mercoledì 7 ottobre 2009

Rastrellamento al Pigneto, gli abitanti non ci stanno

Rastrellamento al Pigneto, gli abitanti non ci stanno
Dopo la gravissima operazione della guardia di finanza contro gli africani del quartiere romano, oggi hanno preso parola i residenti del quartiere, che lamentano il clima di paura e denunciano le manovre speculative dietro la pulizia etnica di via Campobasso. Con la scusa della «sicurezza».

Decine di finanzieri con manganello al contrario irrompono nelle case dei migranti senegalesi e nigeriani con la scusa di «controlli antiabusivismo commerciale», e portano via una cinquantina di persone, lasciandosi dietro porte sfondate, case distrutte e qualche ferito.
La scena è avvenuta ieri pomeriggio al Pigneto, quartiere all’inizio della via Prenestina al centro di «riqualificazione»: le guide dei locali romani scrivono che questa zona è un po’ «come Tribeca a New York»: case basse, artisti e locali. Dentro questo scenario vive una composizione sociale a tante facce: giovani in carriera, anziani nati e cresciuti tra la circonvallazione Casilina e porta Maggiore, studenti fuorisede e migranti, soprattutto bengalesi e africani. Se ti capita di fare molto tardi, al Pigneto, fai a tempo a vedere le birrerie che chiudono e le bancarelle del mercato che aprono, seguendo un ideale passaggio di testimone che rappresenta bene l’equilibrio delicato della zona. È un equilibrio, quello tra i giovani che hanno rianimato le piazze, i migranti che qui lavorano e gli abitanti storici, che le istituzioni e le forze dell’ordine dovrebbero contribuire a mantenere e non lavorare per demolire. Invece, i finanzieri ieri sono arrivati a muso duro per perquisire la case. Sono stati respinti fermamente dai migranti, che chiedevano se avessero un mandato di perquisizione, e sono tornati poco dopo in tanti e in assetto antisommossa, decisi a fargliela pagare a questi africani che conoscono persino i loro diritti.
Ma questa è anche una storia di resistenza, oltre che il resoconto di un normale abuso nella libera Italia di Bossi-Fini e Berlusconi e nella Roma di Alemanno e Storace. Per questo, quando la via piena di passanti assiste al rastrellamento, si mobilita. Qualcuno chiama gli avvocati, i rappresentanti della comunità senegalese, accorrono anche i ragazzi dell’Onda che poco lontano hanno occupato una palazzina per farne una casa dello studente autogestita, «Point break».
A decine si ritrovano all’ufficio immigrazione della Questura di Roma, dove si scopre che 18 migranti verranno trattenuti «per accertamenti», mentre di altri sette non si hanno notizie. È di questo pomeriggio la conferenza stampa del comitato di quartiere e degli abitanti multicolore del Pigneto, che mostrano di avere le idee chiare. «Con la scusa della sicurezza, la nostra città sta respirando in questi mesi un clima di violenta repressione: blitz contro immigrati, sgomberi di centri sociali e di spazi occupati in risposta all’emergenza abitativa – hanno spiegato quelli del comitato – Operazioni eclatanti, che colpiscono proprio i più deboli con l’obiettivo di aprire nuovi spazi agli interessi economici che governano la città». Anche gli abitanti parlano di «rastrellamento in piena regola». «Come accaduto al Pigneto, un quartiere che si vorrebbe ‘ripulire’, per renderlo una ricca vetrina dedita al commercio – proseguono gli abitanti – Forse, dietro lo sgombero, si nascondono gli interessi legati al mercato degli immobili in una zona che vive una gravissima emergenza sfratti e dove il prezzo delle case e’ in costante ascesa. Noi cittadini del quartiere siamo preoccupati di questa grave spirale di violenza dello Stato. Vogliamo che il Pigneto sia un quartiere dell’accoglienza, non della repressione e della speculazione».
Se si scende dall’isola pedonale verso il ponte che oltrepassa la linea ferroviaria, sulla destra c’è via Campobasso, la via degli africani. Fino a qualche anno fa, quando al Pigneto c’era solo un’osteria, questa stradina era meta dei cinefili perché è qui che si trova l’oratorio di don Pietro, il parroco che 54 anni fa aiutava i partigiani interpretato da Aldo Fabrizi in «Roma città aperta». Altri tempi, altri rastrellamenti.

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