martedì 2 settembre 2008

«Tornare in Nigeria? No, a me piace qui».

http://www.cronacaqui.it/news-tornare-in-nigeria-no-a-me-piace-qui-clandestina-assolta--_11711.html

La parrucchiera nata a Benin City resta a Torino. Ieri in aula cinque processi e altrettante assoluzioni

«Tornare in Nigeria? No, a me piace qui». Clandestina assolta

TORINO 02/09/2008 - L'imbianchino albanese e l'ambulante gabonese, la parrucchiera nigeriana e l'operaio marocchino, persino il rifugiato iracheno. Tutti clandestini, tutti quanti già raggiunti dall'ordine di lasciare il territorio nazionale. Un ordine ignorato con disarmante disinvoltura. Per questo motivo i cinque stranieri sono stati arrestati e poi processati. Ma per tutti è infine arrivata una sorprendente assoluzione. Assolti «perché il fatto non costituisce reato» e di nuovo liberi. Liberi di tornarsene a casa, liberi di ricominciare la vita di sempre. Una vita da clandestini.

L'imbianchino albanese
Si chiama Kleanthi Kongjani, è albanese e ha 28 anni. È irregolare in Italia, vive a Torino con il fratello e altri familiari. Fa l'imbianchino, lavora a Ivrea. Era stato fermato una prima volta a fine luglio, gli agenti gli avevano notificato l'ordine di lasciare il territorio italiano perché privo di un regolare permesso di soggiorno. Kleanthi Kongjani ignora l'ordine del Questore e continua la vita di sempre. Viene fermato una seconda volta a fine agosto, in questa occasione scatta l'arresto. Kongiani viene processato, ma il giudice Paolo Gallo accoglie le richieste della difesa e opta per la liberazione dell'imputato e l'assoluzione nel processo con rito abbreviato. Il motivo? L'imbianchino albanese è giovane, incensurato e ha un lavoro.

La parrucchiera nigeriana
Edith Oriri viene fermata per la prima volta nel gennaio di un anno fa. È priva di documenti, le viene ordinato di tornarsene in patria, in Nigeria. Ma lei resta in Italia. «Preferisco vivere qui, a me la Nigeria non piace», spiega ieri mattina al giudice Gallo. «Qui lavoro come parrucchiera, mi trovo bene. In Nigeria non saprei dove andare, lì è rimasta solo mia sorella». Edith viene fermata per la seconda volta alcuni giorni fa, viene arrestata e ieri mattina processata. E assolta «perché il fatto non costituisce reato».

L'ambulante gabonese
Habdull Fall non ha studiato, non sa leggere né scrivere. «Per questo motivo - spiega al giudice - non ho lasciato l'Italia. Non riuscivo infatti a capire cosa ci fosse scritto sul foglio che mi ha consegnato la polizia». Quel foglio gli intimava di lasciare al più presto il territorio nazionale. Habdull Fall, però, resta in Italia, a Torino. Dove continua a vendere le sue borse. Viene arrestato, processato. Assolto. Da oggi potrà tornare in strada a vendere i suoi prodotti.

L'operaio marocchino
Abdelrhafour Sellami ha 24 anni, vive a Torino con il padre e lo zio. «Lavoro, faccio l'operaio. E i soldi che guadagno devo spedirli in Marocco. Lì vive ancora mia madre, non ha un lavoro e io devo aiutarla». Abdelrhafour viene fermato una prima volta a giugno, quindi a fine agosto. «Non sono andato via dal vostro paese non solo perché devo mantenere mia madre, ma anche perché ho dovuto assistere per mesi mio padre malato». Assolto anche lui.

Il rifugiato iracheno
Mohmed Husseno è nato a Baghdad, città dalla quale è fuggito quando sono arrivati gli americani. «Non riuscivo a trovare lavoro, non riuscivo a mangiare. Lì c'è la guerra, è impossibile condurre una vita normale». Un ritornello ripetuto in aula anche dal difensore dell'imputato: «Su Baghdad piovono bombe quasi tutti i giorni, come può il mio cliente tornare a vivere in quell'inferno?». Accontentato. Mohmed Husseno viene scarcerato e assolto. Anche lui potrà ricominciare a vendere borse. Borse rigorosamente false.
Scritto da: Giovanni Falconieri - falconieri@cronacaqui.it

4 commenti:

Anonimo ha detto...

questi extracomununitari che non vogliono tornarsene a casa loro sono proprio irritanti, ci vogliono misure più drastiche!
Lavori forzati in carcere per esempio, ovviamente non retribuiti.

Chukbyke.Okey,C. ha detto...

@ anonymous; se per qualche combinazione sei capaci, leggi questo libero: Questo è la mia risposta per ora. Ci re sentiamo più tardi.
Charles
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L'Orda quando gli albanesi eravamo noi
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288 pagine
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Quando gli "albanesi" eravamo noi, ci linciavano perché rubavamo il lavoro o facevamo i crumiri, ci proibivano di mandare i figli alle scuole dei bianchi in Louisiana, ci consideravano "non visibilmente negri" nelle sentenze in Alabama. Quando gli "albanesi" eravamo noi, truffavamo mezza Europa raccogliendo soldi per riscattare inesistenti ostaggi dei saraceni, vendevamo i nostri bambini agli sfruttatori assassini delle vetrerie francesi e agli orchi girovaghi, gestivamo la tratta delle bianche riempiendo di donne nostre anche dodicenni i bordelli di tutto il mondo. Quando gli "albanesi" eravamo noi, espatriavamo clandestini a centinaia di migliaia oltre le Alpi e gli oceani, seminavamo il terrore anarchico ammazzando capi di stato e poveri passanti, dormivamo a turno in quattro nello stesso fetido letto ed eravamo così sporchi che a Basilea ci era interdetta la sala d'aspetto di terza classe. Quando gli "albanesi" eravamo noi, ci accusavano di essere tutti criminali, ci rinfacciavano di avere esportato la mafia e ci ricordavano che quasi la metà dei detenuti stranieri di New York era italiana. Quando gli "albanesi" eravamo noi, ci pesavano addosso secoli di fame, ignoranza, stereotipi infamanti. Quando gli "albanesi" eravamo noi, era solo ieri. Tanto che in Svizzera pochi anni fa tenevamo ancora trentamila figli nascosti che frequentavano scuole illegali perché ai papà non era consentito portarsi dietro la famiglia.

Nella ricostruzione di Gian Antonio Stella, ricca di fatti, personaggi, avventure, aneddoti, storie ignote, ridicole o sconvolgenti, c'è finalmente l'altra faccia della grande emigrazione italiana. Quella che meglio dovremmo conoscere proprio per capire, rispettare e amare ancora di più i nostri nonni, padri, madri e sorelle che partirono. Quella che abbiamo rimosso per ricordare solo gli "zii d'America" arricchiti e vincenti. Una scelta fatta per raccontare a noi stessi, in questi anni di confronto con le "orde" di immigrati in Italia e di montante xenofobia, che quando eravamo noi gli immigrati degli altri, eravamo "diversi". Eravamo più amati. Eravamo "migliori". Non è esattamente così.

Anonimo ha detto...

Ma non vi rendete conto che l'Italia si sta imbastardendo e non appartiene più agli italiani. Ti giri per strada e non vedi un solo Italiano, vai sulla metro, la stessa cosa, vai in ospedale e ancora peggio. Noi paghiamo le tasse per voi che sfruttate le nostre risorse, ma non durerà a lungo... finchè qualcuno non vi rimanderà a calci nel c...nei vostri paesi

Chukbyke.Okey,C. ha detto...

@anonimo Senza scendere ad insulti ecc con chi non ha il corraggio di firmare suo nome ti faccio solo una domanda:
Hai mai sentito la parola "LITTLE ITAY"?
Dove stanno,perchè e come?
Ciao
Charles



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