Dopo lo stupro, anche la beffa: lei è espulsa, salvi i carnefici
Scritto da supmod2 Città Giu 1, 2010 La testimone non c’è più. La ragazza nigeriana teste chiave nel processo che dovrebbe incastrare alle loro responsabilità cinque romeni accusati di stupri, violenze e d’essere gli spietati aguzzini di prostitute di colore, sembra svanita nel nulla. O, più verosimilmente, rimpatriata perché clandestina nel nostro Paese, vittima di una retata, stando a ciò che raccontano alcune sue amiche, nel corso della quale la donna non sarebbe stata in grado di spiegare la sua posizione, ne di esibire la documentazione relativa ai «motivi di giustizia che le imponevano la permanenza in Italia».
Nel novembre scorso la giovane era stata selvaggiamente picchiata dalla gang di violentatori che l’avevano stuprata a turno. La prostituta aveva però trovato la forza e il coraggio di rivolgersi ai carabinieri di Rivoli (il fatto delittuoso era avvenuto nelle campagne di Pianezza) che avevano avviato le indagini.
A seguito di queste, dopo mesi di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni telefoniche, i militari avevano tratto in arresto tutti i componenti della banda. Cinque immigrati insospettabili, tutti con un lavoro, una casa e una famiglia. Un gruppo che si trasformava in una pericolosa gang ogni sabato sera quando si davano alle scorribande notturne che avevano come obbiettivo le giovani prostitute. Dopo le violenze, le povere ragazze venivano messe in posa, come se fossero state crocifisse; a turno gli aguzzini le prendevano per i capelli e, nelle istantanee, apparivamo come sinistri trofei vittime di tortura. A ribellarsi e denunciare la banda, anche un’altra prostituta che, a questo punto, resta l’unica a poter incastrare definitivamente i violentatori. Le due donne, però, hanno continuato a fare per mesi la vita di sempre, non avendo accettato l’accoglienza in comunità protetta.
Parlando della teste scomparsa, un’amica che divide con lei una stanza in città, ha raccontato: «Si trovava per caso a Porta Nuova ed è stata pizzicata in una retata, poi è andata al Cie e, infine, è stata rimpatriata». Complessa la verifica della circostanza da parte delle forze dell’ordine che sospettano che la donna abbia fornito, una volta fermata, un nome falso. Ma c’è anche un’altra ipotesi. La ragazza si sarebbe nascosta perché terrorizzata da quella che potrebbe essere una vendetta dei complici degli aguzzini che lei ha accusato.
FONTE
bardesono@cronacaqui.it
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