIATI DA DUE LUCCIOLE, ERANO STATI ARRESTATI A LUGLIO DELL'ANNO SCORSO. IERI IL RITO ABBREVIATO

Condanne fino a dieci anni per un gruppo di sfruttatori nigeriani

2009-04-24
— GHISALBA —
ADESCAVANO giovanissime ragazze nigeriane con la promessa di un lavoro in Italia, poi le costringevano a prostituirsi lungo la strada provinciale "Francesca" a Ghisalba, nella Bassa Bergamasca, a suon di botte, violenze sessuali e minacciando di sottoporre i loro familiari in Nigeria a riti "voodoo", la pratica religiosa diffusa nei Paesi africani e utilizzata dalle organizzazioni criminali per sottomettere le loro vittime. Due giovani lucciole avevano avuto però il coraggio di denunciare alla polizia gli sfruttatori e, nel luglio dell'anno scorso, dopo oltre un anno di indagini, erano scattate cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere. Ieri mattina il procedimento è approdato davanti al gup Alberto Viti: l'udienza preliminare si è conclusa con due condanne con il rito abbreviato (sconto di un terzo sulla pena), un patteggiamento e due rinvii a giudizio. In abbreviato sono stati condannati Florence Aibangbee, 28 anni, detta Jennifer, ritenuta dagli inquirenti la "mente" del gruppo di sfruttatori, alla quale sono stati inflitti 10 anni di carcere, e il suo compagno Frank Tommy Eribo, 32 anni, operaio con regolare permesso di soggiorno, condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione.

HA INVECE PATTEGGIATO una condanna a 8 mesi (pena sospesa) F. E., accusata di aver aiutato Florence Aibangbee a mettersi in regola attraverso un matrimonio di comodo con un bergamasco. Il gup ha infine rinviato a giudizio i due indagati che non avevano chiesto il rito alternativo: una giovane nigeriana che aveva il compito di sorvegliare in casa le prostitute (tuttora latitante) e l'uomo che si era prestato al matrimonio di comodo con Jennifer. Il processo a loro carico inizierà il 13 ottobre. Le indagini della Squadra Mobile erano partite nel gennaio 2007, dopo la denuncia di una delle vittime, allora 17enne: la ragazza era fuggita ai suoi aguzzini chiedendo aiuto a una pattuglia della polizia locale di passaggio e, dopo un periodo in una comunità protetta, aveva raccontato tutto in questura. Dopo la prima vittima, una seconda ragazza minorenne aveva sporto denuncia e altre quattro giovani avevano fornito elementi utili alle indagini. Il primo a finire in manette era stato Frank Eribo, poi era toccato a Florence, che dopo l'arresto del compagno si era rifugiata in Spagna, a Murcia, da dove era stata estradata in Italia. M.A.
original news

venerdì 24 aprile 2009

Sale nero. Cinque storie clandestine...Loiero Valentina

Titolo Sale nero. Cinque storie clandestine
Autore Loiero Valentina
Prezzo
Sconto 50%
€ 6,75
(Prezzo di copertina € 13,50 Risparmio € 6,75)
Prezzi in altre valute
Dati 2007, 164 p., brossura
Editore Donzelli (collana Interventi)

Loiero Valentina
Il difficile percorso di una giornalista del Tg5 che inizialmente per caso e quasi controvoglia è costretta a raccontare i viaggi, le storie, i drammi di un'umanità invisibile, eppure tanto vicina. Le storie di traversate e naufragi che diventano man mano drammi vissuti in prima persona da chi era lì per tenere il conto degli sbarchi e finisce travolta da una tempesta di emozioni, quando mese dopo mese quei numeri diventano volti e quindi vite. Sullo sfondo, le mille contraddizioni di Lampedusa: paradiso delle vacanze che gli abitanti vorrebbero proteggere a tutti i costi dai "turchi", da coloro cioè che potrebbero rappresentare un pericolo per il turista. Sullo sfondo anche l'altra sponda: la Libia e i suoi trafficanti. Non solo storie ma anche riflessioni e analisi su un fenomeno in evoluzione.
fonte

THE KEBAB ISSUE

In Italy, Sign of Defiance in a Kebab and a Coke


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By ELISABETTA POVOLEDO
Published: April 23, 2009

MILAN — While cameras clicked and video operators moved in for a close-up, Giorgio Schultze raised his hands defiantly. In one, he held a can of Coke, in another a doner kebab — the overstuffed spicy beef and veal sandwich that has become as common as pizza in this northern Italian city.

“I am now committing two crimes,” said Mr. Schultze, an independent candidate for the European Parliament elections in June. “I am eating outside. And I am drinking.”

Actually, it is likely that thousands, if not tens of thousands, of Lombardy residents are running afoul of a regional law passed this week that regulates how fast-food restaurants and takeout shops may sell the food they produce.

The law, which also applies to ice cream parlors and pizza stands, bans establishments without restaurant or bar licenses from selling anything other than what they themselves produce on site, including drinks. Customers consuming outside the premises cannot sit down or use plastic utensils. (As Mr. Schultze was standing and held his kebab with a napkin, technically he was breaking only one law).

But what brought dozens of people to a so-called protest lunch outside a doner kebab shop on Thursday was concern that the law was aimed at fast-food restaurants run by immigrants. The measure was approved Tuesday by the center-right majority, but was championed by the conservative Northern League, as a means to preserve the traditional identity of Italian cities. Recently, the party has been lobbying nationally to establish unarmed citizens’ groups that would patrol to prevent violent crimes, which are widely attributed to immigrants.

“In its original form the law was more racist — it was specifically geared to get kebab shops out of the city center,” said Giuseppe Civati, a regional lawmaker with the Democratic Left opposition party, who organized the protest from his blog and then through Facebook, where hundreds of people joined his group.

In Italy, in fact, there are numerous “anti-kebab” groups on Facebook. In Bergamo, Mr. Civati said, there are pro-kebab and anti-kebab Facebook groups fiercely competing for members. Italian fans of foreign foods can also join a group calling itself the Couscous Clan, which promotes what it calls “gastronomic trans-contamination.” It was started 15 years ago in Turin and became a Facebook group this year after the Tuscan city of Lucca banned new ethnic and fast-food restaurants from opening in its historic center.

Supporters of the law say that it finally regulates a sector that had existed in a confused legislative status for years. Rather than restrict what takeouts sell, they say, the law legalizes what had been under-the-counter behavior, while protecting bars and restaurants from unfair competition on the part of fast-food businesses. “Bars and restaurants have to follow strict sanitary codes as well as numerous other laws that takeaways didn’t, and that wasn’t fair,” said Lino Stoppani, president of the Italian Federation of Bars and Catering.

Violators of the new law, which also mandates closing hours for the establishments, are supposed to be fined about $195 to $1,300.

But, Mr. Civati said: “It’s a ridiculous law and the fines will never be applied. It’s a sign of a lot of political confusion.”
SOURCE

giovedì 23 aprile 2009

La falsa assistenza umanitaria ai dannati del Pinar

La falsa assistenza umanitaria ai dannati del Pinar

Sono 145 esseri umani, trattati come fantasmi per oltre quattro giorni. Migranti, persone fuggite dalla Nigeria, dal Ghana, dalla Liberia, da un’Africa sempre più affamata e dimenticata.

migrantiI fuggitivi dalla povertà e dalla guerra erano alla deriva su due barconi fino a quando l’equipaggio del mercantile turco Pinar non li ha imbarcati, giovedì scorso. Le offerte delle compagnie aeree o per il noleggio delle autovetture prevedono i week end tutto compreso. Per i migranti questa ennesima ed oscena rappresentazione di razzismo ed insensibilità umana sono stati un normale week end di paura e di morte.

Il governo maltese e quello italiano si sono impegnati a fondo nel gioco dello scaricabarile, mentre sulla nave uomini e donne con quasi nulla da bere e mangiare, erano immobili nel Mediterraneo ad aspettare che uno dei due governi cedesse, permettesse loro di toccar terra e vivere.

Esceth Ekos, una ragazzina nigeriana di 18 anni non ce l’ha fatta e con lei il suo bambino non ancora nato. Il suo corpo di donna incinta e rimasto abbandonato, secondo alcune cronache, coperto da sacchi di plastica neri della spazzatura, su una scialuppa trainata dal mercantle e straziata da gabbiani diventati avvoltoi.

Per chi non ha mai visto una piccola nave piena di profughi è difficile capire. Impossibile immaginare il fetore misto alla paura, gli occhi persi di gente che in gran parte non ha mai visto il mare, il dolore, le vosi ed il lamento di persone che altro non hanno se non una disperata voglia di sopravvivere e pochi stracci portati da chissà dove.

Il Pinar era stato avvertito della presenza di naufraghi dalle autorità maltesi, che però non hanno accettato di farli sbarcare sull’isola. L’Italia non è stata da meno ed è cominciato il ‘braccio di ferro’ durato oltre 120 orribili ore.

I ministri, dal caldo comodo dei loro uffici a Roma e La Valletta, hanno litigato a lungo per chi dovesse prendersi la responsabilità di quegli ‘extracomunitari inutili’. Il governo italiano, impegnato nell’epica lotta per tenere in vita artificiale pazienti in coma irreversibile, di fronte al dramma in diretta di vivi reali ha tergiversato.

Solo dopo che dei medici saliti a bordo hanno diagnosticato alcuni casi di varicella e trovato alcune persone con febbre alta ed altre disidratate e infreddolite e che la Chiesa agrigentina, diverse organizzazioni umanitarie e l’Unhcr hanno alzato la voce il ministro Maroni e Berlusconi hanno dovuto cedere. Le elezioni sono vicine ed atre morti non sarebbero state una buona immagine.

Ieri mattina l’ambasciatore italiano a Malta Paolo Trabalza ha incontrato il ministro degli Esteri maltese Tonio Borg che ha definito lo scontro diplomatico con l’Italia un “disguido tra amici”, esprimendo l’auspicio che i due Stati possano continuare a discutere “per trovare soluzioni comuni ed evitare incidenti come questo”. “L’Italia si è fatta carico dei propri doveri umanitari, reclamando, nel contempo l’intervento dell’Unione europea affinchè vicende simili non accadano più”, ha detto il ministro della giustizia Angelino Alfano. “È importante che l’Unione europea - ha aggiunto - prenda posizione perchè l’Italia non può farsi carico, oltre che delle proprie responsabilità, anche di quelle degli altri Paesi”.

Le operazioni di sbarco sono avvenute in più riprese. Il Pinar è arrivato ieri all’alba nelle acque di Porto Empedocle. Il pattugliatore La Malfa della Guardia di Finanza ha portato a terra in mattinata trenta persone, mentre altri 90 sono stati prelevati dalla corvetta Danaide della Marina Militare. Altri 20 erano stati trasferiti a Lampedusa già domenica notte e con loro c’era il corpo di Esceth.

L’assistenza a terra è stata molto criticata, perchè mentre per alcuni si è immediatamente provveduto alle cure del caso, per altri erano pronti gli autobus per lo smistamento. Secondo il questore di Agrigento Girolamo di Fazio sono stati portati nel Cpr di Pian del Lago a Caltanissetta.

“Chiedo che agli sventurati che riescono a raggiungere le coste siciliane sia garantito un trattamento che rispetti i parametri minimi di umanità e di civiltà” ha detto il Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, quando ha saputo che “gli 84 migranti sbarcati dalla motonave Pinamar e portati a Porto Empedocle con la nave Danaide della Marina Militare non avrebbero sostato nella tensostruttura di primissima accoglienza allestita dalla Protezione civile regionale nella zona portuale”.

In una ricostruzione della presidenza della regione Sicilia si dice che “all’arrivo della nave Danaide, inspiegabilmente, le autorità di Polizia, nonostante la disponibilità di uomini, mezzi e attrezzature della Regione, ha deciso di inviare il gruppo di migranti, direttamente ai centri di accoglienza ministeriali”. Il primo contingente di 20 migranti, arrivato a bordo di una motovedetta della Guardia di Finanza, aveva invece sostato nella tensostruttura”.

Sempre secondo la nota, “grazie agli operatori ed ai volontari della Protezione civile era stato possibile rifocillare i profughi, permettere loro di indossare abiti puliti, di utilizzare veri servizi igienici e lavarsi, dopo la loro terribile esperienza al largo delle coste maltesi. Solo a quel punto, dopo le visite mediche e i primi accertamenti di polizia, i migranti sono stati accompagnati nei centri predisposti dal ministero degli Interni”.

Il leghista Maroni, come sempre si è distinto per l’insensibilità verso i migranti: “Malta prende contributi come tutti i Paesi per fare interventi che dobbiamo fare noi: da questo momento intendiamo, con rigore e senza eccezioni, applicare le regole”. Il ministro ha aggiunto: “Ragioni di carattere umanitario ci hanno indotto ad accogliere questi immigrati, ma la posizione non cambia: noi siamo molto fermi su questo, pretendiamo che la Commissione Europea intervenga per far rispettare le regole a tutti e non intendiamo più andare a occuparci di questi problemi nelle acque di competenza di altri. Per evitare contenziosi che mettono di mezzo persone che non c’entrano nulla serve un intervento della Commissione Europea, è quello che chiediamo, perchè tutti rispettino gli impegni che si sono presi”.

Da parte sua la Commissione Europea non intende entrare nel gioco della caccia ai colpevoli ma vuole lavorare con tutti i paesi interessati, Italia e Malta in primo luogo, per trovare “una soluzione strutturale” ad un problema che rappresenta una grande sfida. Il portavoce della Commissione Europea, Joannes Laitenberger, ha commentato così i fatti, esprimendo il sollievo di Bruxelles nell’apprendere la notizia che i migranti hanno finalmente trovato accoglienza.

L’esponente europeo, dopo aver espresso apprezzamento per il comportamento dell’equipaggio, si è rammaricato del fatto che la soluzione del problema sia arrivata cos’ tardi. La Commissione non intende entrare nel gioco della ricerca delle responsabilità ed è in costante contatto con le autorità italiane e maltesi e riconosce che Roma e La Valletta hanno un importante problema rappresentato dagli sbarchi di migliaia di migranti e per questo si lavorerà insieme per trovare soluzione.

Il commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot, ha ringraziato l’Italia per l’accoglienza data agli immigrati del cargo Pinar e sulle eventuali responsabilità di Malta nella vicenda ha spiegato: “Devo riconoscere che Malta ha 400mila abitanti e un territorio limitato e anche i maltesi sono dunque in una situazione impossibile”, che rende complicato accogliere altre persone.

“Comprendo le inquietudini di entrambi i Paesi - ha aggiunto il commissario - perchè tutti e due, in particolare Malta, soffrono questi arrivi massicci”. Per Barrot, poi, non è facile accertare le responsabilità nella vicenda Pinar: “Il diritto marittimo internazionale non è semplice da interpretare, stabilisce che bisogna portare le persone a rischio di naufragio nel porto più vicino ma dove le condizioni di accoglienza sono accettabili”. Ma su questo, ha aggiunto, “evidentemente Malta e l’Italia avevano entrambe le loro obiezioni”.

FONTE

martedì 21 aprile 2009

ITALIANI E I COLTELLI

Coltelli in tasca e pronti alla rissa
presi giovani della "Roma bene"

Due minorenni sono stati denunciati dalla polizia a Roma perchè sorpresi con altri coetanei pronti a fronteggiarsi armati di coltelli in via del Corso.

Nel pomeriggio di sabato, in pieno orario di shopping, i Falchi della VI Sezione Contrasto al Crimine Diffuso, diretta dal Tommaso Niglio, hanno notato in via del Corso due gruppi di giovani in procinto di fronteggiarsi. Alla vista degli agenti, i ragazzi, tutti minorenni, si sono dispersi nelle strade del centro storico.

Al termine di un breve inseguimento i poliziotti hanno fermato tre appartenenti a uno dei due gruppi. Uno dei ragazzi è stato trovato in possesso di un coltello di 21 cm. Al termine degli accertamenti, due minorenni, uno di 16 e uno di 17 anni, entrambi incensurati e provenienti da famiglie di professionisti, sono stati denunciati in stato di liberta'
(20 aprile 2009)
FONTE

sabato 18 aprile 2009

Lettera a Berlusoni di Jean-Paul Pougala (Africano e cittadino italiano)

Moncalieri il 2 aprile 2009

Presidente ,

Una settimana dopo l’insediamento del Suo , il ministro dell’Interno dichiarava ad una trasmissione televisiva, con una ingenuità sconcertante, che tutti potevano constatare che da quando il Suo era ritornato al potere, non c’erano più sbarchi dei migranti sulle coste meridionali del Paese. Egli contrapponeva il presunto lassismo del precedente della al nuovo pugno duro della destra al potere. Soltanto che non aveva consultato la meteorologia per accorgersi che in quei giorni il mare era mosso e impediva a quei morti di fame di mettersi in viaggio.

Qualcuno è veramente convinto che esista uno solo dei migranti che prima di mettersi in viaggio si preoccupa di una qualche legge restrittiva fatta in o altrove? Lei pensa che il famoso “Libretto Rosso”, che bollava i migranti italiani in America negli anni 20 come “analfabeti” e li costringeva alla “quarantena”, li scoraggiasse veramente a sbarcare nel “nuovo mondo”?

Presidente, da che mondo è mondo, i poveri che vivacchiano qui è là alla ricerca di una vita felice non hanno mai goduto di alcuna libertà.

Hanno sempre subìto. Oggi i paesi poveri si vantano del fatto che i soldi loro mandati a casa dai loro emigrati nei paesi ricchi sono il doppio dei soldi dei vari prestiti che ricevono dal sistema finanziario internazionale, anche se nel paese di arrivo sono trattati peggio dei topi da schiacciare.

Passa il tempo, ma la storia è la stessa.

Il 19 Ottobre 1945 è il Italiano che firmava un accordo per mandare i suoi figli a lavorare come schiavi nelle miniere del Belgio per avere in cambio 24 quintali di carbone all’anno per ogni Italiano. Un altro accordo, l’anno dopo, e cioè il 23 giugno 1946, offriva al Belgio 50.000 nuovi schiavi Italiani per quei pozzi della morte dentro i quali i belgi non volevano più scendere. Quando gli indigeni non vogliono fare un mestiere o è da schiavi o è da morte sicura.

Dieci anni dopo, a Marcinelle morirono 262 persone su 274 minatori, più della metà dei quali italiani, l’8 agosto del 1956. Ma quanti di quei 136 poveracci nostri connazionali che sono morti dentro quei pozzi sapevano che sulla loro testa era convenuto il “pizzo” del Italiano? La stessa cosa è successa nella tragedia della miniera di Monongah, nei pressi di Pittsburgh negli il 6 dicembre 1907. Furono dichiarati 171 morti ufficiali italiani; gli altri 135 erano senza documenti, i cosidetti “clandestini”, e furono sepolti in una fossa comune, perché anche allora, i clandestini erano trasparenti e nemmeno la morte poteva suscitare per loro la pietà umana dei beati americani, dei beati “cittadini”. Ancora la stessa cosa il 22 Ottobre 1913 con la sciagura di Dawson nel Nuovo Messico, sempre negli , in cui morirono 265 minatori immigrati tedeschi, finlandesi, greci, cinesi, britannici, polacchi, svedesi e italiani, di cui 146 Italiani, cioè più della metà nostri connazionali. Erano talmente inutili e trasparenti agli occhi dei nostri governanti, quei poveracci emigrati, che bisognerà aspettare 90 anni per avere un riconoscimento ufficiale da parte del nostro Paese, quando il 3 settembre 2003, nell’occasione della festa americana del (labour day) il Console Generale d’ a Los-Angeles, Diego Brasioli, depose una targa commemorativa nel cimitero di Dawson, diventato dal 1992 cimitero nazionale d’importanza storica, con tutte quelle croci bianche con nomi e cognomi italiani.

Oggi, gli schiavi si chiamano “Badanti”.

Lavorano 20 ore su 24 per 600 Euro al mese.

Nessun italiano vuole fare quel da schiavi. Le miniere di allora sono diventate i cantieri pericolosi di oggi, le acciaierie pericolose, le concerie pericolose. Gli “Italiani” di allora, sono diventati gli “extra-comunitari” di oggi. Cambia il tempo e la scena del delitto ma le tecniche e le forti voglie dello sfruttamento rimangono uguali. Cambiano gli attori e lo spazio, ma la ruota gira nello stesso senso, nel quale tutti ci trovano il loro tornaconto, tranne che il migrante. In , gli immigrati dai paesi poveri rappresentano meno del 5% della popolazione, ma sono il 50% dei morti sul e come risulta dalle statistiche ufficiali, il 70% di quei morti era al primo giorno di (che sfortuna !)

Quanti di quei poveracci che muoiono tutti i giorni nei cantieri italiani sanno che il loro destino è deciso da altri? Quanti di quegli ingenui sognatori della felicità che spariscono nel cimitero del Mediterraneo nel loro tentativo di arrivare sulle coste italiane sanno che sono spinti a lasciare il loro Paese proprio dai loro governanti che vogliono sbarazzarsene a poco costo e spedirli all’Estero per aspettare da loro i proventi della loro sofferenza nei paesi di arrivo? Come i migranti Italiani nei vari paesi nel secolo scorso, quei migranti sono delle vittime del sistema dello sfruttamento mondiale, vittime delle dittature che fingiamo di non vedere in quei paesi, vittime del sistema sociale italiano, l’unico dell’Unione Europea che ha lasciato scoperto l’accompagnamento della terza età con strutture adeguate statali, perché sapeva di poter avere a disposizione nuovi schiavi per ovviare a quella mancanza. E la finzione di non volerli, tramite lo stratagemma del permesso di soggiorno a pagamento, non è altro che l’ennesima trovata per indebolire al massimo la loro capacità di ribellione e il rifiuto del loro di schiavi moderni.

Presidente, il popolo Italiano dà l’otto per mille a dei missionari per mandarli nella nostra foresta in Africa per portare la Civiltà e insegnarci come Bianche e Neri, siano tutti fratelli e che dobbiamo amarci tutti quanti; ma quando prendiamo gusto a questa lezione di amore disinteressato e veniamo qui per completare il nostro percorso per diventare dei veri civilizzati, ci volete mettere in prigione perché non abbiamo bussato alla porta prima di entrare? Quando non basta l’8 per mille, avete introdotto il 5 per mille sempre per aiutarci, perché siete buoni, tanto buoni per noi poveretti d’Africa.

Allora c’è qualcosa che non va. Come minimo, visto la vostra bontà infinità perfino di assisterci nella nostra foresta anche quando non ci conoscete personalmente, ci saremmo aspettati che all’arrivo ci fossero tutti i nostri fratelli Bianchi ad accoglierci nel paradiso Europa, come vi sforzate a dipingere mentre siamo nella foresta.

Presidente, Lei che ha modo di incontrare il Papa, potrebbe chiedergli come si sente lui quando si autoproclama difensore dei poveri e parla anche a nome mio e poi quando arriviamo nel suo paese siamo trattati come ? E già che ci siamo, Presidente, perché non suggerisce a qualcuno dei suoi ministri di dare coerenza al suo odio per i poveri del mondo e gli Africani rinunciando ad ospitare la casa dei poveri del mondo, dei morti di fame di tutto il mondo che è la FAO? Non Le sembra contraddittorio che l’, che ospita la FAO, sia proprio il Paese più cattivo con i poveri? Il più attivo a mettere in carcere i poveri del mondo perché fuggiti dalla fame e giunti fino a qui solo perché non hanno bussato?

Passano i giorni e l’odio del Suo verso gli stranieri dimostra di non avere limiti.

Ho deciso di scriverLe questa lettera come Africano, ora cittadino italiano, residente in e come scrittore. Anche se lo scempio di discriminazione al quale stiamo assistendo gode di un silenzio assordante da parte degli intellettuali di questo paese. Martin Luther King diceva: Mi fa più paura il silenzio degli Onesti della cattiveria dei disonesti.

Presidente,

Vorrei fare una scommessa con Lei a proposito della Sua legge per i medici che dovrebbero denunciare i cosiddetti “clandestini”.

Se questa dura e viene applicata, conosceremo in virus non noti come quello di “Ebola”.

Noi emigrati d’Africa abbiamo conosciuto il nostro primo medico in nel 1992, con la famosa Legge Martelli che ci permetteva semplicemente di incontrare un “dottore”. E non era per magnanimità, ma perché c’era il riaccendersi di vecchie malattie scomparse nelle popolazioni indigene, come la tubercolosi. Questa legge ha permesso di salvare persone stranere che ignoravano di essere malati, abituati come eravamo alla semplice medicina da banco in vendita , per qualsiasi male.

Presidente, Lei si ricorda come è morto il ciclista Fausto Coppi? Semplice malaria. Ma i medici non lo hanno capito subito. Se i nostri medici non possono beneficiare della possibilità di confrontarsi in modo conoscitivo con le malattie tropicali che gli Africani portano con sé, come faranno a diagnosticare e salvare il malato italiano che si presenta con sintomi sconosciuti?

Presidente ,

L’odio contro gli immigrati dai paesi poveri in tutta Europa è diventato uno sport di massa al livello governativo.

Presidente, si ricordi che il popolo Europeo nei confronti di questi morti di fame che arrivano è come nella situazione di uno che vive nella stessa casa con la suocera che non sopporta. Ma se questa, per ragioni economiche, non può vivere altrove, è lui che deve cambiare atteggiamento, costretto com’è a condividere quella casa con la insopportabile suocera.

Se qualcuno spiega al popolo italiano di non essere perfetto, essendo il paese più indebitato di tutta l’Unione Europea, con un servizio pubblico dei peggiori, il livello culturale della popolazione dei più bassi, senza parlare della criminalità organizzata ecc. e malgrado questo viene accettato dagli altri Europei, gli Italiani sarebbero meglio in grado di fare uno sforzo per accettare la convivenza con gli ospiti stranieri che sono stati costretti di accettare nella nostra casa . Se non si fa questo pedagogico, arriverà anche in quello che è capitato agli Italiani marginalizzati all’estero. E cioè, nasceranno tra questi nuovi migranti, nuovi comportamenti delittuosi, nasceranno nuove . Più gli Italiani erano emarginati negli Stati Uniti, in Francia, o in Australia, e più si chiudevano in un comunitarismo dentro il quale si creava una specie di patto di sangue per non tradire uno con cui si condivideva la stessa frustrazione.

Sta accadendo la stessa cosa anche in . I cosiddetti “clandestini” ci sono e non spariranno. La maggior parte accetterà lo sfruttamento del trasparente perché senza documenti, ma esiste una minoranza che si ribellerà e contro questa non ci sarà arma per farvi fronte. Perché ciascuno tenderà a proteggere i membri della sua comunità a qualsiasi costo. E’ cosi che nascono le guerre civili nei paesi dai quali proveniamo. Arriviamo con il virus della guerra civile nella nostra testa, ci manca solo che qualcuno ci il pretesto per riproporre anche qui l’unica realtà che conosciamo: la guerra tribale o etnica o razziale. Le ronde vanno bene, anche a New-York esistevano le ronde degli Irlandesi contro gli Italiani designati come il male incarnato. E sappiamo come è andata a finire e cioè che quegli Italiani (che non avevano niente da perdere) hanno sconfitto le ronde con metodi ancor più violenti di chi le aveva iniziate. Quando lo piuttosto che creare la pace sociale, ha il lusso di dividere i suoi cittadini tra buoni e cattivi e mettere gli uni contro gli altri, siamo solo seduti su una bomba che aspetta la sua ora per esplodere.

Le scrivo questa lettera per disinnescare la videnza quando siamo ancora in tempo. Il concetto di “Bambini Stranieri” fa parte di quella visione e esiste solo in . Perché in tutto il mondo, i bambini che nascono in un Paese e crescono in quel Paese, sono di quel Paese perché non conoscono altre realtà. La loro vita, il loro orizzonte è quel paese. La frustrazione che il Suo sta infliggendo a questi nuovi cittadini è tale che non c’è bisogno di essere uno psichiatra per prevedere che tra non molto, anche da noi, dovremo abituarci a reazioni violente. Come è gia avvenuto in altri paesi di prima di noi e dove hanno voluto dividere piuttosto che unire.

Sono 24 anni che sono giunto in questo Paese e dal primo giorno che sono arrivato qui, la questione era una emergenza. Quando eravamo in 100.000 gia si gridava che eravamo in troppi. Ci si vietava di lavorare perché studenti Africani. Dopo 24 anni, non è cambiato nulla. Si è passati di legge in legge e ognuna ha tentato, senza riuscire, di fermare l’afflusso di morti di fame.

Presidente, Le consiglio di consultare anche online le vecchie riviste di New-York degli anni 1930 per vedere che gli Italiani erano trattati peggio di come trattate oggi gli africani in ; ma Le assicuro: non sono le disinfestazioni all’ammoniaca che hanno impedito l’arrivo degli italiani negli Stati Uniti.

L’umiliazione che subiscono gli stranieri oggi in non sarà mai un freno al loro arrivo. Potrete tenerli anche 5 anni in prigione, ma sarà sempre meglio che morire di fame o di malaria nella nostra foresta senza luce o servizi igienici. Anzi, 5 anni vorrà almeno significare essere certi di rimanere in vita e stia sicuro che nessuna umiliazione o minaccia potrà fermare un uomo che vuole solo vivere. Una volta che la sua avrà capito questo piccolo dettaglio, forse sarà venuto il momento di cambiare registro. Qualcuno avrebbe voluto che europei e africani vivessero in due pianeti diversi cosicché gli emigrati non potessero prendere la navicella per arrivare fino a qui. Ma purtroppo, siamo non solo sullo stesso pianeta, ma siamo pure vicini di casa e non sarà il pattugliamento davanti alle coste libiche a cambiare qualcosa. L’Australia ha gia provato questo contro i Cinesi, per scoprire 10 anni dopo che la comunità Cinese in Australia era quadruplicata, proprio mentre si allestiva il presunto controllo in alto mare con immediate deportazione presso isole compiacenti dell’Oceania.

24 anni fa quando sono arrivato in , eravamo in pochi, eppure si diceva già che eravamo un problema. C’era gia l’emergenza Emigrazione. Sono 15 anni che Lei è entrato in con un alleato che ha sempre battuto sopra quel tasto. Ma a Lei sembra che sia cambiato qualcosa in meglio da tutte le leggi fatte dai Suoi successivi governi? Dopo 15 anni, nei Consigli di Ministri, c’è all’ordine del giorno la stessa emergenza: . A Lei non viene il dubbio che ci debba essere qualcosa che non quadra? Un’emergenza, dopo 15 anni, non è più una emergenza, è un problema serio. E un problema serio, non si risolve con proclami o slogan di compiacimento per gli elettori. Possiamo moltiplicare le leggi restrittive, moltiplicare i fogli di via, risarcire la Libia di colpe della colonizzazione, nella speranza che blocchino gli sbarchi. L’errore di chi prende queste decisioni è un piccolo dettaglio e cioè, quello di confondere un problema complesso, una malattia endemica con un raffredore che passerà appena ci si metterà al calduccio. E non saranno i molteplici rimpatri con i suoi altissimi costi per gli italiani a risolvere il problema.

Il suo Ministro dà facilmente l’esempio ai paesi europei con cui fa a gara per umiliare meglio gli Africani. Ma dimentica che ci sono altri paesi europei, che sono più civili e per questo non temono che la loro civiltà sia in qualche modo snaturata dall’arrivo di qualche morto di fame. Il Ministro Maroni fa finta di ignorare che la sua collega Svedese, che cumula le funzioni di Ministro dell’Integrazione con quelle del Ministro della parità dei sessi, è una Signora nata in Burundi da entrambi genitori Congolesi e giunti in Svezia a 12 anni. Al suo arrivo, non ha subito discriminazioni e non ha dovuto perdere 2 anni in una classe di morti di fame come lei prima di incontrare gli svedesi; anzi, come racconta lei stessa, è stata aiutata al suo arrivo da compagne di classe di 12 anni a superare le differenze di , di lingua e oggi lei è Ministro di uno dei Paesi più ricchi al mondo, che controlla fabbriche anche in nei campi vari dell’alta tecnologia. Cosa sarebbe successo a questa ragazza se per sua sfortuna i suoi genitori fossero arrivati in anzichè andare in Svezia? Avrebbe ricevuto, come i miei figli, una lettera dalla municipalità per dire che era una clandestina e che a 13 anni stava per essere cancellata dalla lista di residenti?

Il reddito pro-capite della Norvegia è 100 volte superiore a quello dell’Arabia Saudita, altro produttore di petrolio. Ebbene in quel paese, dal 18 ottobre 2007. la Ministra dell’Infanzia e delle Pari Opportunità, di nome Manuela Ramin-Osmundsen (44 anni) è Nera, e d’origine straniera essendo nata nei Caraibi, in Martinica. Qualcuno del Suo che collega le origini del popolo del Nord d’ ai Celtici della Norvegia, lo sa che quei “pazzi Norvegesi” hanno affidato il dicastero della prima infanzia a qualcuno che arriva da un paese dove non c’è la stessa del rispetto dei bambini?

Presidente, pensi a cosa sarebbe successo a Michaëlle Jean, la signora di origine di Haiti che occupa il posto più alto e più antico dell’ordinamento politico canadese se si fosse fermata in dopo i suoi studi all’Università di Perugia, all’Università di Firenze e all’Università Cattolica di Milano. Sarebbe forse una clandestina o una che deve sottostare alla tassa sul permesso di soggiorno. Ebbene la Jean è la Governatrice Generale del civilissimo Canada, cioè è una donna Nera nata nel paese più povero d’occidente ed è Capo dello e cioè presidente del paese più vasto del mondo dopo la Russia. A Lei pare che i Canadesi siano diventati meno canadesi o meno civili perché a firmare le loro leggi è una che viene da un paese povero?

«Se i nostri problemi possono essere nuovi, quelle che ci serve per superarli non lo è. Quello che ci serve è la stessa perseveranza e idealismo che i nostri fondatori hanno mostrato. Quello che ci serve è una nuova dichiarazione di indipendenza, non solo nella nostra nazione, ma nelle nostre vite - dall’ideologia e dal pensiero limitato, dal pregiudizio e dalla bigotteria». Queste frasi sono state pronunciate da Barack Obama il sabato 17 Gennaio 2009 all’inizio delle cerimonie della sua investitura. Presidente , anche a Lei non è sembrato, sentendo queste parole, che Obama stesse proprio parlando a qualche membro zelante del Suo che scambia la lungimiranza del politico con il fatto di mostrare i muscoli ai più deboli, senza spostare il problema di un millimetro?

Ma voglio lasciare da parte l’inutile e sterile polemica, per invitarLa a fare Sua quelle dichiarazioni di Obama, pronunciate preoccupandosi di come sarà giudicato dopo 100 anni. Prenda il coraggio per rifondare l’’indipendenza dell’, questo bel Paese che sprofonda anni dopo anni nell’abisso dei suoi problemi troppo a lungo irrisolti. L’ è l’unico paese dell’Unione Europea che umilia i suoi bambini nati sul territorio richiedendo per loro un permesso di soggiorno solo perché i genitori provengono da altri cieli.

Rifletta sul fatto che la popolarità delle scelte politiche non è sempre sinonimo della loro validità sul piano storico. “Non mi sono mai, nella mia vita, sentito più certo di stare facendo la cosa giusta, che quando firmai quel documento.” Abraham Lincoln dirà in seguito alla Proclamazione di emancipazione, il 22 luglio 1862. Quando il presidente francese F. Mitterand ha abolito la pena di morte in Francia, andava contro il 75% dei suoi concittadini, ma è passato alla Storia come il presidente che ha avuto il coraggio , la lungimiranza e l’intelligenza di cercare il risultato delle sue decisione politiche oltre il tempo dell’esercizio della sua funzione, oltre il tempo della sua stessa vita.

Presidente, qualche mese fa c’è stata una virulenta polemica perché Lei aveva definito “abbronzato” il nuovo Presidente statunitense. Ciò che ha creato il problema oltre Atlantico, non è il Suo commento sul colore della pelle del nuovo ospite della Casa Bianca, ma il Suo rifiuto della differenza, la Sua animosità per la diversità. Lei è Presidente di Consiglio di tutta l’ e di tutti gli Italiani, compreso me. E quando Lei manifesta pubblicamente il Suo rifiuto della diversità, Lei lo fa anche a nome mio, di una persona che è tremendamente diversa, perché io sono Nero come il carbone. Non m’interessa il giudizio che ha nel Suo cuore contro di me, questo è affidata alla Sua intimità.

Ma in pubblico Lei è il Presidente di tutti e pertanto, deve rispettare anche me, fuggito dalle tenebre dell’Africa e, ora, cittadino italiano.

Presidente,

Voglio concludere questa mia lettera aperta a Lei, parlandoLe di uno dei nostri connazionali che sicuramente Lei conosce. E’ un tale di nome Empedocle, nato nel 492 A.C., in una famiglia aristocratica di Agrigento. Era medico, ingegnere, filosofo e uomo politico. Ci ha regalato due bellissimi libri: Il Trattato della Natura e le Purificazioni.

Empedocle oppone il bene al male. Parla delle due forze antagoniste dell’amore e dell’odio e del sopravvento naturale dell’odio sull’amore.

Spiega come la nostra società è dominata dalla progressione continua della discordia e dell’odio, e che nel mondo è naturale il sopravvento delle forze della divisione e della distruzione. Per la sua azione Empedocle era cosi scomodo che fu cacciato dalla sua città natale, Agrigento e indotto al suicidio, che attuò gettandosi nel cratere dell’Etna nel 432 A. C., come sacrificio estremo di un uomo che voleva ad ogni costo andare contro i luoghi comuni per fare vincere l’amore e l’amicizia sull’odio e la discordia. Dopo 24 Secoli, non crede Lei Presidente, che sia il ruolo del politico andare contro le realtà scomode e agire per evitare che si consumi la fatalità del facilissimo sopravvento dell’odio sull’amore???

Cordialmente.

Jean Paul POUGALA

Jean-Paul Pougala è autore del libro “in fuga dalle tenebre” (G. Einaudi 2007) utilizzato da molti licei in come libro di testo. www.infugadalletenebre.it


http://www.orsatti.info/2009/04/04/lettera-a-berlusoni-do-jean-paul-pougala-africano-e-cittadino-italiano/

MALTA, ITALIA E L' IMMIGRAZIONE

Pinar, alta tensione con Malta
L'armatore: "Situazione tragica"

Elicottero medico sulla nave turca ancora bloccata al largo di Lampedusa
Nuovi sbarchi in Sicilia. Trainata a Pozzallo imbarcazione con trecento a bordo


Pinar, alta tensione con Malta L'armatore: "Situazione tragica"

Il Pinar

RAGUSA - "La situazione è tragica. Ci servono coperte e acqua non potabile: le cisterne sono ormai vuote". lancia un grido d'allarme Baris Erdogdu, armatore del mercantile turco Pinar fermo da giorni in acque internazionale e al centro di un braccio di ferro diplomatico tra Malta e Italia per la destinazione finale di 154 extracomunitari che erano stati soccorsi dall'equipaggio e presi a bordo. Il governo italiano sollecita Malta a intervenire "di fronte alla grave emergenza umanitaria verificatasi a bordo". Intanto continuano gli sbarchi di immigrati in Sicilia.

Il Pinar. Il mercantile turco è fermo a 25 miglia a sud di Lampedusa, al limite delle acque territoriali italiane. Tra i migranti presi a bordo del Pinar ci sono 37 donne, due incinte, e una quarantina di minori. Il corpo senza vita di una donna incinta, che era sul barcone soccorso, è stato sistemato su una scialuppa. Le 152 persone si trovano sul ponte del mercantile, perché le stive sono piene di grano, e quindi non sono al riparo dal vento e dalle intemperie.

Medici a bordo. Parlando via radio col comandante della nave l'armatore ha saputo che una quarantina di persone stanno molto male. Intanto sulla nave è giunta l'equipe medica, partita da Catania con un elicottero, che visiterà nuovamente i migranti.

Frattini. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si legge in una nota della Farnesina, "ha impartito già ieri istruzioni all'ambasciatore italiano a Malta, Andrea Trabalza, di compiere passi al massimo livello per sollecitare un adeguato intervento da parte delle Autorità della Valletta". Frattini, prosegue la nota, ha "allo stesso tempo rivolto all'Unione Europea un pressante appello affinché l'Agenzia Europea per la gestione ed il controllo delle frontiere esterne (Frontex) assolva con la necessaria rapidità ed efficacia agli impegni che le sono propri, ed assicuri una soluzione urgente ad una dolorosa questione che non può che travalicare l'ambito bilaterale italo-maltese, e piuttosto investe in pieno le competenze e le responsabilità dell' intera Unione". Ieri l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva rivolto un appello all'Italia e a Malta affinché consentano lo sbarco dei 154 immigrati.

Ancora sbarchi. Un'imbarcazione, con a bordo circa 300 clandestini, tra cui donne e bambini, è stata soccorsa stamane al largo di Pozzallo, nel Ragusano. Sul posto si sono dirette due motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Ventisei extracomunitari, tra donne e bambini, sono stati immediatamente soccorsi e sono giunti nel porto di Pozzallo, dove riceveranno cura ed assistenza. Gli altri immigrati sono stati trainati dal rimorchiatore Priolo, e in tarda mattinata sono giunti a Pozzallo.

(18 aprile 2009)

http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-5/barcone-pozzallo/barcone-pozzallo.html

IMMIGRATI: MARONI, MALTA FACCIA SUA PARTE NEI SOCCORSI

giovedì 16 aprile 2009

E' ora di dire basta!!

"Sporca negra", donna di origine somala presa a bastonate alla fermata del bus
Una ragazza di origine somala con passaporto italiano è stata aggredita mercoledì mattina, verso le 10.30, alla fermata del bus 17, in piazza Carducci. Un uomo sulla sessantina, non identificato dalle forze dell'ordine, l'ha prima insultata e poi colpita alle spalle con il bastone da passeggio. Ecco il racconto della giovane donna
di Federica Cravero

Sabrina, il nome di fantasia, è uno scricciolo e dimostra meno anni di quelli segnati sui documenti, nata a Mogadiscio nel 1970 da papà italiano e mamma somala. Una donna minuta e fragile, invalida a causa della poliomielite che l´ha colpita da bambina. Ma il carattere di chi ha passato una vita irta di difficoltà e non ha intenzione di arrendersi nemmeno adesso. «Non voglio compassione, ma voglio parlare anche per tutte le altre persone che vengono aggredite per il colore della pelle, ma magari sono clandestine e non lo possono denunciare come ho fatto io», spiega. Ieri mattina poco prima delle 11 era alla fermata del 17 di piazza Carducci, quando è stata aggredita da un uomo sulla sessantina e picchiata con il bastone che usava per camminare. Dieci giorni di prognosi per trauma cranico e contusione alla spalla. «Mi alzo alle 5 per andare a lavorare, pulisco uffici comunali per conto di una cooperativa sociale - racconta la donna - finisco di lavorare alle 10,30 e quando aspetto il pullman per tornare a casa, se c´è un posto libero sulla panchina, mi siedo». E così ha fatto. Lei aspetta il 17, la testa appoggiata su una mano per la stanchezza. «Ma quell´uomo ha iniziato a insultarmi - dice lucida, appena ripresasi dallo choc - mi diceva "Negra di merda" ma io mai e poi mai mi sarei alzata, non volevo dargliela vinta. Lui continuava e allora mi sono girata per dargli le spalle. E lui mi ha picchiato, due volte con il bastone». È stato allora che un ragazzo che era alla fermata l´ha bloccato. «Gli ha urlato che era pazzo, ha preso il bastone e gliel´ha buttato via. Meno male che c´era lui perché alla fermata c´era tanta gente, ma degli altri nessuno ha mosso un dito», si lamenta. Sono attimi concitati, l´uomo si infila sul primo bus che passa e se ne va, mentre la donna e il ragazzo che l´ha soccorsa attendono l´arrivo della polizia.Il commissariato Barriera Nizza cercherà di dare un nome all´aggressore. Anche la politica si muove: il fidanzato della giovane fa parte del Collettivo comunisti piemontesi, che protestano: «Quest´aggressione è figlia del clima xenofobo che si respira». «Non è la prima volta che mi accade una cosa del genere - conclude Sabrina - Nel 1996ero andata in ospedale per curare una costola, mi cacciarono dicendo "Non curiamo i negri" e finimmo in procura. Pensavo non mi sarebbe accaduto più nulla e invece... Adesso ho paura, tanta paura, ma non mi arrendo».

(16 aprile 2009)

mercoledì 15 aprile 2009

Lampedusa/ "Picchiati dalla polizia". Le storie choc dei detenuti

Lampedusa/ "Picchiati dalla polizia". Le storie choc dei detenuti

Mercoledí 15.04.2009 11:34

LO SPECIALE

Lampedusa: la storia recente del Cie di contrada Imbriacola

Manganellati dalla polizia, "senza pietà”. Ferite alla testa, fratture alla mano e contusioni alle gambe. Per la prima volta, parlano i detenuti del Centro di identificazione e espulsione di Lampedusa. Denunciano gli abusi di alcuni agenti delle forze dell’ordine, le condizioni di sovraffollamento, ma anche la diffusa somministrazione di psicofarmaci e provvedimenti di respingimento differiti che non hanno tenuto conto delle settimane pregresse di detenzione scontate in condizioni del tutto arbitrarie. Nel Cie si trovano attualmente oltre 600 tunisini più un centinaio di marocchini. Molti sono detenuti da oltre tre mesi.

I PESTAGGI- “Ci hanno picchiato coi manganelli, ci hanno lanciato gas lacrimogeni. E noi eravamo senza niente. Eravamo in un angolo, e c’era gente che dormiva ancora. Una cosa mai vista”. Mo. ricorda così la mattina del 18 febbraio 2009. Quel giorno un incendio distrusse completamente uno dei padiglioni del Cie di Lampedusa. Il fuoco venne appiccato da alcuni detenuti tunisini, in risposta alle cariche della polizia - più di un centinaio di agenti in tenuta antisommossa - che avevano ferito diverse persone. F. ha assistito alla scena: “Li hanno trattati in un modo selvaggio. Senza pietà”.



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“C’erano poliziotti dappertutto - dice un altro testimone sotto anonimato, M. - tutti che picchiavano con i manganelli. Davanti a me, c’era uno che sanguinava e un poliziotto che l’ha manganellato sulla testa. Un altro aveva la mano rotta. E c’era uno che non riusciva a camminare sul piede”. Gli scontri sarebbero iniziati davanti alla mensa, dove quattro o cinque agenti avrebbero aggredito - secondo M., che era presente sul luogo – alcuni tunisini che li avevano attaccati verbalmente. Da lì la protesta si è allargata alle centinaia di persone presenti ed è esplosa con il lancio di almeno quattro gas lacrimogeni e le cariche. Ma anche nelle ore immediatamente successive. Y. ne parla come di qualcosa di noto: “Tutti sanno che quel giorno la polizia picchiò i tunisini, anche le organizzazioni che lavorano qui. La polizia era così arrabbiata. Alcuni li prendevano in due sotto braccio, e li portavano in bagno, uno alla volta. Poi chiudevano porte e finestre e li picchiavano”.

GLI PSICOFARMACI- La somministrazione di farmaci antidepressivi e calmanti nel Cie di Lampedusa sarebbe una pratica diffusa, secondo i detenuti intervistati. “La gente è troppo nervosa, prendono dei calmanti. Sono in molti. Li vedi perché hanno la bocca storta. Le medicine sono forti”, dice M. Altri invece lamentano la scarsità di medicinali. “Per qualsiasi malattia, ti danno sempre la stessa pasticca – dice Mo”. Y. invece è convinto che a volte vengano messi dei calmanti nel cibo della mensa. “Era un paio di mesi fa. Un paio d’ore dopo pranzo eravamo tutti così stanchi che volevamo dormire.. abbiamo pensato che ci fosse qualcosa nel cibo”.

Lampedusa/ "Picchiati dalla polizia". Le storie choc dei detenuti

Mercoledí 15.04.2009 11:34



SOVRAFFOLLAMENTO- . Il centro è ancora sovraffollato: ospita più di 700 persone in una struttura pensata per 381 posti e in parte distrutta dall’incendio. “Nella mia camera – dice F. – siamo 21 persone in 12 letti. La gente dorme sotto i letti, su dei materassini. Oppure in due sullo stesso letto. E alcuni dormono ancora nei corridori”. Niente rispetto a fine gennaio, quando il centro era arrivato a ospitare più di 1.900 persone. “All’epoca – dice Mo. - le condizioni erano terribili. Docce e toilette erano fuori uso. In una camerata eravamo oltre 100 persone. Dormivamo in due su ogni materasso e in due sotto il letto, per terra, i piedi davanti alla testa dell’altro”.

CONVALIDE- Il decreto che ha trasformato il centro di prima accoglienza di Contrada Imbriacola in un Cie è entrato in vigore il 26 gennaio. A partire da quello stesso giorno, la Questura di Agrigento ha iniziato a rilasciare i provvedimenti di respingimento ai 1.134 detenuti presenti. Nel giro di due settimane, Giudici di pace del Tribunale di Agrigento e avvocati d’ufficio hanno provveduto alla convalida di quei provvedimenti, e quindi al trattenimento per 60 giorni degli stranieri. Sessanta giorni che però non hanno tenuto conto del periodo di detenzione già scontato. L’udienza di convalida del trattenimento di Y. e Mo. si è tenuta il 30 gennaio 2009. I due erano detenuti nel Cie da tre settimane, dal loro arrivo il 9 gennaio. I 60 giorni di trattenimento però sono iniziati dal 31 gennaio. Così 21 giorni di detenzione arbitraria, senza la convalida di un giudice, diventano la norma alla frontiera d’Italia, alla frontiera del diritto.

ATTESA- Dopo le proteste che portarono all’incendio del 18 febbraio scorso e dopo un recente sciopero della fame, allo scadere dei due mesi di trattenimento, nel centro è iniziato il conto alla rovescia. Il 26 aprile scade infatti il decreto 11/2009 che aveva prolungato a sei mesi il termine della detenzione nei Cie, normalmente di 60 giorni. La norma è stata bocciata dalla Camera lo scorso 8 aprile. E se il Governo non varerà un altro decreto, dal 27 aprile i detenuti del centro torneranno in libertà.

LA STORIA- La moglie vive a Brescia con suo figlio. Ed è incinta del secondo. Lui è a Lampedusa. Detenuto nel Centro di identificazione e espulsione. E' il caso di un cittadino tunisino. Uno dei 900 trattenuti sull'isola da metà dicembre. Il suo ricorso contro il provvedimento di respingimento è stato rigettato per "difetto di giurisdizione”. Nel merito sarebbe inespellibile. Ma di fatto nessun Tribunale si dichiara competente. Il suo non è un caso isolato. Sono diversi i detenuti del centro che hanno presentato ricorso.

L'esito è per tutti lo stesso. Il Tribunale amministrativo della regione Sicilia (Tar) di Palermo si è dichiarato incompetente, indicando come competente il Tribunale ordinario di Agrigento. Le ultime due sentenze sono state pronunciate questa mattina. Tuttavia il Giudice di Pace di Agrigento si è dichiarato incompetente per difetto di giurisdizione. Tutto questo sebbene nel 2006 lo stesso Giudice di Pace si fosse dichiarato competente per dei casi simili. Se infatti il Testo unico sull'immigrazione indica nel dettaglio i termini e i modi per impugnare i provvedimenti di espulsione, non dice invece niente sul tribunale competente per i ricorsi avverso i provvedimenti di respingimento in frontiera. Tecnicamente ci sarebbe bisogno di un ricorso in Cassazione per risolvere la questione. Ma i tempi del ricorso sarebbero lunghi. Almeno un anno. E da qui a un anno tutti i migranti detenuti sull'isola saranno presumibilmente già stati rimpatriatihttp://www.affaritaliani.it/cronache

http://www.affaritaliani.it/cronache/lampedusa_picchiati_polizia_storie_choc_detenuti150409.html

Immigrazione cinese in Italia

Immigrazione cinese in Italia
Mercoledi, 4 di Ottobre del 2006 (19:38:17) di chinese

Breve storia dei flussi migratori provenienti dal Celeste Impero: l'immigrazione cinese in Europa è un fenomeno che è cominciato circa un secolo fa....

L'immigrazione cinese in Europa è un fenomeno che è cominciato circa un secolo fa. La sua storia è strettameente legata a quella della Cina. Prima della Seconda Guerra Mondiale gli immigrati cinesi erano in gran parte lavoratori che venivano a lavorare in Europa con vari contratti da subordinati.

Nel 1949 nasceva la Repubblica Popolare cinese: la chiusura politica della RPC sfavorì l'emigrazione dalla Cina e solo con l'apertura della seconda metà degli anni '70 ripresero a gran ritmo i flussi migratori.
Gli immigrati cinesi in Europa provengono principalmente dalla provincia cinese di Zhejiang (che comprende città come Wenzhou, Wencheng, Ruian, Qingtian...).
E' interessante notare che lo Zhejiang non è assolutamente la regione più povera della Cina: negli ultimi anni ha conosciuto un grande sviluppo economico.

Allora cosa ha spinto migliaia e migliaia di giovani di questa regione a cercare fortuna all'estero? Probabilmente è stata la prospettiva di un facile successo e arrichimento...cosa che si è dimostrata infondata. Forse è stata l'intraprendenza degli abitanti di Zhejiang a spingerli in questa avventura di massa, la stessa che ha portato alcuni di loro ad accumulare discrete ricchezze, dopo anni ed anni di durissimo lavoro.
Non è stata la povertà in sè che ha spinto migliaia e migliaia di cinesi ad emigrare, quanto piuttosto una mancanza di opportunità, di un futuro certo.
Il discorso vale maggiormente per i cinesi che vogliono venire ora in Europa: purtroppo chi l' ha provato lo sa bene, la vita di un immigrato in Occidente è durissima.

In Italia la prima comunità cinese si era insediata a Milano, poi Roma, quindi Firenze e Prato.

A Milano le principali attività dei cinesi si concentravano (e tuttora è così) nel settore della ristorazione e commercio, mentre a Firenze e Prato si svilupparono attività legate alla lavorazione del pellame e di confezioni.
I cinesi del capoluogo toscano e quelli di Prato hanno saputo approfittare di una particolare situazione economica: la crisi della produzione tessile e pelletteria permise ai cinesi di acquistare laboratori e attrezzature a basso costo. (NB: a differenza di quanto credono molti, la crisi è venuta PRIMA dei cinesi).

Grazie alla loro proverbiale laboriosità, sopportazione della fatica e aiuti reciproci riuscirono (e riescono) a monopolizzare questo settore, non senza enormi sacrifici.
Non fu facile la vita dei pionieri cinesi a Firenze: la creazione di insediamenti ad alta densità cinese fu interpretata come una minaccia fisica (una invasione).
L'intolleranza era fortissima e altissima la tensione. Le autorità erano completamente impreparati ad affrontare una situazione del genere. Solo con la successiva dispersione la situazione si normalizzò. Negli anni Novanta molti cinesi di Firenze si trasferirono a Prato, per sfruttare le opportunità di lavoro offerte dal tessile.

La capacità di adattarsi ha portato i cinesi ad insediarsi pian piano in sempre maggiori città italiane e ora ci sono comunità cinesi di varie dimensioni in tutta Italia. Non mancano episodi di intolleranza ne numerose difficoltà che inevitabilmente investono ogni immigrato (lingua, burocrazia etc.), ma ormai i cinesi fanno parte integrante del tessuto economico italiano.

La vita quotidiana ed il lavoro comportano grosse difficoltà, ma la nostra comunità va avanti, con la consapevolezza di non essere più i figli poveri di un paese sconosciuto, ma i rappresentanti di una futura superpotenza mondiale.


martedì 14 aprile 2009

Un altro vile episodio di razzismo

L'AGGRESSIONE LUNEDì NOTTE A TOR BELLA MONACA

«Hai una macchina troppo vecchia»Lo picchiano e gli fanno perdere un occhio
La vittima è un 30enne senegalese colpito da due italiani
Prima lo ha preso in giro perché guidava una vecchia auto, secondo lui un modello fuori moda. Poi lo ha colpito con una bottiglia al capo fino a romperla, accompagnando l'aggressione con insulti razzisti. Vittima dell'ultimo episodio di xenofobia fra Tor Bella Monaca e Casilino è stato lunedì notte un cittadino senegalese di 30 anni ora ricoverato in prognosi riservata in ospedale. L'uomo, curato dai medici del Policlinico di Tor Vergata, perde la vista da un occhio per i colpi ricevuti dall'aggressore, B.M., 20 anni, pregiudicato, arrestato dai carabinieri nella sua abitazione sempre a Tor Bella Monaca. Il giovane è accusato di lesioni gravissime, aggravate dall'odio razziale. Per lo stesso reato è stato denunciato un suo amico sedicenne, che ha partecipato all'aggressione.
L'AGGRESSIONE - Il senegalese è stato affrontato dai due fuori da un bar di via Casilina. Erano le due di notte. Spalleggiato dal minorenne e anche da altri giovani, B.M. ha iniziato a prendere in giro il trentenne. Alla reazione della vittima ne è nato un violento litigio, al culmine del quale il ragazzo ha afferrato una bottiglia e si è avventato sull'altro colpendolo più volte. Proprio in quel momento è intervenuto un avventore del bar che ha cercato di proteggere il senegalese ma il suo tentativo è fallito. Dopo la fuga dell'aggressore e dei suoi complici, la vittima ha chiesto aiuto ai carabinieri. Più tardi gli investigatori della compagnia di Frascati e della stazione di Tor Bella Monaca hanno rintracciato B.M. a casa dove, nel corso di una perquisizione, è stata sequestrata anche la sua maglietta ancora sporca di sangue. Il ventenne è stato condotto nel carcere di Regina Coeli.
L'AGGRAVANTE - Al 20enne arrestato anche l'aggravante dell'odio razziale. L'aggressione, infatti, fanno notare i carabinieri della compagnia di Frascati, è stata preceduta da vari insulti tra cui «negro di m...». Le lesioni personali gravissime, contestate per la lesione permanente a una funzione vitale, in questo caso la vista, sono state aggravate, perché oltre all'uso della bottiglia l'aggressore ha ingiuriato l'uomo con frasi razziste. Il pregiudicato rischia, spiegano gli investigatori, dai sei ai 12 anni di carcere. L'aggravante farà salire la pena.

Rinaldo Frignani14 aprile 2009
dal Corriere della Sera on Line
commento:
chi gli ridarà l'occho?

sabato 11 aprile 2009

I morti che non vi dicono - Telecamera nascosta alla protezione civile

10 Aprile 2009 -- Scrive Claudio Messora alle 18.08 di oggi e diffonde il video - http://www.youtube.com/watch?v=zz8GuoCjIKo - che lui stesso ha girato con una telecamera nascosta: "Quello che posso fare è girare con la mia videocamera e tenere gli occhi e le orecchie ben aperti, essere pronto ad avviare la registrazione. Con qualsiasi mezzo: un dito, una nocca, il cappuccio di una penna. Davanti alle telecamere certe cose non te le dice nessuno. La conversazione che potete ascoltare nel video è avvenuta all'interno della base operativa della protezione civile, ricavata all'interno del Comando Scuola Sottofficiali della Guardia di Finanza, a L'Aquila. Chi parla è un'operativo con mansioni di livello, coinvolto nelle operazioni di recupero che conferma la presenza sotto le macerie dei vecchi palazzi del centro della città di decine (forse più di 100) corpi di migranti lasciati morire e mai recuperati..."

RIP L'AQUILA

l'aquila 10 aprile 2009

giovedì 2 aprile 2009

No comment

Foggia Do­po mesi di difficile conviven­za diversificate anche le fermate
Bus, una «linea» solo per gli immigrati
Decisione dell’azienda dei trasporti: residenti e immigrati viaggeranno su automezzi differenti


Il bus per gli immigrati
FOGGIA — Immigrati del centro di accoglienza e resi­denti a Borgo Mezzanone non viaggeranno sugli stessi autobus e non attenderanno i mezzi alle stesse fermate. Do­po mesi di difficile conviven­za spesso degenerata in risse l’Ataf ha deciso di potenziare i collegamenti da Foggia ver­so la borgata della linea 24 di­versificando però le fermate. Una decisione assunta an­che dopo alcuni incontri in prefettura. Il nuovo servizio entrerà in vigore da lunedì contemporaneamente alle va­riazioni di orari e percorsi su altre quattro linee: la 10, 11, 14 e la 31. Borgo Mezzanone è servita dalla linea di auto­bus 24 suburbana con capoli­nea alla stazione. Già da tempo la società di trasporto aveva potenziato il servizio con una seconda li­nea che dal centro di perma­nenza per gli extracomunitari di Mezzanone, raggiungeva il centro cittadino.
Ma il fatto che gli autobus partissero en­trambi dal capolinea della sta­zione ha creato non pochi problemi tra residenti e immi­grati. Soprattutto nelle ore se­rali. Mesi fa, dopo un inciden­te che coinvolse anche un au­tista malmenato alla fermata, l’Ataf chiese una maggiore presenza delle forze dell’ordi­ne alla stazione. Mentre per gli immigrati da lunedì non cambierà nulla, arriveranno e ripartiranno dalla fermata che c’è al capolinea della sta­zione; per i residenti di Borgo Mezzanone la fermata sarà in via Galliani. «E’ stato necessa­rio potenziare ancor di più queste linee su ri­chiesta degli abi­tanti della borga­ta e anche, dopo un confronto con la prefettura, di­stinguere le due fermate del capo­linea per evitare ogni possibile problema».
Antonella Caruso

mercoledì 1 aprile 2009

Dov'è finita la protezione della maternità?

Al Fatebenefratelli di Napoli il caso di una ivoriana in attesa dello status di rifugiato
Non ha potuto allattare il neonato. Il legale: applicano una legge che non c'è
Migrante partorisce in ospedalee gli agenti la fermano
di CONCHITA SANNINO

Kante con il piccolo Abou
NAPOLI - Voleva solo partorire il suo bambino. Si è ritrovata invece, dopo poche ore, con le forze dell'ordine richiamate in corsia da qualcuno dell'ospedale, forse un assistente sociale. Ha visto gli agenti che bussavano alla sua stanza di degente per la notifica di un ordine urgente: "Presentarsi in questura per l'identificazione". Ed è finita che quella madre ivoriana, ufficialmente "in attesa di status di rifugiato politico", non ha potuto allattare il suo neonato, Abou, per una decina di giorni, fino a quando non è arrivata dagli uffici dell'Immigrazione la conferma che il suo fascicolo esisteva davvero, e che quella donna non aveva raccontato frottole, né fornito falsa identità. Tutto incredibile, eppure vero. Proprio come se la controversa norma inserita dalla Lega nell'ambito del pacchetto sicurezza, quella che invita i medici a denunciare i pazienti senza permesso di soggiorno, fosse già entrata in vigore. Assaggio di una deriva annunciata. L'allarme lanciato da centinaia di specialisti in tutta Italia persino con petizioni inviate al capo dello Stato, il nodo dei "medici-spia" che ha infiammato il Parlamento spaccando perfino il Pdl, è già cronaca. Un caso unico. Che crea scandalo. A Napoli. Una vicenda rimasta sotto silenzio per alcune settimane. Avviene nel quartiere Posillipo, la città d'elite. Nell'ospedale retto da un ordine religioso, il Fatebenefratelli. Il 5 marzo scorso. Storia di Kante, giovane madre della Costa d'Avorio, 25 anni, vedova di un marito assassinato sull'uscio di casa nel 2005 nella loro città d'origine, Abidjan, in attesa da anni del riconoscimento dell'asilo politico. Kante vive ora alla periferia nord, un buco nell'alveare di Pianura, il quartiere della guerriglia sui rifiuti. Di aspetto fragile, sguardo spento dietro le numerose battaglie affrontate, Kante racconta: "In ospedale ci hanno chiesto i documenti, non gli è bastata la fotocopia del mio passaporto, mentre l'originale era trattenuto dalla polizia per la mia richiesta in corso. Non gli è piaciuta neanche la richiesta di soggiorno ormai scaduta. E per oltre 10 giorni mi hanno tenuta separata dal bambino".

Undici giorni è rimasto il piccolo Abou in ospedale: "Non lo hanno dimesso, non me lo hanno dato, fino a quando la questura ha confermato la mia identità. Ho temuto che me lo portassero via, che non me lo facessero stringere più tra le braccia". Neppure il padre del bambino, Traore Seydou, un falegname della Costa d'Avorio che qui si arrangia a fare il manovale in nero, ha ottenuto che venisse dimesso: "Non ero presente al momento del parto - dice - E quindi il piccino è stato registrato con il nome della madre". "'Non possiamo consegnarlo a te', mi hanno detto in ospedale. D'altra parte anche io sono senza permesso di soggiorno, in attesa che venga accolta la mia richiesta di asilo politico". Ma a ricostruire e denunciare la vicenda anche al Parlamento europeo è l'avvocato Liana Nesta, già avvocato di parte civile in alcuni importanti processi antimafia, al fianco delle famiglie di vittime innocenti. "Siamo di fronte a un caso illegittimo, di assoluta gravità", spiega. "Delle due l'una - aggiunge l'avvocato - o nell'ospedale napoletano Fatebenefratelli c'è un medico o un assistente sociale più realista del re che ha messo in pratica una legge non ancora approvata da questa Repubblica; oppure qualcuno ha firmato un abuso inspiegabile ai danni di una madre e di una cittadina. Conservo copia del fax partito dalla direzione amministrativa dell'ospedale, proprio nel giorno in cui partoriva la signora Kante, e indirizzata al fax del commissariato di polizia del quartiere".
(1 aprile 2009)
La Repubblica on line


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