Lettera aperta dalla Romania
(pubblicata sul Messaggero on line)
Cara redazione ho pensato da scrivere questa lettera perché era il mio dovere farlo. Tanti anni fa quando ero bambino ho letto una belissima favola romena scritta da Petre Ispirescu. La favola raccontava di un figlio di un re andato via di casa e ritornato indietro poco tempo dopo. Quando è tornato era tutto cambiato, il paesaggio, le case, le persone, non aveva più famiglia. Il nome dalla favola è "giovinezza senza vecchiaia e vita senza morte". In poche parole lo scrittore anticipava senza sapere il cosiddetto tempo biologico. Io ho vissuto a Roma per 10 anni che non sono pochi. Non dimenticherò mai la prima volta quando sono arrivato, nel novembre 1995. Era un mondo diverso di tutto quello che conoscevo. I primi tempi sono i più duri, tante volte gli amici non sono amici e puoi rimanere per strada senza nessuno. Ero impaurito, non sapevo una parola d'italiano, mi sentivo come catapultato e abbandonato. Paese diverso, lingua diversa.Dopo 2 anni di sacrifici sono riuscito a avere una stanza in affitto. Pian piano come un bambino che impara a caminare ho imparato la lingua, un mestiere e ho cominciato ad amare Roma giorno dopo giorno. L'ho amata come una donna misteriosa e cosmopolita, come una madre che non era con me, come tutti i miei affetti rimasti in Romania.Gli anni sono passati l'amore è rimasto lo stesso. Adesso sono in Romania e ho paura. Ho paura per la disillusione da trovare una città cambiata in un solo anno. Ho paura da sentirmi tradito non da lei, ma da altre cose. Tante volte pensavo "cosa posso fare io per Roma?". Alla fine la risposta l'ho trovata: mi devo comportare bene e rispettare ogni sanpietrino di Roma.A Roma piace essere corteggiata, però con molta gentilezza. Devi essere una brava persona così lei ti accetta. Se la ami con tutta tua anima il tuo amore verrà ricambiato con l'amore suo e della popolazione capitolina.Mi auguro che questa bufera mediatica finirà. Di più di questo mi auguro che certi miei connazionali capissero una volta per tutte che la delinquenza non è la strada per andare in paradiso. Per colpa loro soffrono persone italiane e non che non hanno colpe. Faccio un apello a tutti gli italiani: vi prego, non pensate che tutti i romeni sono delinquenti e che tutti dovrebero essere tratati alla stessa maniera.L'Italia è un paese civile con una grande storia e con un massimo apporto per l'umanità (rinascimento, scritori, pittori, scienziati e tanti altri). Non cambiate il vostro modo di essere, sono pochi quelli che sono la vergogna dalla Romania, è la stampa che li fa diventare di più. Avete l'altruismo e la bontà cristiana che ho trovato io 11 anni fa. Non vi preocupate, noi che vi rispettiamo siamo con voi. Non possiamo tacere vedendo come vanno le cose in Italia.Il mio appello non è per la classe politica di entrambi paesi, è per l'uomo comune. A lui mi appello con molta sincerità e gli chiedo scusa per gli stupri e tutto il resto fatti da alcuni che non si meritano il nome di romeni. Tutti quelli che delinquono non sono la Romania. Quello che fanno in Italia lo facevano pure qui. Non si diventa in pochi giorni stupratore, rapinatore, prosseneta oppure ubriacone. Non si può.I have a dream: voglio rivedere Roma come l'ho lasciata quando sono andato via. Non lo fate per me, fatelo per lei. E' l'unica cosa che chiedo, non voglio un posto di lavoro, andare in tv, fare grande fratello. Solo questo. Grazie Marius(28 marzo 2009)
martedì 31 marzo 2009
I sogni e le speranze di un futuro migliore per più di 500 persone sono naufragati nel Mediterraneo
Tragedia al largo della Libia centinaia di migranti dispersi
TRIPOLI - Nuova tragedia del mare tra l'Africa e l'Italia: due barconi carichi di migranti sono affondati. A bordo c'erano centinaia di disperati e quasi tutti sono al momento dati per dispersi dai guardacoste libici che stanno conducendo le operazioni di soccorso. Le informazioni sull'accaduto sono ancora confuse. Si parla - a quanto riferito alla Reuters da funzionari locali - di quattro imbarcazioni in difficoltà non lontano dalla costa della Libia. Di queste due sono sicuramente affondate. Delle altre due non si sa niente, anche se il ministero dell'Interno libico ha reso noto che una nave cisterna italiana ha salvato 350 clandestini che si trovavano a bordo di una imbarcazione alla deriva. Per il momento sono state tratte in salvo 23 persone mentre di altre 21 sono stati recuperati i corpi senza vita. I dispersi: considerando che su una imbarcazione affondata si trovavano 253 persone e sull'altra 365, sono pertanto più di 500. Secondo quanto ha reso noto l'agenzia egiziana Mena, tutti i clandestini - molti dei quali di nazionalità egiziana - erano diretti in Italia. Una delle imbarcazioni era partita da Sid Belal Janzur, un sobborgo di Tripoli e dopo tre ore di navigazione il battello è affondato 30 chilometri al largo della Libia. Delle altre i libici affermano di non avere certezza del luogo di partenza. Quanto al salvataggio effettuato da una nave italiana, resta qualche incertezza. Fino alla tarda serata - secondo quanto si è appreso - sia del naufragio sia del soccorso da parte di una nave cisterna non era giunta alcuna segnalazione alle autorità italiane competenti per la ricerca e il soccorso in mare. L'ennesima tragedia sulla rotta tra la Libia e la Sicilia non ha comunque fermato i viaggi della disperazione verso l'Italia: oltre 400 extracomunitari sono approdati infatti nelle ultime ore sulle coste della Sicilia orientale, dopo i 222 giunti ieri a Lampedusa. Sbarchi che, ha assicurato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, "termineranno il 15 maggio prossimo, quando entrerà in vigore l'accordo siglato dal governo italiano con quello libico sul pattugliamento congiunto delle coste".
Il primo barcone si è arenato nella serata di ieri sulla spiaggia di Scoglitti, una frazione di Vittoria, in provincia di Ragusa. A bordo c'erano 153 immigrati, tra cui 29 donne, che dopo le procedure di identificazione sono stati portati nella palestra comunale di Pozzallo. Una carretta di circa 20 metri con a bordo 249 persone, tra le quali 31 donne - tre incinte - e otto minori, è approdata invece all'alba a Portopalo di Capo Passero, nel siracusano. Gli extracomunitari, in gran parte somali ed eritrei, sono stati scortati in porto dall'unità navale delle Fiamme Gialle e da una motovedetta della Guardia Costiera. Un giovane somalo di 24 anni è stato arrestato dalla Guardia di Finanza, con l'accusa di essere lo scafista che ha condotto l'imbarcazione, partita dalle spiagge libiche. Intanto a Lampedusa si registra una nuova fuga dal Centro di identificazione ed espulsione: una ventina di migranti sono riusciti ad allontanarsi dal Centro, prima di essere bloccati qualche ora dopo dai carabinieri. Due di loro, sorpresi a rubare all'interno di alcune villette disabitate, sono stati arrestati; altri cinque sono stati denunciati per violazione di domicilio. Episodi che fanno salire nuovamente la tensione sull'isola, dove in questi momenti si trovano complessivamente 720 extracomunitari distribuiti tra il Cie di contrada Imbriacola e l'ex base Loran di Capo Ponente. Ieri il sindaco, Dino De Rubeis, aveva lamentato la mancanza di assistenza medica adeguata per i 222 migranti sbarcati nel pomeriggio. Affermazioni seccamente smentite dal responsabile del Dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone: "Il sindaco dice il falso. Sul molo, hanno operato quattro medici e un infermiere e l'ambulanza che il dipartimento libertà civili ha acquistato e che è costantemente a disposizione delle necessità sull'isola".
(31 marzo 2009)
Di quattro barconi in difficoltà due, con quasi 600 persone a bordosono affondate. Salvate solo 23 clandestini. Giallo sull'intervento di nave italiana
TRIPOLI - Nuova tragedia del mare tra l'Africa e l'Italia: due barconi carichi di migranti sono affondati. A bordo c'erano centinaia di disperati e quasi tutti sono al momento dati per dispersi dai guardacoste libici che stanno conducendo le operazioni di soccorso. Le informazioni sull'accaduto sono ancora confuse. Si parla - a quanto riferito alla Reuters da funzionari locali - di quattro imbarcazioni in difficoltà non lontano dalla costa della Libia. Di queste due sono sicuramente affondate. Delle altre due non si sa niente, anche se il ministero dell'Interno libico ha reso noto che una nave cisterna italiana ha salvato 350 clandestini che si trovavano a bordo di una imbarcazione alla deriva. Per il momento sono state tratte in salvo 23 persone mentre di altre 21 sono stati recuperati i corpi senza vita. I dispersi: considerando che su una imbarcazione affondata si trovavano 253 persone e sull'altra 365, sono pertanto più di 500. Secondo quanto ha reso noto l'agenzia egiziana Mena, tutti i clandestini - molti dei quali di nazionalità egiziana - erano diretti in Italia. Una delle imbarcazioni era partita da Sid Belal Janzur, un sobborgo di Tripoli e dopo tre ore di navigazione il battello è affondato 30 chilometri al largo della Libia. Delle altre i libici affermano di non avere certezza del luogo di partenza. Quanto al salvataggio effettuato da una nave italiana, resta qualche incertezza. Fino alla tarda serata - secondo quanto si è appreso - sia del naufragio sia del soccorso da parte di una nave cisterna non era giunta alcuna segnalazione alle autorità italiane competenti per la ricerca e il soccorso in mare. L'ennesima tragedia sulla rotta tra la Libia e la Sicilia non ha comunque fermato i viaggi della disperazione verso l'Italia: oltre 400 extracomunitari sono approdati infatti nelle ultime ore sulle coste della Sicilia orientale, dopo i 222 giunti ieri a Lampedusa. Sbarchi che, ha assicurato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, "termineranno il 15 maggio prossimo, quando entrerà in vigore l'accordo siglato dal governo italiano con quello libico sul pattugliamento congiunto delle coste".
Il primo barcone si è arenato nella serata di ieri sulla spiaggia di Scoglitti, una frazione di Vittoria, in provincia di Ragusa. A bordo c'erano 153 immigrati, tra cui 29 donne, che dopo le procedure di identificazione sono stati portati nella palestra comunale di Pozzallo. Una carretta di circa 20 metri con a bordo 249 persone, tra le quali 31 donne - tre incinte - e otto minori, è approdata invece all'alba a Portopalo di Capo Passero, nel siracusano. Gli extracomunitari, in gran parte somali ed eritrei, sono stati scortati in porto dall'unità navale delle Fiamme Gialle e da una motovedetta della Guardia Costiera. Un giovane somalo di 24 anni è stato arrestato dalla Guardia di Finanza, con l'accusa di essere lo scafista che ha condotto l'imbarcazione, partita dalle spiagge libiche. Intanto a Lampedusa si registra una nuova fuga dal Centro di identificazione ed espulsione: una ventina di migranti sono riusciti ad allontanarsi dal Centro, prima di essere bloccati qualche ora dopo dai carabinieri. Due di loro, sorpresi a rubare all'interno di alcune villette disabitate, sono stati arrestati; altri cinque sono stati denunciati per violazione di domicilio. Episodi che fanno salire nuovamente la tensione sull'isola, dove in questi momenti si trovano complessivamente 720 extracomunitari distribuiti tra il Cie di contrada Imbriacola e l'ex base Loran di Capo Ponente. Ieri il sindaco, Dino De Rubeis, aveva lamentato la mancanza di assistenza medica adeguata per i 222 migranti sbarcati nel pomeriggio. Affermazioni seccamente smentite dal responsabile del Dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone: "Il sindaco dice il falso. Sul molo, hanno operato quattro medici e un infermiere e l'ambulanza che il dipartimento libertà civili ha acquistato e che è costantemente a disposizione delle necessità sull'isola".
(31 marzo 2009)
Dalla Repubblica on line
domenica 29 marzo 2009
Se un romeno ubriaco avesse investito un italiano,sarebbe finito in prima pagina
Investe e uccide 16enne a Ottaviano:arrestato pirata della strada 19enne
■ Ascoli Piceno, ubriaco e senza patente investe diciottenne e fugge: arrestatoNAPOLI (29 marzo) - Un romeno di 16 anni mentre stava percorrendo via Vecchia Sarno ad Ottaviano, in provincia di Napoli, a bordo del proprio ciclomotore è stato investito e ucciso da un automobilista che poi si è dato alla fuga con la sua Fiat Stilo. Test negativi. Il ragazzo è morto sul colpo mentre l'investitore sotto choc si è poi recato in ospedale a Sarno. Lì è stato rintracciato dalle forze dell'ordine che lo hanno arrestato, dopo i test per la ricerca di sostanze stupefacenti o alcoliche nel sangue, che hanno dato esito negativo. Si tratta di un giovane di 19 anni, di Palma Campana (Napoli), condotto in carcere con l'accusa di omicidio colposo ed omissione di soccorso.
■ Ascoli Piceno, ubriaco e senza patente investe diciottenne e fugge: arrestatoNAPOLI (29 marzo) - Un romeno di 16 anni mentre stava percorrendo via Vecchia Sarno ad Ottaviano, in provincia di Napoli, a bordo del proprio ciclomotore è stato investito e ucciso da un automobilista che poi si è dato alla fuga con la sua Fiat Stilo. Test negativi. Il ragazzo è morto sul colpo mentre l'investitore sotto choc si è poi recato in ospedale a Sarno. Lì è stato rintracciato dalle forze dell'ordine che lo hanno arrestato, dopo i test per la ricerca di sostanze stupefacenti o alcoliche nel sangue, che hanno dato esito negativo. Si tratta di un giovane di 19 anni, di Palma Campana (Napoli), condotto in carcere con l'accusa di omicidio colposo ed omissione di soccorso.
Una tragedia taciuta per 6 giorni
Roma, pakistano in fin di vita dopo un pestaggio: forse un raid razzista
di Luca Lippera
ROMA (29 marzo) - «Chi siete? Ma che volete?». Mohammad Basharat, 35 anni, un negoziante pakistano, non capiva. Cinque giovani italiani mai visti e conosciuti capelli corti, orecchini, berrettini da baseball lo stavano tirando fuori a forza da un furgone fermo a un semaforo a Tor Bella Monaca e di sicuro non era un film. Un pugno devastante al volto gli ha spiegato in una frazione di secondo che c’era una caccia in corso e che c’era anche una preda: volevano lui, gli sconosciuti, e se non proprio lui la carnagione scura, i capelli dardeggianti come gli occhi, la faccia inconfondibile da straniero. È crollato a terra svenuto, Mohammad, e poi si è ripreso. Un’illusione: l’immigrato, colpito da «una vasta emorragia cerebrale», è crollato dopo poche ore: è stato operato al cervello e ora lotta per la vita nel Reparto Rianimazione del Policlinico “Casilino”.L’aggressione è avvenuta lunedì scorso nel primo pomeriggio. Ma fino a ieri era stata taciuta. La polizia ritiene «molto plausibile» l’ipotesi di un raid «a sfondo xenofobo» anche se «alla vittima non sono state rivolte espressioni esplicitamente razziste». Il commissariato “Casilino Nuovo”, che segue le indagini, ha trasmesso gli atti alla Squadra Mobile. I teppisti, tutti giovani intorno a vent’anni, non sono stati rintracciati. I carabinieri, sempre ieri, hanno arrestato a Tor Bella Monaca alcuni ragazzi con l’accusa di aver pestato «senza motivo» un bengalese. Le modalità sembrano simili all’assalto contro il pakistano. Si sta cercando di capire se i gruppuscoli fossero collegati. Mesi fa quattro adolescenti, sempre nella zona, assalirono un cinese alla fermata del bus, dopodiché toccò a un altro bengalese.C’è anche una tragedia nella tragedia. La moglie del pakistano, Karunasekera, del Bangladesh, era incinta di tre mesi. Era. Lo stress le è stato fatale. Venerdì la donna ha perso il bambino. «Mohammad è peggiorato nelle ultime ore racconta Faruk Tabassum, 42 anni, interprete, un connazionale amico di famiglia della vittima La Tac non va bene. Siamo pronti al peggio. È stata una cosa incredibile e non è bello che finora nessuno ne abbia parlato. Lunedì tra le tre e le quattro Mohammad era fermo alla guida del suo Fiat “Ducato” con un amico al fianco. Erano stati a fare la spesa al supermercato “Pewex” di Tor Bella Monaca e stavano lì vicino. Quelli sono arrivati all’improvviso e l’hanno tirato fuori. Lui non capiva. Poi c’è stato il pugno».Il pakistano, in Italia da dieci anni, ha un negozio di alimentari a Torre Angela. L’amico che era con lui nel furgone si chiama Naziq ed è coetaneo. È stato uno degli automobilisti italiani che seguivano il “Ducato” a dare l’allarme chiamando il “113”. «Hanno visto tutto continua Faruk Tabassum Mohammad, quando è arrivata la polizia, era a terra. Lì per lì, per paura di ritorsioni, ha detto di essersi sentito male. Ma in ospedale, prima di perdere conoscenza, ha raccontato tutto: gli agenti ormai avevano sentito i testimoni». Basharat era stato trattenuto in Osservazione al “Policlinico Casilino”. «Martedì mattina aggiunge l’amico i medici si sono resi conto che si stava “paralizzando”. Non rispondeva più. Hanno chiamato di corsa la moglie per farsi autorizzare a operarlo. Il pugno gli ha provocato un’emorragia cerebrale: una cosa incredibile». A Tor Bella Monaca, periferia est, storie che si ripetono, qualcosa che sta accadendo
Dal Messaggero on line
di Luca Lippera
ROMA (29 marzo) - «Chi siete? Ma che volete?». Mohammad Basharat, 35 anni, un negoziante pakistano, non capiva. Cinque giovani italiani mai visti e conosciuti capelli corti, orecchini, berrettini da baseball lo stavano tirando fuori a forza da un furgone fermo a un semaforo a Tor Bella Monaca e di sicuro non era un film. Un pugno devastante al volto gli ha spiegato in una frazione di secondo che c’era una caccia in corso e che c’era anche una preda: volevano lui, gli sconosciuti, e se non proprio lui la carnagione scura, i capelli dardeggianti come gli occhi, la faccia inconfondibile da straniero. È crollato a terra svenuto, Mohammad, e poi si è ripreso. Un’illusione: l’immigrato, colpito da «una vasta emorragia cerebrale», è crollato dopo poche ore: è stato operato al cervello e ora lotta per la vita nel Reparto Rianimazione del Policlinico “Casilino”.L’aggressione è avvenuta lunedì scorso nel primo pomeriggio. Ma fino a ieri era stata taciuta. La polizia ritiene «molto plausibile» l’ipotesi di un raid «a sfondo xenofobo» anche se «alla vittima non sono state rivolte espressioni esplicitamente razziste». Il commissariato “Casilino Nuovo”, che segue le indagini, ha trasmesso gli atti alla Squadra Mobile. I teppisti, tutti giovani intorno a vent’anni, non sono stati rintracciati. I carabinieri, sempre ieri, hanno arrestato a Tor Bella Monaca alcuni ragazzi con l’accusa di aver pestato «senza motivo» un bengalese. Le modalità sembrano simili all’assalto contro il pakistano. Si sta cercando di capire se i gruppuscoli fossero collegati. Mesi fa quattro adolescenti, sempre nella zona, assalirono un cinese alla fermata del bus, dopodiché toccò a un altro bengalese.C’è anche una tragedia nella tragedia. La moglie del pakistano, Karunasekera, del Bangladesh, era incinta di tre mesi. Era. Lo stress le è stato fatale. Venerdì la donna ha perso il bambino. «Mohammad è peggiorato nelle ultime ore racconta Faruk Tabassum, 42 anni, interprete, un connazionale amico di famiglia della vittima La Tac non va bene. Siamo pronti al peggio. È stata una cosa incredibile e non è bello che finora nessuno ne abbia parlato. Lunedì tra le tre e le quattro Mohammad era fermo alla guida del suo Fiat “Ducato” con un amico al fianco. Erano stati a fare la spesa al supermercato “Pewex” di Tor Bella Monaca e stavano lì vicino. Quelli sono arrivati all’improvviso e l’hanno tirato fuori. Lui non capiva. Poi c’è stato il pugno».Il pakistano, in Italia da dieci anni, ha un negozio di alimentari a Torre Angela. L’amico che era con lui nel furgone si chiama Naziq ed è coetaneo. È stato uno degli automobilisti italiani che seguivano il “Ducato” a dare l’allarme chiamando il “113”. «Hanno visto tutto continua Faruk Tabassum Mohammad, quando è arrivata la polizia, era a terra. Lì per lì, per paura di ritorsioni, ha detto di essersi sentito male. Ma in ospedale, prima di perdere conoscenza, ha raccontato tutto: gli agenti ormai avevano sentito i testimoni». Basharat era stato trattenuto in Osservazione al “Policlinico Casilino”. «Martedì mattina aggiunge l’amico i medici si sono resi conto che si stava “paralizzando”. Non rispondeva più. Hanno chiamato di corsa la moglie per farsi autorizzare a operarlo. Il pugno gli ha provocato un’emorragia cerebrale: una cosa incredibile». A Tor Bella Monaca, periferia est, storie che si ripetono, qualcosa che sta accadendo
Dal Messaggero on line
venerdì 20 marzo 2009
Morte naturale?
Algerino muore nel Cie di Ponte GaleriaTestimone a radio: picchiato da polizia
La Croce Rossa: morto per cause naturali. Disposta autopsiaIl Viminale ha ordinato un'inchesta per chiarire i fatti
Approfondimenti
■ Garante detenuti: Cie di Ponte Galeria in emergenza permanenteROMA (19 marzo) - Un immigrato algerino di 40 anni è morto ieri sera in una camerata del Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma a causa «di un arresto cardiocircolatorio». L'immigrato era arrivato ieri da Modena. Polemiche. Il direttore del Centro, Fabio Ciciliano, ha confermato a PeaceReporter la morte dell'uomo «smentendo che sia avvenuta a causa delle percosse». L'uomo, ha aggiunto Ciciliano, era un tossicodipendente. A Radio Popolare un immigrato aveva raccontato che l'uomo «è uscito per essere medicato, ma i poliziotti lo hanno picchiato e lo hanno rimandato in cella».Croce Rossa: morte naturale. Ad accorgersi che lo straniero era morto sono stati questa mattina gli altri immigrati che hanno avvertito la polizia. A constatare la morte dell'algerino la Croce Rossa secondo la quale si è trattato di morte per cause naturali dovute a un arresto cardiocircolatorio. Inutili i tentativi di rianimarlo.La testimonianza a Radio Popolare. «Noi - ha detto l'immigrato - dicevamo a loro che era morto ma i poliziotti dicevano che faceva finta di essere morto per uscire e scappare. È successo stanotte intorno alle 11. Non hanno fatto niente, lo hanno fatto sdraiare, lui ha cominciato a pregare perché aveva capito che stava per morire, ma loro continuavano a pensare che lui volesse uscire fuori per scappare». E ancora: «Quell'uomo ieri sera si è sentito male, aveva male allo stomaco, hanno chiamato la Croce Rossa per vedere cosa c'era, ma la polizia ha fatto dei problemi». Il testimone dice che «la polizia lo ha picchiato, non lo so con cosa, poi lui è tornato in stanza. Oggi lo hanno trovato morto. Aveva la faccia gonfia, i piedi e le mani blu», ha detto il testimone.Disposta l'autopsia. Il direttore del Centro di Ponte Galeria ha avvertito l'autorità giudiziaria che ha disposto l'autopsia per accertare le cause della morte.Chiedono un'indagine sulla morte dell'immigrato Massimiliano Smeriglio, assessore provinciale alle Politiche del Lavoro e Formazione, il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Guido Milana e l'assessore al Bilancio della Regione Lazio Luigi Nieri.Inchiesta del Viminale. Il ministero dell'Interno, in relazione alla morte del ragazzo algerino nel centro di identificazione ed espulsione Ponte Galeria a Roma, ha disposto un'indagine amministrativa per chiarire le circostanze e i fatti avvenuti anche in relazione al rispetto delle regole cui è tenuto il gestore del centro. «Si tratta - spiega il Viminale - di una prassi doverosa già attuata in altre tragiche circostanze, nel rispetto dell'autonoma valutazione dell'autorità giudiziaria».
Dal Messaggero on line
La Croce Rossa: morto per cause naturali. Disposta autopsiaIl Viminale ha ordinato un'inchesta per chiarire i fatti
Approfondimenti
■ Garante detenuti: Cie di Ponte Galeria in emergenza permanenteROMA (19 marzo) - Un immigrato algerino di 40 anni è morto ieri sera in una camerata del Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma a causa «di un arresto cardiocircolatorio». L'immigrato era arrivato ieri da Modena. Polemiche. Il direttore del Centro, Fabio Ciciliano, ha confermato a PeaceReporter la morte dell'uomo «smentendo che sia avvenuta a causa delle percosse». L'uomo, ha aggiunto Ciciliano, era un tossicodipendente. A Radio Popolare un immigrato aveva raccontato che l'uomo «è uscito per essere medicato, ma i poliziotti lo hanno picchiato e lo hanno rimandato in cella».Croce Rossa: morte naturale. Ad accorgersi che lo straniero era morto sono stati questa mattina gli altri immigrati che hanno avvertito la polizia. A constatare la morte dell'algerino la Croce Rossa secondo la quale si è trattato di morte per cause naturali dovute a un arresto cardiocircolatorio. Inutili i tentativi di rianimarlo.La testimonianza a Radio Popolare. «Noi - ha detto l'immigrato - dicevamo a loro che era morto ma i poliziotti dicevano che faceva finta di essere morto per uscire e scappare. È successo stanotte intorno alle 11. Non hanno fatto niente, lo hanno fatto sdraiare, lui ha cominciato a pregare perché aveva capito che stava per morire, ma loro continuavano a pensare che lui volesse uscire fuori per scappare». E ancora: «Quell'uomo ieri sera si è sentito male, aveva male allo stomaco, hanno chiamato la Croce Rossa per vedere cosa c'era, ma la polizia ha fatto dei problemi». Il testimone dice che «la polizia lo ha picchiato, non lo so con cosa, poi lui è tornato in stanza. Oggi lo hanno trovato morto. Aveva la faccia gonfia, i piedi e le mani blu», ha detto il testimone.Disposta l'autopsia. Il direttore del Centro di Ponte Galeria ha avvertito l'autorità giudiziaria che ha disposto l'autopsia per accertare le cause della morte.Chiedono un'indagine sulla morte dell'immigrato Massimiliano Smeriglio, assessore provinciale alle Politiche del Lavoro e Formazione, il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Guido Milana e l'assessore al Bilancio della Regione Lazio Luigi Nieri.Inchiesta del Viminale. Il ministero dell'Interno, in relazione alla morte del ragazzo algerino nel centro di identificazione ed espulsione Ponte Galeria a Roma, ha disposto un'indagine amministrativa per chiarire le circostanze e i fatti avvenuti anche in relazione al rispetto delle regole cui è tenuto il gestore del centro. «Si tratta - spiega il Viminale - di una prassi doverosa già attuata in altre tragiche circostanze, nel rispetto dell'autonoma valutazione dell'autorità giudiziaria».
Dal Messaggero on line
Etichette:
GIUSTIZIA,
IMMIGRAZIONE,
TRAGEDIA,
VIOLENZA
venerdì 13 marzo 2009
Un caso emblematico che rischia di ripetersi
Il caso. Bari, per i sanitari la donna era malata da mesi: una semplice visita poteva salvarla
Il primario: la tubercolosi va curata subito, basta un colpo di tosse per contrarla
Teme la denuncia e non va in ospedaleprostituta muore di Tbc, rischio contagio
di MARA CHIARELLI
Il Policlinico di Bari
BARI - Era clandestina da alcuni mesi, per vivere faceva la prostituta e per paura non è andata in ospedale: è morta per tubercolosi polmonare avanzata, e dunque altamente contagiosa. E ora scatta l'allarme sanitario: Joy Johnson, la giovane nigeriana di 24 anni, trovata agonizzante da un cliente venerdì sera nelle campagne alle porte di Bari, potrebbe aver contagiato decine di persone che avevano avuto rapporti con lei, gli stessi soccorritori e i connazionali del centro d'accoglienza dove per un mese aveva vissuto. Per precauzione ieri è stato chiuso l'istituto di medicina legale del Policlinico. E medici e poliziotti invitano chi avesse avuto rapporti con la nigeriana a contattare il più vicino ospedale. Quella di Joy era una tragedia annunciata. All'arrivo dei sanitari del 118, Joy Johnson, da novembre in città, perdeva sangue dalla bocca. La ragazza era malata da diversi mesi, ma se si fosse sottoposta a un esame del sangue o a una radiografia, oggi sarebbe ancora viva. L'allarme, ora, e l'invito a farsi controllare è rivolto ai clienti e a tutti coloro che dal 14 novembre (data di arrivo al Cara di Bari) hanno avuto contatti ravvicinati con lei. Tra questi, quell'uomo che, usando il telefono cellulare di Joy Johnson, ha chiesto aiuto alla polizia. "La tubercolosi va curata subito - dichiara il primario di Pneumologia del Policlinico di Bari, Anna Maria Moretti - perché anche le forme inizialmente non contagiose, senza terapia adeguata, lo possono diventare". Basta un colpo di tosse per contrarla, visto che si diffonde per via aerea. "È consigliabile sottoporsi a un test, l'intradermo reazione alla turbercolina, da fare in ospedale - spiega la specialista - Si tratta dell'inoculazione sotto cute di una sostanza che produce una reazione, da monitorare a casa per tre giorni. Se fosse positiva, va fatta la radiografia al torace, ma questo lo deve decidere il medico".
Si associa all'invito, ridimensionando l'allarme, il questore di Bari, Giorgio Manari: "E' idoneo e opportuno - dichiara - rispettare ciò che un medico e le autorità sanitarie dicono in questo senso". Subito dopo aver ricevuto il referto dell'autopsia, effettuata dal medico legale Francesco Introna, il pm incaricato delle indagini, Francesco Bretone ne ha dato comunicazione alle Asl, come prevede la legge. Immediati è scattata la profilassi nel Cara e nei confronti di chiunque abbia avuto contatti con la giovane donna, anche dopo il decesso. In caso di contagio accertato, la terapia, di tipo farmacologico, è lunga (dai sei ai nove mesi) ma dà il controllo totale della malattia. Bisogna però, sostengono i medici, tenere più alta l'attenzione su una patologia che, considerata scomparsa, si sta nuovamente manifestando in Italia a causa di due fattori: scarsa prevenzione e l'arrivo di extracomunitari che si portano dietro malattie endemiche nei loro Paesi, come la tubercolosi e l'Aids.
Da Repubblica on line
Il primario: la tubercolosi va curata subito, basta un colpo di tosse per contrarla
Teme la denuncia e non va in ospedaleprostituta muore di Tbc, rischio contagio
di MARA CHIARELLI
Il Policlinico di Bari
BARI - Era clandestina da alcuni mesi, per vivere faceva la prostituta e per paura non è andata in ospedale: è morta per tubercolosi polmonare avanzata, e dunque altamente contagiosa. E ora scatta l'allarme sanitario: Joy Johnson, la giovane nigeriana di 24 anni, trovata agonizzante da un cliente venerdì sera nelle campagne alle porte di Bari, potrebbe aver contagiato decine di persone che avevano avuto rapporti con lei, gli stessi soccorritori e i connazionali del centro d'accoglienza dove per un mese aveva vissuto. Per precauzione ieri è stato chiuso l'istituto di medicina legale del Policlinico. E medici e poliziotti invitano chi avesse avuto rapporti con la nigeriana a contattare il più vicino ospedale. Quella di Joy era una tragedia annunciata. All'arrivo dei sanitari del 118, Joy Johnson, da novembre in città, perdeva sangue dalla bocca. La ragazza era malata da diversi mesi, ma se si fosse sottoposta a un esame del sangue o a una radiografia, oggi sarebbe ancora viva. L'allarme, ora, e l'invito a farsi controllare è rivolto ai clienti e a tutti coloro che dal 14 novembre (data di arrivo al Cara di Bari) hanno avuto contatti ravvicinati con lei. Tra questi, quell'uomo che, usando il telefono cellulare di Joy Johnson, ha chiesto aiuto alla polizia. "La tubercolosi va curata subito - dichiara il primario di Pneumologia del Policlinico di Bari, Anna Maria Moretti - perché anche le forme inizialmente non contagiose, senza terapia adeguata, lo possono diventare". Basta un colpo di tosse per contrarla, visto che si diffonde per via aerea. "È consigliabile sottoporsi a un test, l'intradermo reazione alla turbercolina, da fare in ospedale - spiega la specialista - Si tratta dell'inoculazione sotto cute di una sostanza che produce una reazione, da monitorare a casa per tre giorni. Se fosse positiva, va fatta la radiografia al torace, ma questo lo deve decidere il medico".
Si associa all'invito, ridimensionando l'allarme, il questore di Bari, Giorgio Manari: "E' idoneo e opportuno - dichiara - rispettare ciò che un medico e le autorità sanitarie dicono in questo senso". Subito dopo aver ricevuto il referto dell'autopsia, effettuata dal medico legale Francesco Introna, il pm incaricato delle indagini, Francesco Bretone ne ha dato comunicazione alle Asl, come prevede la legge. Immediati è scattata la profilassi nel Cara e nei confronti di chiunque abbia avuto contatti con la giovane donna, anche dopo il decesso. In caso di contagio accertato, la terapia, di tipo farmacologico, è lunga (dai sei ai nove mesi) ma dà il controllo totale della malattia. Bisogna però, sostengono i medici, tenere più alta l'attenzione su una patologia che, considerata scomparsa, si sta nuovamente manifestando in Italia a causa di due fattori: scarsa prevenzione e l'arrivo di extracomunitari che si portano dietro malattie endemiche nei loro Paesi, come la tubercolosi e l'Aids.
Da Repubblica on line
Etichette:
ACCOGLIENZE,
DISCRIMINAZIONE,
INTOLLERANZA,
MIGRAZIONE,
SALUTE
giovedì 12 marzo 2009
Noi non segnalamo day
17 marzo 2009:
“NOI NON SEGNALIAMO DAY”
La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) attraverso i Gruppi Immigrazione e Salute (GrIS), in collaborazione con Medici Senza Frontiere, Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG), organizza una giornata di protesta e mobilitazione contro il disegno di legge sulla sicurezza in discussione alla Camera dei Deputati che prevede la cancellazione del divieto di segnalazione per gli immigrati senza permesso di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie per curarsi.
Con i contenuti dell'appello già presentato in occasione della discussione dell'emendamento in Senato "Divieto di segnalazione: siamo operatori della salute, non siamo spie", si vuole spiegare ancora una volta l'assoluta insensatezza di tale provvedimento in termini di sanità pubblica, di economia sanitaria, di sicurezza e di valori etici e deontologici.
IL GIORNO 17 MARZO 2009,
PARTECIPATE
DALLE 9.00 ALLE 11.00
AL PRESIDIO DI OPERATORI DELLA SALUTE
IN PIAZZA SAN MARCO (ANGOLO PIAZZA VENEZIA)
E ALLE ORE 12.00
ALLA CONFERENZA STAMPA, PRESSO L’OSPEDALE SAN CAMILLO, ORGANIZZATA DA
Ø REGIONE LAZIO
Ø SIMM – GrIS LAZIO
Ø AZIENDA OSPEDALIERA SAN CAMILLO FORLANINI
CON L’ADESIONE DI MSF, OISG, ASGI, INMP, AMSI, ORDINE DEGLI PSICOLOGI DEL LAZIO
ALTRI ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI STANNO ADERENDO
Salvatore Geraci Presidente SIMM
Filippo Gnolfo Portavoce GrIS Lazio
Partecipate e diffondete l’invito
“NOI NON SEGNALIAMO DAY”
La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) attraverso i Gruppi Immigrazione e Salute (GrIS), in collaborazione con Medici Senza Frontiere, Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG), organizza una giornata di protesta e mobilitazione contro il disegno di legge sulla sicurezza in discussione alla Camera dei Deputati che prevede la cancellazione del divieto di segnalazione per gli immigrati senza permesso di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie per curarsi.
Con i contenuti dell'appello già presentato in occasione della discussione dell'emendamento in Senato "Divieto di segnalazione: siamo operatori della salute, non siamo spie", si vuole spiegare ancora una volta l'assoluta insensatezza di tale provvedimento in termini di sanità pubblica, di economia sanitaria, di sicurezza e di valori etici e deontologici.
IL GIORNO 17 MARZO 2009,
PARTECIPATE
DALLE 9.00 ALLE 11.00
AL PRESIDIO DI OPERATORI DELLA SALUTE
IN PIAZZA SAN MARCO (ANGOLO PIAZZA VENEZIA)
E ALLE ORE 12.00
ALLA CONFERENZA STAMPA, PRESSO L’OSPEDALE SAN CAMILLO, ORGANIZZATA DA
Ø REGIONE LAZIO
Ø SIMM – GrIS LAZIO
Ø AZIENDA OSPEDALIERA SAN CAMILLO FORLANINI
CON L’ADESIONE DI MSF, OISG, ASGI, INMP, AMSI, ORDINE DEGLI PSICOLOGI DEL LAZIO
ALTRI ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI STANNO ADERENDO
Salvatore Geraci Presidente SIMM
Filippo Gnolfo Portavoce GrIS Lazio
Partecipate e diffondete l’invito
Etichette:
ACCOGLIENZE,
CONVIVENZA,
IMMIGRAZIONE,
ITALIA,
PREGIUDIZIO
lunedì 9 marzo 2009
Gira che ti rigira alla fine non è mai razzismo
Napoli: etiope aggredito, per polizia e' 'bullismo'
09 mar 22:37
NAPOLI - Nonostante sia stato assalito al grido di 'sporco negro' da due giovani teste rasate e nonostate l'aggressioone sia avvenuta vicino ai centri sociali di piazza del Gesu', le indagini della Digos di Napoli sul pestaggio dello studente italo-etiope Marco Beyene, avvenuto giovedi' notte nel centro storico, sarebbero orientate verso un episodio legato al bullismo anziche' al razzismo: lo si apprende da fonti della Questura partenopea. La vittima e' stata per ore oggi in Questura, senza riconoscere nessuno nelle fotosegnaletiche di naziskin che gli agenti gli hanno mostrato. (Agr)
Dal Corriere della Sera on Line
09 mar 22:37
NAPOLI - Nonostante sia stato assalito al grido di 'sporco negro' da due giovani teste rasate e nonostate l'aggressioone sia avvenuta vicino ai centri sociali di piazza del Gesu', le indagini della Digos di Napoli sul pestaggio dello studente italo-etiope Marco Beyene, avvenuto giovedi' notte nel centro storico, sarebbero orientate verso un episodio legato al bullismo anziche' al razzismo: lo si apprende da fonti della Questura partenopea. La vittima e' stata per ore oggi in Questura, senza riconoscere nessuno nelle fotosegnaletiche di naziskin che gli agenti gli hanno mostrato. (Agr)
Dal Corriere della Sera on Line
Etichette:
DISCRIMINAZIONE,
PREGIUDIZIO,
RAZZISMO,
TOLERANZA,
VIOLENZA
domenica 8 marzo 2009
Aggressione razzista a Napoli
È figlio di un noto docente dell'università orientale
Napoli, studente italo-etiope denuncia aggressione. «Nessuno è intervenuto»
Marco Beyenne, 22 anni, è stato aggredito e picchiatoda due uomini con la testa rasata in una piazza affollata
Marco Beyenne (Ansa)NAPOLI - Aggressione a sfondo razzista a Napoli. L'ha denunciata Marco Beyenne, uno studente italo-etiope di 22 anni di Capaccio (Salerno), iscritto alla facoltà di Scienze Politiche dell'università Orientale di Napoli. È figlio di un noto docente universitario in pensione, Yakob Beyenne, tuttora legato all'ateneo da un contratto di collaborazione per la cattedra di filologia etiopica.
«NESSUNO È INTERVENUTO» - «Le ferite al volto fanno molto meno male di quelle che ho dentro» ha detto il ragazzo, aggredito nella notte tra giovedì e venerdì nel centro di Napoli da due giovani che, al grido di «negro di m...», lo hanno ripetutamente colpito al volto con una cintura. L'aggressione è avvenuta davanti a una trentina di persone che, secondo lo studente, si sono limitati ad assistere alla scena. «Ero in compagnia di un amico, anche lui studente - spiega Marco Bayenne -. Stavamo facendo una passeggiata in piazza del Gesù e volevamo andare a bere qualcosa in un locale molto frequentato dagli studenti, specie il giovedì notte. All'uscita dal locale, due persone si sono avvicinate e mi hanno chiesto cosa volessi. Non ho avuto neppure il tempo di rispondere, che uno dei due, con il capo rasato, ha tirato fuori una cintura e ha cominciato a colpirmi al volto con una ferocia inaudita, mentre gridava frasi del tipo 'negro di m...»'. Molti i giovani presenti nella piazza che hanno assistito alla scena. «Non uno dei presenti ha alzato un dito - prosegue Marco -. Nessuno ha avuto il coraggio di intervenire, nonostante l'aggressione sia durata un paio di minuti. Solo il mio amico ha tentato di difendermi, prendendosi la sua dose di calci e pugni». Alla fine Beyenne è riuscito a divincolarsi, rifugiandosi in una rosticceria. «Sanguinavo dal viso, così il titolare del locale mi ha dato dei fazzolettini di carta per ripulirmi». Poi l'arrivo in ospedale, dove lo studente è stato medicato e dimesso. «Quando siamo andati al commissariato di polizia di via San Biagio, gli agenti stentavano a crederci - racconta la vittima -, uno di loro mi ha detto che a Napoli non si era mai verificata un'aggressione a sfondo razziale. Erano tutti molto dispiaciuti».
«CLIMA DI INTOLLERANZA» - «Sono di nuovo a Capaccio - aggiunge il giovane italo-etiope -, sono tornato a casa per ritrovare la serenità smarrita. Ma da lunedì sarò ancora una volta tra i banchi dell'università, come sempre. Spero che sia il primo e l'ultimo episodio di razzismo in una città tanto bella e tollerante come Napoli, anche se da qualche mese respiro un'aria che non mi piace, un'aria di insofferenza che può essere molto pericolosa». «Mio marito è in Italia dall'inizio degli anni Sessanta - dice Paola Raeli, moglie di Yaqob Beyenne -. È un uomo stimato e amato da tutti e in tutto questo tempo non è mai accaduto niente né a lui né a mio figlio, ma ora ho paura. Quello che è accaduto giovedì notte è il sintomo che qualcosa nel nostro paese sta cambiando. C'è un clima di intolleranza».
Da Repubblica on line
Napoli, studente italo-etiope denuncia aggressione. «Nessuno è intervenuto»
Marco Beyenne, 22 anni, è stato aggredito e picchiatoda due uomini con la testa rasata in una piazza affollata
Marco Beyenne (Ansa)NAPOLI - Aggressione a sfondo razzista a Napoli. L'ha denunciata Marco Beyenne, uno studente italo-etiope di 22 anni di Capaccio (Salerno), iscritto alla facoltà di Scienze Politiche dell'università Orientale di Napoli. È figlio di un noto docente universitario in pensione, Yakob Beyenne, tuttora legato all'ateneo da un contratto di collaborazione per la cattedra di filologia etiopica.
«NESSUNO È INTERVENUTO» - «Le ferite al volto fanno molto meno male di quelle che ho dentro» ha detto il ragazzo, aggredito nella notte tra giovedì e venerdì nel centro di Napoli da due giovani che, al grido di «negro di m...», lo hanno ripetutamente colpito al volto con una cintura. L'aggressione è avvenuta davanti a una trentina di persone che, secondo lo studente, si sono limitati ad assistere alla scena. «Ero in compagnia di un amico, anche lui studente - spiega Marco Bayenne -. Stavamo facendo una passeggiata in piazza del Gesù e volevamo andare a bere qualcosa in un locale molto frequentato dagli studenti, specie il giovedì notte. All'uscita dal locale, due persone si sono avvicinate e mi hanno chiesto cosa volessi. Non ho avuto neppure il tempo di rispondere, che uno dei due, con il capo rasato, ha tirato fuori una cintura e ha cominciato a colpirmi al volto con una ferocia inaudita, mentre gridava frasi del tipo 'negro di m...»'. Molti i giovani presenti nella piazza che hanno assistito alla scena. «Non uno dei presenti ha alzato un dito - prosegue Marco -. Nessuno ha avuto il coraggio di intervenire, nonostante l'aggressione sia durata un paio di minuti. Solo il mio amico ha tentato di difendermi, prendendosi la sua dose di calci e pugni». Alla fine Beyenne è riuscito a divincolarsi, rifugiandosi in una rosticceria. «Sanguinavo dal viso, così il titolare del locale mi ha dato dei fazzolettini di carta per ripulirmi». Poi l'arrivo in ospedale, dove lo studente è stato medicato e dimesso. «Quando siamo andati al commissariato di polizia di via San Biagio, gli agenti stentavano a crederci - racconta la vittima -, uno di loro mi ha detto che a Napoli non si era mai verificata un'aggressione a sfondo razziale. Erano tutti molto dispiaciuti».
«CLIMA DI INTOLLERANZA» - «Sono di nuovo a Capaccio - aggiunge il giovane italo-etiope -, sono tornato a casa per ritrovare la serenità smarrita. Ma da lunedì sarò ancora una volta tra i banchi dell'università, come sempre. Spero che sia il primo e l'ultimo episodio di razzismo in una città tanto bella e tollerante come Napoli, anche se da qualche mese respiro un'aria che non mi piace, un'aria di insofferenza che può essere molto pericolosa». «Mio marito è in Italia dall'inizio degli anni Sessanta - dice Paola Raeli, moglie di Yaqob Beyenne -. È un uomo stimato e amato da tutti e in tutto questo tempo non è mai accaduto niente né a lui né a mio figlio, ma ora ho paura. Quello che è accaduto giovedì notte è il sintomo che qualcosa nel nostro paese sta cambiando. C'è un clima di intolleranza».
Da Repubblica on line
Etichette:
DISCRIMINAZIONE,
PREGIUDIZIO,
RAZZISMO,
TOLERANZA,
VIOLENZA
sabato 7 marzo 2009
meditate
Aggressioni razziste sul bus
Ostia, Roma, linea 05/ treno 5 vettura 6024 diretto a Via Ebridi proveniente da Via Mar Rosso alla prima fermata dopo che Via dei Velieri incrocia Viale Vasco de Gama sono costretto ad arrestare la corsa del mezzo, aprire le porte e per la seconda volta in meno di 12 mesi a frappormi tra una donna italiana e una ragazza straniera (stavolta era dell'est europeo anziché nera) per evitare che si arrivi alle mani e finisca per pagarne il conto un bambino.La vettura era piuttosto piena, la giornata bella e tutto procedeva tranquillamente quando una signora italiana di piccola statura con i capelli biondi ha iniziato a inveire contro una giovane ragazza per il passeggino con il bambino dentro che a suo dire le intralciava il passaggio, ne è nato un alterco tra le due donne con i toni usati dalla signora italiana che in un crescendo rossiniano divenivano sempre meno inerenti al passeggino e sempre più a sfondo razziale.La giovane mamma ha avuto inizialmente un reazione di indifferenza e silenzio per poi cercare di rispondere educatamente quando alla fine, ripetutamente insultata (si è partiti da "siete tutti assassini" fino a "rimonta sur gommone") in preda alle lacrime si è lanciata addosso alla sua controparte, inevitabile l'arresto della vettura, l'apertura delle porte e il dover intervenire frapponendomi tra le due contendenti, per fortuna questa volta non ho riscontrato la totale indifferenza della volta precedente e un ragazzo è corso in mio aiuto per sedare la lite ma purtroppo la tensione si è diffusa e alla fine l'intera vettura si è divisa tra chi esigeva da me che facessi scendere la giovane ragazza e il suo passeggino e chi altresì incitava invece a far scendere la signora italiana.Una situazione assurda in cui ho dovuto urlare a squarciagola per sedare gli animi e affermare in tono imperativo che non avevo la facoltà di far scendere nessuno e che non potevo assolutamente toccare nessuno; in tutto questo tra le sostenitrici (perché la cosa triste è che a quell'ora verso le 11.39 i passeggeri sono per lo più anziane e donne) della defenestrazione della ragazza e del passeggino spuntava una signora bionda che mi accusava di essere la causa del problema anzi di averne in toto la colpa e la responsabilità perché avrei dovuto sin dall'inizio impedire alla ragazza e al suo passeggino di salire a bordo del mezzo!A mio vantaggio per sedare gli animi e contenere la situazione ha giocato il tipo di vettura (Mercedes Citaro) caratterizzato da pochi posti in piedi, corridoio di camminamento strettissimo (permette il passaggio di una sola persona), due solo porte (di cui una singola posta sulla parte anteriore) con il quale ho cerchiobottistamente convinto le parti in causa che sebbene la norma preveda che i passeggini siano chiusi e i bambini presi in braccio era pur vero e incontrovertibile che il modello di bus era privo di spazi nei quali seppure chiuso fosse possibile tenere il passeggino (il corridoio ne risulterebbe comunque ostruito e lo spazio tra sedili è insufficiente, sfido chiunque con un passeggino e un metro a sostenere il contrario e dimostrarlo) , alla fine ho convinto la signora italiana ad accomodarsi vicino a me al posto guida (scoperto) e l'ho portata a distanza di sicurezza dalla ragazza dell'est.Ciò che mi ha molto colpito è la vicinanza di due casi simili in uno spazio di tempo non molto ampio con un iter identico e un casus belli futile, indubbiamente le caratteristiche tecniche della vettura hanno influito ma la volta precedente si trattava ma questo non spiega il sentirsi coinvolto con il dovere di schierarsi di tutti gli altri passeggeri, si è calpestato tutto dalla sacralità della maternità (e a farlo erano delle donne!!!) all'innocenza di un bambino fino alla dignità umana!La cosa sconvolgente è che erano presenti tra le passeggere donne anziane che hanno visto la guerra, le deportazioni, il fascismo e che pure inveivano genericamente contro la ragazza pretendendo che la buttassi fuori e la lasciassi a piedi per il passeggino ma sottolineando che se lo teneva aperto era per la sua provenienza geografica come se questa determinasse aprioristicamente il suo comportamento!Se anche chi rappresenta la memoria vivente del passato ha dimenticato quanto orribile sia discriminare una persona, un essere umano per via del suo luogo di nascita mi chiedo se non si sia passato il confine che ci divide da una società non più degna di questo nome.La cosa bella (si fa per dire) è che tutte le donne munite di passeggino non lo chiudono mai! Di qualunque colore, razza o religione! E che solitamente invitarle a farlo scateni una reazioni che vede l'autista letteralmente ricoperto di insulti da tutti i passeggeri che immantinentemente solidarizzano con la mamma in barba alle regole! L'altra cosa che evidenzia quanto sia soggetto a variazioni notevoli il comportamento umano è che se invece di una giovane ragazza sola ci fossero stati 4 o 5 bulletti (made in italy o d'importazione non conta) con i piedi sui sedili e la musica a tutto volume nessuno avrebbe fiatato!Ci sono cose che non capirò mai.
Da IL Messaggero on line
Ostia, Roma, linea 05/ treno 5 vettura 6024 diretto a Via Ebridi proveniente da Via Mar Rosso alla prima fermata dopo che Via dei Velieri incrocia Viale Vasco de Gama sono costretto ad arrestare la corsa del mezzo, aprire le porte e per la seconda volta in meno di 12 mesi a frappormi tra una donna italiana e una ragazza straniera (stavolta era dell'est europeo anziché nera) per evitare che si arrivi alle mani e finisca per pagarne il conto un bambino.La vettura era piuttosto piena, la giornata bella e tutto procedeva tranquillamente quando una signora italiana di piccola statura con i capelli biondi ha iniziato a inveire contro una giovane ragazza per il passeggino con il bambino dentro che a suo dire le intralciava il passaggio, ne è nato un alterco tra le due donne con i toni usati dalla signora italiana che in un crescendo rossiniano divenivano sempre meno inerenti al passeggino e sempre più a sfondo razziale.La giovane mamma ha avuto inizialmente un reazione di indifferenza e silenzio per poi cercare di rispondere educatamente quando alla fine, ripetutamente insultata (si è partiti da "siete tutti assassini" fino a "rimonta sur gommone") in preda alle lacrime si è lanciata addosso alla sua controparte, inevitabile l'arresto della vettura, l'apertura delle porte e il dover intervenire frapponendomi tra le due contendenti, per fortuna questa volta non ho riscontrato la totale indifferenza della volta precedente e un ragazzo è corso in mio aiuto per sedare la lite ma purtroppo la tensione si è diffusa e alla fine l'intera vettura si è divisa tra chi esigeva da me che facessi scendere la giovane ragazza e il suo passeggino e chi altresì incitava invece a far scendere la signora italiana.Una situazione assurda in cui ho dovuto urlare a squarciagola per sedare gli animi e affermare in tono imperativo che non avevo la facoltà di far scendere nessuno e che non potevo assolutamente toccare nessuno; in tutto questo tra le sostenitrici (perché la cosa triste è che a quell'ora verso le 11.39 i passeggeri sono per lo più anziane e donne) della defenestrazione della ragazza e del passeggino spuntava una signora bionda che mi accusava di essere la causa del problema anzi di averne in toto la colpa e la responsabilità perché avrei dovuto sin dall'inizio impedire alla ragazza e al suo passeggino di salire a bordo del mezzo!A mio vantaggio per sedare gli animi e contenere la situazione ha giocato il tipo di vettura (Mercedes Citaro) caratterizzato da pochi posti in piedi, corridoio di camminamento strettissimo (permette il passaggio di una sola persona), due solo porte (di cui una singola posta sulla parte anteriore) con il quale ho cerchiobottistamente convinto le parti in causa che sebbene la norma preveda che i passeggini siano chiusi e i bambini presi in braccio era pur vero e incontrovertibile che il modello di bus era privo di spazi nei quali seppure chiuso fosse possibile tenere il passeggino (il corridoio ne risulterebbe comunque ostruito e lo spazio tra sedili è insufficiente, sfido chiunque con un passeggino e un metro a sostenere il contrario e dimostrarlo) , alla fine ho convinto la signora italiana ad accomodarsi vicino a me al posto guida (scoperto) e l'ho portata a distanza di sicurezza dalla ragazza dell'est.Ciò che mi ha molto colpito è la vicinanza di due casi simili in uno spazio di tempo non molto ampio con un iter identico e un casus belli futile, indubbiamente le caratteristiche tecniche della vettura hanno influito ma la volta precedente si trattava ma questo non spiega il sentirsi coinvolto con il dovere di schierarsi di tutti gli altri passeggeri, si è calpestato tutto dalla sacralità della maternità (e a farlo erano delle donne!!!) all'innocenza di un bambino fino alla dignità umana!La cosa sconvolgente è che erano presenti tra le passeggere donne anziane che hanno visto la guerra, le deportazioni, il fascismo e che pure inveivano genericamente contro la ragazza pretendendo che la buttassi fuori e la lasciassi a piedi per il passeggino ma sottolineando che se lo teneva aperto era per la sua provenienza geografica come se questa determinasse aprioristicamente il suo comportamento!Se anche chi rappresenta la memoria vivente del passato ha dimenticato quanto orribile sia discriminare una persona, un essere umano per via del suo luogo di nascita mi chiedo se non si sia passato il confine che ci divide da una società non più degna di questo nome.La cosa bella (si fa per dire) è che tutte le donne munite di passeggino non lo chiudono mai! Di qualunque colore, razza o religione! E che solitamente invitarle a farlo scateni una reazioni che vede l'autista letteralmente ricoperto di insulti da tutti i passeggeri che immantinentemente solidarizzano con la mamma in barba alle regole! L'altra cosa che evidenzia quanto sia soggetto a variazioni notevoli il comportamento umano è che se invece di una giovane ragazza sola ci fossero stati 4 o 5 bulletti (made in italy o d'importazione non conta) con i piedi sui sedili e la musica a tutto volume nessuno avrebbe fiatato!Ci sono cose che non capirò mai.
Da IL Messaggero on line
Etichette:
CONVIVENZA,
INTOLLERANZA,
PREGIUDIZIO,
TOLERANZA
Iscriviti a:
Post (Atom)