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lunedì 22 giugno 2009

Esseri umani non solo numeri

Esseri umani non solo numeri

Susan Dabbous
MIGRANTI — In fuga da guerre e persecuzioni, 42 milioni di persone non possono vivere nel proprio Paese. Almeno oggi, nella giornata mondiale del rifugiato, i migranti sono esseri umani e non numeri. —

Syed è il figlio di un talebano, ma da molto tempo non ha più contatti con la sua famiglia perché dal suo Afghanistan è fuggito quando aveva 10 anni. Ora ne ha 20. Syed è un rifugiato arrivato a Roma due anni fa. Lui ce l’ha fatta, molti altri suoi compagni di viaggio no. Li ha visti morire assiderati durante la traversata delle montagne che separano l’Afghanistan dall’Iran, ha tentato di soccorrerli dopo i pestaggi della polizia iraniana nel carcere di Evin, prigione dove finiscono anche i clandestini.

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Syed adesso lavora come mediatore culturale, parla perfettamente l’italiano e aiuta i ragazzi che giunti nel nostro Paese tentano di crearsi una vita normale. Per farlo però dovranno gettarsi alle spalle i ricordi orribili di un viaggio fatto di camion, stive e container bui e asfissianti, con la compagnia costante dell’odore della morte.

La testimonianza di questo ragazzo ha aperto ieri la conferenza stampa a Roma dell’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, in occasione della giornata mondiale a loro dedicata che si celebra oggi. “Rifugiati, non solo numeri ma persone reali con esigenze reali” è il titolo scelto quest’anno, lo stesso in cui l’Ue ha deciso di blindare i propri confini.

Una scelta operata in primo luogo dall’Italia con la politica dei respingimenti recentemente adottata, che si pone in aperto contrasto con gli obblighi internazionali: la Convezione di Ginevra prevede il diritto d’asilo alle persone che per «fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche».

Il nostro Paese l’ha ratificata. «In una giornata come questa - ha affermato Giusy D’Alconzo di Amnesty International - sarebbe un bel gesto da parte delle autorità italiane dare notizia delle 500 persone rinviate in Libia nei mesi scorsi. Destino che è toccato ieri notte ad altri 77 migranti intercettati nel Mediterraneo» e rispediti al mittente libico.

A ricordare che le persone nel mare nostrum non sono solo numeri è stato anche Asinik Tuygu, il comandante della nave Pinar che ha ricevuto, nel corso della cerimonia di premiazione per chi salva le vite in mare, la menzione speciale dell’Unhcr. Il 16 aprile scorso per Asinik era iniziata una normalissima giornata di navigazione prima di incontrare due barconi in avaria pieni di migranti in stato di choc.

«Ho chiamato subito il mio armatore per chiedergli cosa dovevo fare - racconta il comandante turco -. Avevo già iniziato a prestare i primi soccorsi». La questione ha creato l’incidente diplomatico tra Malta e Italia: entrambe non volevano accogliere i migranti prima che il nostro Paese cedesse di fronte al disastro umanitario.

Durante la partita italo-maltese giocata per quattro lunghissimi giorni in acque internazionali con il cadavere di una giovane nigeriana a bordo, a prevalere, come spesso accade in mare, più che la ragion di Stato è stato il buon senso. «Se c’è in gioco la vita umana tutto il resto è un dettaglio» ha affermato Asinik con voce commossa.

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lunedì 11 maggio 2009

Malta respinge nave italiana con migranti. E la politica litiga ancora

Immigrati, Malta respinge nave italiana
con migranti. E la politica litiga ancora

All'alba due motovedette della Finanza hanno soccorso
al largo di Siracusa un gommone con 48 persone a bordo



ROMA (11 maggio) – La politica discute, la Guardia di Finanza soccorre e si riapre un altro fornte critico tra Italia e Malta. Un gommone con a bordo 48 immigrati clandestini è stato soccorso all'alba di oggi da due motovedette della Guardia di finanza a una ventina di miglia a Sud est di Capo Passero, nel siracusano. L'attività è stata coordinata dalla capitaneria di porto di Catania. Gli extracomunitari sono stati trasferiti al centro di accoglienza di Cassibile.

Malta blocca nave italiana. Il governo maltese non ha autorizzato l'ingresso nel porto della Valletta della nave Spica della Marina Militare Italiana, con a bordo 69 migranti, tra i quali 16 donne, recuperati ieri nel canale di Sicilia. Il salvataggio è avvenuto a circa 70 miglia sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese per quanto riguarda le operazioni Sar di ricerca e soccorso. Il pattugliatore, che in questo momento è fermo al limite delle acque territoriali maltesi, stava facendo rientro da Tripoli, dove aveva trasferito ieri mattina altri 162 extracomunitari respinti in Libia dalle autorità italiane.

Secondo alcune fonti la nave potrebbe ora fare rotta verso Porto Empedocle (Agrigento), ma non è escluso nemmeno un nuovi respingimento in Libia dei profughi. Dopo gli scontri diplomatici nei giorni scorsi tra Italia e Malta legati alla vicenda della Pinar, il mercantile turco rimasto fermo per quattro giorni con 144 migranti a bordo in attesa di un accordo sulla loro destinazione finale, La Valletta aveva detto di condividere pienamente la linea dei respingimenti adottato dal governo italiano.

La linea Maroni. Ieri il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha ribadito la linea «di fermezza in materia di immigrazione, che continuerà finchè gli sbarchi non cesseranno». In pochi giorni sono stati respinti oltre 500 clandestini, ha reso noto Maroni. La Cei ha invece sottolineato come la multiculturalità dell'Italia esista «già di fatto» e sia un «valore». La Lega incassa intanto il sostegno del premier Silvio Berlusconi alla 'linea-Maronì e ottiene rassicurazioni sul ddl sicurezza, sul quale domani verrà posta la fiducia.

Rao, respingimenti non tutela diritti umani. «I respingimenti sono uno strumento serio» ma siamo contrari a «respingimenti in un territorio dove i diritti umani non sono salvaguardati». Lo ha dichiarato Roberto Rao, componente della commissione Giustizia alla Camera per l'Udc nel corso della rubrica settimanale di Gr Parlamento “60 Minuti”, condotta dal direttore, Bruno Socillo.

Rutelli, respingere i clandestini con fermezza. «Respingere senza ipocrisie l'immigrazione clandestina». Lo chiede il senatore del Pd e presidente del Copasir, Francesco Rutelli, che, intervistato da “Il Mattino”, invita su questo il Pd a un vero riformismo. «Gli immigrati che sbarcano a Lampedusa li vediamo in tv, dimenticando che sono una quota minina di quelli che entrano in Italia - continua Rutelli - Certo, testimoniano l'inadeguatezza delle politiche del governo, che non mantiene gli impegni presi e tenta di nascondere gli insuccessi con dibattiti folli, tipo proposta di apartheid sui trasporti milanesi. Ma se noi pensassimo di reagire mandando un messaggio opposto ('in Italia entri chiunquè) sbaglieremmo alla grande. Anche qui deve esprimersi il riformismo del Pd». «In Italia vivono milioni di stranieri, indispensabili per prestazioni lavorative e sociali. Sono benvenuti, sono in grandissima parte onesti. I richiedenti asilo vanno accolti, secondo regole precise - aggiunge Rutelli -. I clandestini vanno respinti con fermezza. Le vittime della tratta vanno liberate dai loro schiavisti. Il razzismo è una intollerabile violazione dei diritti umani. È un grave limite del nostro dibattito: destre irresponsabili che guadagnano voti con slogan razzisti; alcune sinistre che li perdono con slogan idioti tipo “siamo tutti clandestini”».

Cicchitto, no al razzismo ma nemmeno Italia ventre molle dell'Europa. «Nell'autonomia della politica è un atto dovuto che lo Stato intervenga sulla qualità, sulla quantità e sulle caratteristiche dell'immigrazione nel nostro Paese. Infatti, con la legge Bossi-Fini ed altri provvedimenti la maggioranza ha fatto una scelta di fondo: regolamentare i flussi dell'immigrazione consentita e, conseguentemente, contrastare quella clandestina». Lo spiega Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera. «Non c'è nessun sottinteso razzismo in tutto ciò, ma l'obiettivo di evitare che l'Italia diventi il ventre molle dell'Europa, tenendo conto, sia della durezza con cui gestiscono questo problema altri Paesi europei che s'affacciano sul Mediterraneo, come la Francia e la Spagna, sia dei dati che riguardano il tasso di criminalità molto elevato che caratterizza l'immigrazione clandestina. Sottoponiamo questa valutazione con il massimo rispetto, ma anche con la dovuta convinzione, alla Cei, che evidentemente ha tutto il diritto di avanzare le sue riflessioni e poi le forze politiche e il governo nella loro autonomia devono prendersi le loro responsabilità».

Casini: società multietnica significa vivere fuori dalla realtà.
Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha commentato le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla società multietnica, poco prima di entrare nella chiesa del Sacro Cuore di Genova Carignano, dove si celebrano i funerali di don Gianni Baget Bozzo scomparso venerdì scorso. «Non so in che mondo viva Berlusconi -ha detto Casini- negare la società multietnica significa vivere fuori dalla realtà. Il problema non è dire no agli extracomunitari o alla società multirazziale che c'è già, ma dire sì ad un'accoglienza alle persone oneste ed essere rigorosi contro i clandestini e i disonesti. Mi sembra -ha aggiunto Casini- che ci sia molta demagogia nella posizione di chi dice no alla società multirazziale che in Italia c'è già. Nel momento -ha concluso Casini- in cui abbiamo un presidente degli Usa con la pelle nera, dire no alla società multietnica, mi sembra di tornare all'età delle caverne».

Cota: difendere la nostra identità. «Oggi più che mai dobbiamo difendere la nostra identità. Noi non vogliamo la società multietnica, nel senso che non vogliamo che quella che è la nostra identità, cioè l'insieme di storie, di costumi e tradizioni, venga cancellata e modificata da chi viene nel nostro territorio e non pensa di fare un processo di integrazione, ma di costruire situazioni di ghetto, di Stato nello Stato, dove pensa di applicare le sue regole». Lo ha dichiarato il capogruppo della Lega Nord alla Camera, Roberto Cota a Gr Parlamento.

venerdì 8 maggio 2009

Speciale Libia: cosa accadrà ai 227 emigranti respinti a Tripoli?

Speciale Libia: cosa accadrà ai 227 emigranti respinti a Tripoli?

PISTOIA, 7 maggio 2009 - Né a Malta, né a Lampedusa. Sono stati riportati in Libia i 227 emigranti e rifugiati (cittadini di Nigeria, Ghana, Gambia, Costa d'Avorio, Somalia e Mali) – tra cui 40 donne, tre delle quali incinte - soccorsi ieri a circa 35 miglia a sud est di Lampedusa dalle autorità italiane. Dopo una giornata di infruttuose trattative con il governo maltese sulla responsabilità dei soccorsi, l"Italia è riuscita a strappare a Tripoli il consenso per la riammissione in Libia dei naufraghi. Nessuno dei passeggeri è stato identificato, nessuno degli eventuali minori non accompagnati è stato tutelato, nessun rifugiato è stato messo nelle condizioni di chiedere asilo politico, e nessun medico ha verificato le condizioni di salute dei naufraghi. Prassi che sulla terra ferma sono obblighi previsti dalla legge. Ma non in mare aperto, fuori dalle frontiere e dallo stato di diritto. Maroni ha rivendicato quanto accaduto come "un risultato storico" e annunciato che sarà la prassi della prossima stagione di sbarchi. Maroni e l'Italia hanno la memoria corta.

"Le espulsioni collettive di migranti dall'Italia alla Libia costituiscono una violazione del principio di non refoulement. Le autorità italiane non hanno rispettato i loro obblighi internazionali". Era il 14 aprile del 2005 e il Parlamento Europeo adottava una risoluzione di condanna contro le deportazioni collettive con cui il Governo italiano aveva espulso in Libia 1.500 persone intercettate al largo di Lampedusa tra l'ottobre 2004 e il marzo 2005. "Il parlamento europeo - continuava la risoluzione su Lampedusa P6_TA(2005)0138 - è profondamente preoccupato sul destino di centinaia di richiedenti asilo respinti in Libia, dal momento che questo paese non ha firmato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, non ha un sistema d'asilo, non offre garanzie effettive per i diritti di rifugiati, e pratica arresti arbitrari detenzioni e espulsioni".

Un mese dopo, il 10 maggio del 2005, la Corte europea dei diritti umani sospese l'espulsione da Lampedusa di 11 cittadini stranieri sbarcati a marzo e che avevano presentato ricorso. Quattro anni dopo, ciò che ieri era illegale è divenuto regola d'ingaggio dei pattugliamenti di Frontex partiti la settimana scorsa nel Canale di Sicilia.

Adesso però le questioni sono due. La prima: che ne sarà del soccorso in mare, quando la priorità non è più la vita dei naufraghi, ma le trattative sul dove portarli? Maroni presenta i 600 salvataggi fatti dalle nostre unità in acque maltesi come un peccato originale. In realtà fanno onore alla nostra Guardia costiera e alla nostra Marina militare. Perchè questa gente non viaggia su navi di crociera. Ma su vecchi legni malmessi. Tutti ricordino che sono quasi 4.000 le vite umane che il mare di Sicilia si è ingoiato negli ultimi dieci anni! Bene, rischiano di morirne altrettanti ora che la nostra Guardia costiera ha ricevuto l'ordine di non intervenire in alto mare, senza autorizzazione del ministero dell'Interno, previa consultazione-scontro con Malta. Ieri è andata bene perché il mare era calmo. Ma col mare in tempesta e onde altre quattro metri, bastano pochi minuti di ritardo a decidere la morte di centinaia di persone.

La seconda questione è: che cosa succederà ai migranti respinti in Libia? Sappiamo già che sono stati arrestati e detenuti nel carcere di Tuaisha, a Tripoli, fatta eccezione per una donna ricoverata in ospedale dopo sei giorni trascorsi in mare. Adesso, a seconda delle nazionalità, alcuni saranno rimpatriati in pochi giorni (ad esempio verso Tunisia e Egitto), altri saranno tenuti a marcire nelle carceri libiche per mesi, o per anni. In che condizioni? Lo scriviamo da tre anni. Per l'ennesima volta vi riproponiamo i nostri esclusivi reportage. Nella speranza che la stampa ne faccia buon uso, anziché continuare a leccare le scarpe ai ministri.

I nostri reportage
Guantanamo Libia. I nuovi gendarmi dell'Italia
Pattuglie nel deserto libicoLa porta di ferro è chiusa a doppia mandata. Dalla piccola feritoia si affacciano i volti di due ragazzi africani e un di egiziano. L'odore acre che esce dalla cella mi brucia le narici. Chiedo ai tre di spostarsi. La vista si apre su due stanze di tre metri per quattro. Vedo 30 persone. Sul muro hanno scritto Guantanamo. Ma non siamo nella base americana. Siamo a Zlitan, in Libia. E i detenuti non sono presunti terroristi, ma immigrati arrestati a sud di Lampedusa

Frontiera Sahara. I campi di detenzione nel deserto libico
Stipati come animali, dentro container di ferro. Così gli immigrati arrestati in Libia vengono smistati nei centri di detenzione nel deserto libico, in attesa di essere deportati. Siamo i primi giornalisti autorizzati a vederli. Le condizioni dei centri sono inumane. I funzionari italiani e europei lo sanno bene, visto che li hanno visitati. Ma si astengono da ogni critica, alla vigilia dell'avvio dei pattugliamenti congiunti

Reportage dalla Libia: siamo entrati a Misratah
Vista del cortile del campo di MisratahDi notte, quando cessano il vociare dei prigionieri e gli strilli della polizia, dal cortile del carcere si sente il rumore del mare. Sono le onde del Mediterraneo, che schiumano sulla spiaggia, a un centinaio di metri dal muro di cinta del campo di detenzione. Siamo a Misratah, 210 km a est di Tripoli, in Libia. E i detenuti sono 600 richiedenti asilo politico eritrei, arrestati al largo di Lampedusa o nei quartieri degli immigrati a Tripoli

E poi le nostre inchieste:
Libia: arrestati i superstiti del naufragio, sono a Tuaisha
"Così le navi di Frontex ci respinsero in Libia"
Dall'Unione europea 20 milioni alla Libia contro l'immigrazione
Libia: ecco le foto dei campi di detenzione
La Libia cerca immigrati in Asia, mentre l'Oim pensa ai rimpatri
Libia: ecco il testo dell'accordo segreto con l´Italia
Italia-Libia: Berlusconi firma l'accordo. Presto i pattugliamenti
Italia - Libia: Prodi firma l'accordo per il pattugliamento congiunto
Marocco: le testimonianze degli harragas arrestati in Libia

Per testimonianze audio potete scaricare questo file
Libia: esclusiva intervista con i rifugiati detenuti a Zawiyah

giovedì 23 aprile 2009

La falsa assistenza umanitaria ai dannati del Pinar

La falsa assistenza umanitaria ai dannati del Pinar

Sono 145 esseri umani, trattati come fantasmi per oltre quattro giorni. Migranti, persone fuggite dalla Nigeria, dal Ghana, dalla Liberia, da un’Africa sempre più affamata e dimenticata.

migrantiI fuggitivi dalla povertà e dalla guerra erano alla deriva su due barconi fino a quando l’equipaggio del mercantile turco Pinar non li ha imbarcati, giovedì scorso. Le offerte delle compagnie aeree o per il noleggio delle autovetture prevedono i week end tutto compreso. Per i migranti questa ennesima ed oscena rappresentazione di razzismo ed insensibilità umana sono stati un normale week end di paura e di morte.

Il governo maltese e quello italiano si sono impegnati a fondo nel gioco dello scaricabarile, mentre sulla nave uomini e donne con quasi nulla da bere e mangiare, erano immobili nel Mediterraneo ad aspettare che uno dei due governi cedesse, permettesse loro di toccar terra e vivere.

Esceth Ekos, una ragazzina nigeriana di 18 anni non ce l’ha fatta e con lei il suo bambino non ancora nato. Il suo corpo di donna incinta e rimasto abbandonato, secondo alcune cronache, coperto da sacchi di plastica neri della spazzatura, su una scialuppa trainata dal mercantle e straziata da gabbiani diventati avvoltoi.

Per chi non ha mai visto una piccola nave piena di profughi è difficile capire. Impossibile immaginare il fetore misto alla paura, gli occhi persi di gente che in gran parte non ha mai visto il mare, il dolore, le vosi ed il lamento di persone che altro non hanno se non una disperata voglia di sopravvivere e pochi stracci portati da chissà dove.

Il Pinar era stato avvertito della presenza di naufraghi dalle autorità maltesi, che però non hanno accettato di farli sbarcare sull’isola. L’Italia non è stata da meno ed è cominciato il ‘braccio di ferro’ durato oltre 120 orribili ore.

I ministri, dal caldo comodo dei loro uffici a Roma e La Valletta, hanno litigato a lungo per chi dovesse prendersi la responsabilità di quegli ‘extracomunitari inutili’. Il governo italiano, impegnato nell’epica lotta per tenere in vita artificiale pazienti in coma irreversibile, di fronte al dramma in diretta di vivi reali ha tergiversato.

Solo dopo che dei medici saliti a bordo hanno diagnosticato alcuni casi di varicella e trovato alcune persone con febbre alta ed altre disidratate e infreddolite e che la Chiesa agrigentina, diverse organizzazioni umanitarie e l’Unhcr hanno alzato la voce il ministro Maroni e Berlusconi hanno dovuto cedere. Le elezioni sono vicine ed atre morti non sarebbero state una buona immagine.

Ieri mattina l’ambasciatore italiano a Malta Paolo Trabalza ha incontrato il ministro degli Esteri maltese Tonio Borg che ha definito lo scontro diplomatico con l’Italia un “disguido tra amici”, esprimendo l’auspicio che i due Stati possano continuare a discutere “per trovare soluzioni comuni ed evitare incidenti come questo”. “L’Italia si è fatta carico dei propri doveri umanitari, reclamando, nel contempo l’intervento dell’Unione europea affinchè vicende simili non accadano più”, ha detto il ministro della giustizia Angelino Alfano. “È importante che l’Unione europea - ha aggiunto - prenda posizione perchè l’Italia non può farsi carico, oltre che delle proprie responsabilità, anche di quelle degli altri Paesi”.

Le operazioni di sbarco sono avvenute in più riprese. Il Pinar è arrivato ieri all’alba nelle acque di Porto Empedocle. Il pattugliatore La Malfa della Guardia di Finanza ha portato a terra in mattinata trenta persone, mentre altri 90 sono stati prelevati dalla corvetta Danaide della Marina Militare. Altri 20 erano stati trasferiti a Lampedusa già domenica notte e con loro c’era il corpo di Esceth.

L’assistenza a terra è stata molto criticata, perchè mentre per alcuni si è immediatamente provveduto alle cure del caso, per altri erano pronti gli autobus per lo smistamento. Secondo il questore di Agrigento Girolamo di Fazio sono stati portati nel Cpr di Pian del Lago a Caltanissetta.

“Chiedo che agli sventurati che riescono a raggiungere le coste siciliane sia garantito un trattamento che rispetti i parametri minimi di umanità e di civiltà” ha detto il Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, quando ha saputo che “gli 84 migranti sbarcati dalla motonave Pinamar e portati a Porto Empedocle con la nave Danaide della Marina Militare non avrebbero sostato nella tensostruttura di primissima accoglienza allestita dalla Protezione civile regionale nella zona portuale”.

In una ricostruzione della presidenza della regione Sicilia si dice che “all’arrivo della nave Danaide, inspiegabilmente, le autorità di Polizia, nonostante la disponibilità di uomini, mezzi e attrezzature della Regione, ha deciso di inviare il gruppo di migranti, direttamente ai centri di accoglienza ministeriali”. Il primo contingente di 20 migranti, arrivato a bordo di una motovedetta della Guardia di Finanza, aveva invece sostato nella tensostruttura”.

Sempre secondo la nota, “grazie agli operatori ed ai volontari della Protezione civile era stato possibile rifocillare i profughi, permettere loro di indossare abiti puliti, di utilizzare veri servizi igienici e lavarsi, dopo la loro terribile esperienza al largo delle coste maltesi. Solo a quel punto, dopo le visite mediche e i primi accertamenti di polizia, i migranti sono stati accompagnati nei centri predisposti dal ministero degli Interni”.

Il leghista Maroni, come sempre si è distinto per l’insensibilità verso i migranti: “Malta prende contributi come tutti i Paesi per fare interventi che dobbiamo fare noi: da questo momento intendiamo, con rigore e senza eccezioni, applicare le regole”. Il ministro ha aggiunto: “Ragioni di carattere umanitario ci hanno indotto ad accogliere questi immigrati, ma la posizione non cambia: noi siamo molto fermi su questo, pretendiamo che la Commissione Europea intervenga per far rispettare le regole a tutti e non intendiamo più andare a occuparci di questi problemi nelle acque di competenza di altri. Per evitare contenziosi che mettono di mezzo persone che non c’entrano nulla serve un intervento della Commissione Europea, è quello che chiediamo, perchè tutti rispettino gli impegni che si sono presi”.

Da parte sua la Commissione Europea non intende entrare nel gioco della caccia ai colpevoli ma vuole lavorare con tutti i paesi interessati, Italia e Malta in primo luogo, per trovare “una soluzione strutturale” ad un problema che rappresenta una grande sfida. Il portavoce della Commissione Europea, Joannes Laitenberger, ha commentato così i fatti, esprimendo il sollievo di Bruxelles nell’apprendere la notizia che i migranti hanno finalmente trovato accoglienza.

L’esponente europeo, dopo aver espresso apprezzamento per il comportamento dell’equipaggio, si è rammaricato del fatto che la soluzione del problema sia arrivata cos’ tardi. La Commissione non intende entrare nel gioco della ricerca delle responsabilità ed è in costante contatto con le autorità italiane e maltesi e riconosce che Roma e La Valletta hanno un importante problema rappresentato dagli sbarchi di migliaia di migranti e per questo si lavorerà insieme per trovare soluzione.

Il commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot, ha ringraziato l’Italia per l’accoglienza data agli immigrati del cargo Pinar e sulle eventuali responsabilità di Malta nella vicenda ha spiegato: “Devo riconoscere che Malta ha 400mila abitanti e un territorio limitato e anche i maltesi sono dunque in una situazione impossibile”, che rende complicato accogliere altre persone.

“Comprendo le inquietudini di entrambi i Paesi - ha aggiunto il commissario - perchè tutti e due, in particolare Malta, soffrono questi arrivi massicci”. Per Barrot, poi, non è facile accertare le responsabilità nella vicenda Pinar: “Il diritto marittimo internazionale non è semplice da interpretare, stabilisce che bisogna portare le persone a rischio di naufragio nel porto più vicino ma dove le condizioni di accoglienza sono accettabili”. Ma su questo, ha aggiunto, “evidentemente Malta e l’Italia avevano entrambe le loro obiezioni”.

FONTE

sabato 18 aprile 2009

MALTA, ITALIA E L' IMMIGRAZIONE

Pinar, alta tensione con Malta
L'armatore: "Situazione tragica"

Elicottero medico sulla nave turca ancora bloccata al largo di Lampedusa
Nuovi sbarchi in Sicilia. Trainata a Pozzallo imbarcazione con trecento a bordo


Pinar, alta tensione con Malta L'armatore: "Situazione tragica"

Il Pinar

RAGUSA - "La situazione è tragica. Ci servono coperte e acqua non potabile: le cisterne sono ormai vuote". lancia un grido d'allarme Baris Erdogdu, armatore del mercantile turco Pinar fermo da giorni in acque internazionale e al centro di un braccio di ferro diplomatico tra Malta e Italia per la destinazione finale di 154 extracomunitari che erano stati soccorsi dall'equipaggio e presi a bordo. Il governo italiano sollecita Malta a intervenire "di fronte alla grave emergenza umanitaria verificatasi a bordo". Intanto continuano gli sbarchi di immigrati in Sicilia.

Il Pinar. Il mercantile turco è fermo a 25 miglia a sud di Lampedusa, al limite delle acque territoriali italiane. Tra i migranti presi a bordo del Pinar ci sono 37 donne, due incinte, e una quarantina di minori. Il corpo senza vita di una donna incinta, che era sul barcone soccorso, è stato sistemato su una scialuppa. Le 152 persone si trovano sul ponte del mercantile, perché le stive sono piene di grano, e quindi non sono al riparo dal vento e dalle intemperie.

Medici a bordo. Parlando via radio col comandante della nave l'armatore ha saputo che una quarantina di persone stanno molto male. Intanto sulla nave è giunta l'equipe medica, partita da Catania con un elicottero, che visiterà nuovamente i migranti.

Frattini. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si legge in una nota della Farnesina, "ha impartito già ieri istruzioni all'ambasciatore italiano a Malta, Andrea Trabalza, di compiere passi al massimo livello per sollecitare un adeguato intervento da parte delle Autorità della Valletta". Frattini, prosegue la nota, ha "allo stesso tempo rivolto all'Unione Europea un pressante appello affinché l'Agenzia Europea per la gestione ed il controllo delle frontiere esterne (Frontex) assolva con la necessaria rapidità ed efficacia agli impegni che le sono propri, ed assicuri una soluzione urgente ad una dolorosa questione che non può che travalicare l'ambito bilaterale italo-maltese, e piuttosto investe in pieno le competenze e le responsabilità dell' intera Unione". Ieri l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) aveva rivolto un appello all'Italia e a Malta affinché consentano lo sbarco dei 154 immigrati.

Ancora sbarchi. Un'imbarcazione, con a bordo circa 300 clandestini, tra cui donne e bambini, è stata soccorsa stamane al largo di Pozzallo, nel Ragusano. Sul posto si sono dirette due motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Ventisei extracomunitari, tra donne e bambini, sono stati immediatamente soccorsi e sono giunti nel porto di Pozzallo, dove riceveranno cura ed assistenza. Gli altri immigrati sono stati trainati dal rimorchiatore Priolo, e in tarda mattinata sono giunti a Pozzallo.

(18 aprile 2009)

http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-5/barcone-pozzallo/barcone-pozzallo.html

IMMIGRATI: MARONI, MALTA FACCIA SUA PARTE NEI SOCCORSI



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