mercoledì 14 gennaio 2009

No all'immigrazione clandestina

No all'immigrazione clandestina

Maroni si ai 50 euro per gli immigrati, ma solo come contributo.

13.01.2009 22:01:22

migranti.jpgRoma -" Oggi è stato firmato da Cipro, Grecia, Italia e Malta un documento comune che si fonda su un'iniziativa importante sul tema del contrasto all'immigrazione clandestina, un punto molto importante per i quattro paesi del Mediterraneo, un documento di richiesta di aiuto e di appoggio da parte della UE, perché l'immigrazione clandestina è un fenomeno che colpisce tutta l'Europa".

maroni.jpgCon queste parole il Ministro degli Interni Roberto Maroni ha presentato alla stampa presso il Viminale l'accordo che oggi è stato firmato dai quattro Paesi dell'area mediterranea che più di ogni altri sono colpiti dal fenomeno dell'immigrazione clandestina.

Le richieste saranno presentate alla Commissione Europea ed alla Repubblica Ceca che la presiede nella giornata di domani mercoledì 14 gennaio e verrà discussa dopo domano presso la riunione che si terrà a Praga.

In oltre il documento verrà presentato e, sperano i firmatari, preso in considerazione per l'apertura di un dibattito nei prossimi incontri europei a partire dal maggio quando verrà proposto alla Commissione Europea per un programma di lavoro, ma anche in aprile, quando si riunirà la Conferenza sull'estensione dell'Approccio Globale all'Est e al Sud Est.

Il documento di 6 pagine è stato scritto nelle feste di Natale dai tecnici dei quattro stati e mette al centro della questione le difficoltà che si incontrano nel contrastare la clandestinità di alcuni migranti definendola una 'piaga' o comunque un problema di cui tutta l'Europa deve sentirsi colpita e deve cercare di contrastarla con tutte le forze.

Altro punto caldo è la questione delle vite umane che ogni giorno vengono perse in mare a causa dell'attività illegale dei trafficanti che si arricchiscono sulle spalle di questi 'disperati' che cercano di scappare da zone come Nigeria - e Africa in generale, Afghanistan, Iraq e Palestina - chiamati 'territori palestinese' in modo abbastanza generico nel documento - e del traffico di stupefacenti che si sta svolgendo sulle stesse rotte e che sono finanziati proprio dal fenomeno immigrazione clandestina gestito sempre dalle mafie locali.

Agli stessi paesi da cui partono le masse di migranti i firmatari chiedono, in oltre, di riaprire un dialogo per contrastare il fenomeno e per fornire ai paesi dell'U.E. più facili rimpatri.

Al vaglio è quindi la richiesta di un 'lasciapassare' che dovrebbe consentire ai residenti illegali il ritorno a casa, "un lasciapassare vincolante per i paesi terzi" per garantire che l'ambito per l'effettuazione dei rimpatri sia il più efficiente possibile", come recita lo stesso documento.

Al fine di risolvere le questioni inerenti al processo dell'immigrazione clandestina i 4 ministri degli interni hanno anche voluto specificare che importante sarà il lavoro che dovrà essere compiuto da Frontex, un lavoro più efficace ed efficiente di quanto avviene oggi e quindi importante sarà che il Consiglio Europeo aumenti i suoi finanziamenti e quindi le sue forze.

In tutto ciò, però, Cipro, Grecia, Italia e Malta hanno voluto sottolineare che continueranno ad apportare gli aiuti in mare sebbene esulino dalla rispettive norme giuridiche per il salvataggio e i primi soccorsi agli immigrati delle 'carrette del mare' che non verranno mai lasciati a loro stessi.

Per quanto riguarda la Grecia, rappresentata dal vice ministro degli interni - Athanasios Nakos, poiché il ministro è dovuto rimanere in patria a causa del rapimento dell'industriale greco avvenuto quest'oggi con una situazione nel paese ellenico sempre più disperata - la Grecia è il paese più orientale dell'UE con coste ampie e tante isole, cosa che 'invoglia' l' immigrazione clandestina e chiede esplicitamente aiuto all'Europa e agli altri Paesi e così raggiungere effetti importanti, iniziando dal Forum Mondiale per gli immigrati che si terrà in terra ellenica dove parteciperanno 300 paesi e la stessa Grecia rappresenterà l'Europa

Dello stesso avviso è il ministro di Cipro, Neoklis Sylikiotis, che in oltre confessa le proprie difficoltà in quanto buona parte della nazione non è controllata dal governo cipriota ed è una parte importante in quanto vicina a zone attualmente colpite da situazioni difficili, come la striscia di Gaza.

Carmelo Mifsud Bonnici, ministro della giustizia e degli affari interni maltese dichiara che "è importante trattare i punti del documento che danno senso alla questione che ogni giorno attanaglia Malta."

"Più azione e vigore da parte dell'UE, vogliamo vedere questo patto in azione"conclude Mifsud Bonnici.

A chi ha sollevato dubbi sul perché dell'assenza di Spagna e Portogallo i ministri hanno risposto all'unanimità riaffermando che tutti i Paesi dell'UE sono chiamati a firmare e a prendere in considerazione questo trattato, ma che si è deciso di arrivare ad un accordo primario tra Cipro, Grecia, Italia e Malta in quanto "stati e governi più vicini per quanto riguarda il trattamento ed un accordo in riguardo a tale problematica" essendo tutti governi di centro destra, aggiungiamo noi.

Il ministro Maroni ha poi risposto a domande dei giornalisti sulla politica interna sempre in relazione al fenomeno immigrazione ed ha ammesso che i rimpatri dal centro di Lampedusa già sono iniziati da ieri verso l'Egitto e che questa notte continueranno, mentre a glissato sulla domanda posta circa l'approccio della Lega Nord e del governo sugli immigrati che 'servono' l'economia italiana, questione da sempre cruciale nel piano del suo partito.

Sulla questione Libia, poi, Maroni ammette che spera di trovare un accordo di collaborazione per pattugliare le coste e le zone marine insieme allo stato del nord Africa.

Infine, sulla questione che ha interessato media ed opinione pubblica sul pagamento della 'tassa' per gli immigrati di 50 euro, il ministro ammette che non è stata tolta dal programma tracciato in quanto né Alfano, ministro della giustizia, né Gasparri hanno avuto nulla da ridire sull'argomento e si sono trovati tutti d'accordo.

"Le 50 euro - continua Maroni - non sono una tassa, ma un contributo. Rimangono nel progetto così come la proposta di Bossi di chiedere 10 mila euro a tutto gli immigrati che decideranno di aprire una partita IVA".


FONTE

Bush l’africano

Bush l’africano

George W. Bush

Ironia della sorte. George W. Bush, il 43esimo presidente degli Stati Uniti, l’uomo che secondo la maggior parte dei sondaggi tra pochi giorni lascerà la Casa Bianca con l’indice di gradimento più basso di sempre (attorno al 27 percento in patria), ha fatto breccia nei cuori africani. Proprio nel continente che ha dato le origini al suo successore, Barack Obama, Bush raccoglie un consenso medio che si aggira attorno all’80 percento, secondo un recente sondaggio della fondazione Pew.

Le guerre in Afghanistan e Iraq, Guantanamo, l’uragano Katrina e i discutibili metodi adottati nella guerra al terrorismo. Ieri, nell’ultima conferenza stampa da presidente, Bush ha dovuto difendersi dal fuoco di fila dei giornalisti, che gli hanno chiesto conto di tutte le principali decisioni prese durante i suoi due mandati presidenziali. Pochi, però, hanno evidenziato i lati positivi dell’amministrazione, quelli che in Africa ricordano molto bene: il ruolo avuto nella fine della guerra civile sudanese, durata vent’anni e costata la vita a più di due milioni di persone; gli aiuti allo sviluppo verso il continente nero, passati da 1,3 a 5 miliardi di dollari nel periodo 2001-2008; ma, soprattutto, il piano per la lotta all’Aids da 15 miliardi di dollari, lanciato nel 2003 e destinato a dodici Paesi africani (sui quindici totali) in cui gli indici di sieropositività sono tra i più alti del mondo.

Non un programma da poco, se si tiene conto di quanto l’Aids pesi sulla vita del continente: un milione e mezzo di africani morti solo nel 2007, molti dei quali giovanissimi. In alcuni Paesi, come lo Swaziland e il Sudafrica, dove l’indice di sieropositività tocca il 20 percento della popolazione, la lotta contro la malattia è una lotta per il futuro della società. E questo Bush lo ha capito bene, lanciando un programma a tutto tondo che comprende trattamenti sanitari, educazione e prevenzione (comprese campagne a favore dell’astinenza sessuale prematrimoniale, molto criticate da alcune organizzazioni internazionali). Una delle poche storie di successo dell’amministrazione Bush, ma talmente efficace da indurre Obama a promettere di continuarla, garantendo gli stessi fondi stanziati dal suo predecessore.

In nessuna parte del mondo, tranne Israele e pochi altri Paesi, Bush può vantare un indice di gradimento così alto. Questo nonostante, negli ultimi otto anni, la politica americana in Africa non sia stata certo una passeggiata trionfale. Il fallimento della strategia di Washington in Somalia, dove il governo sostenuto dalla Casa Bianca sta cadendo sotto i colpi delle milizie islamiche, ne è la riprova, così come lo scetticismo con cui è stato accolto Africom, il nuovo comando militare unificato americano per il continente, talmente poco amato da essere costretto a mantenere la propria sede in Germania. Considerazioni che però non reggono di fronte alle folle festanti che hanno accolto Bush in Liberia, Ruanda, Tanzania e Benin solo per citare alcuni dei Paesi in cui il presidente ha fatto più breccia. L’attaccamento alla religione e alla famiglia espressi da Bush hanno fatto il resto: in un’Africa ancora povera, e che ha subìto la faccia peggiore della globalizzazione, il richiamo ai valori tradizionali costituisce ancora un fattore importante. Così come il sostegno del continente è una piccola consolazione per l’unico presidente americano a cui è toccata l’umiliazione di dover schivare scarpe in una conferenza stampa. Almeno in Africa, l’uomo di Crawford non sarà dimenticato.

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