venerdì 14 novembre 2008

CITTADINANZA

Stefano Okaka: «Io, nato in Umbria,
italiano solo a 17 anni»


di Corrado Giustiniani
ROMA (14 novembre) - Stefano Okaka è seduto sulla sua poltrona rossa, la tuta bicolore della nazionale Under 20, la testa pencolante e lo sguardo nervoso come se stesse per giocare da titolare una finale di Champions League.

Accanto a lui, immobile nella sua seriosa regalità, il caporale ventiduenne Ivanna Knysh, con tanto di divisa dell'Esercito. La terza poltrona è invece occupata dalla dolce Beibei Zhang, ingegnere di 29 anni con doppia laurea, al Politecnico di Milano e all'Ecole Centrale di Parigi. Tre storie di cittadinanza italiana conquistata dopo tanta fatica, rivelate ieri nella cerimonia al salone delle Feste del Quirinale.

Beibei, in cinese, vuol dire "preziosa". E lei lo è. Va al microfono, esordisce con una citazione di Lord Byron ("Italia, tu hai il dono fatale della bellezza"), liberando tutto il suo amore per la sua seconda patria, che dall'età di nove anni, quando è arrivata dalla natia Jilin, ha girato in lungo e in largo dietro a suo padre, Haicun Zhang, ricercatore chimico di fama internazionale. Un intervento trascinante, pieno di citazioni delle grandi opere che ha letto, la Divina commedia, il Decameron, l'Odissea, i romanzieri russi scoperti nella nostra lingua.

Eppure, non volevano farla cittadina italiana. Perché, per studiare in Francia, aveva interrotto il periodo di residenza legale di dieci anni richiesto per la domanda di naturalizzazione: «Non mi davo pace -spiega -. Ma come: mi hanno scelto assieme ad altri sei ragazzi di tutta Italia, per un programma di doppia laurea in Ingegneria del Politecnico, a Milano e a Parigi, e voi dite che ho lasciato l'Italia? Un assurdo». Un giorno scrive al presidente Napolitano ed allora le si aprono le porte. «Se ho coronato il mio sogno devo molto a due donne, Giovanna Ferri e il prefetto della Cittadinanza, Perla Stancari».

Contorta anche la vicenda dell'attaccante della Roma. Lui, a differenza di Beibei, è nato in Italia, a Castiglione del Lago (Perugia), il 9 agosto del 1989, da papà Austin e mamma Doris, immigrati nigeriani. Ma la micidiale legge 91 del 1992 sulla cittadinanza, che proprio su questo punto anche Gianfranco Fini chiede di cambiare, gli dava via libera solo al compimento dei 18 anni, come del resto tocca a centinaia di migliaia di altri bimbi e ragazzi stranieri nati sul nostro territorio. Stefano è diventato però italiano prima, nella primavera-estate del 2006, a 17 anni ancora da compiere, perché suo padre Austin ha ottenuto la naturalizzazione, e ha trascinato dietro lui e la sorella gemella Stefania, pallavolista. Legge la sua storia un po' intimidito. Dice di essersi sentito sempre italiano e considera un pregio aver indossato la maglia azzurra.

«Sono il caporale Ivanna Kynsh, della Brigata Friuli e ho giurato fedeltà al Tricolore» proclama sicura questa ragazza nata in Ucraina, arrivata in Italia con la madre, all'età di 13 anni, superiori al Classico, che ha scelto la carriera militare convinta, al pub, da amici con le stellette. E poi c'è Francesco Dri, grande chitarrista, origini argentine ma passaporto italiano, che si batte con l'organizzazione "G2" perchè altri ragazzi "stranieri italiani", ottengano la cittadinanza del nostro paese. Ma è Beibei la dolce, Beibei la preziosa che, prima di andar via, regala una stilla di saggezza. «Credo che la capacità di riconoscere il simile nel dissimile sia il presupposto della pace. Italiani, tenetene conto».
FONTA


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